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L'annunciazione secondo Severo di Antiochia

Una parola di misericordia


di Manuel Nin

La seconda omelia cattedrale di Severo di Antiochia commenta il mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio, centrale nella fede cristiana, e cita all'inizio l'annuncio dell'arcangelo a Maria: "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te". E spiega: "Con queste parole Gabriele manifestò che il Dio Verbo, senza principio ed eterno, in modo ineffabile, senza cambiamento né confusione, viene ad abitare il grembo verginale e si incarna in esso. Perché in questo breve momento e spazio di tempo indivisibile fu pronunciata la parola dell'arcangelo e il Verbo di Dio si trovò nel grembo di Maria. Questo faceva conoscere che il saluto portava a termine qualcosa di straordinario e non era un semplice saluto".
Le parole dell'arcangelo turbano Maria e affliggono lo stesso arcangelo perché il suo annuncio va oltre la comprensione umana: "Gabriele poi era anche lui nell'afflizione, nella compassione verso di noi e nella misericordia, vedendo che il messaggio che l'annuncio proferito alla santa madre di Dio e vergine Maria era frainteso". Allora l'arcangelo, diventato quasi un mistagogo dell'incarnazione del Verbo di Dio, aggiunge parlando a Maria: "Ma non deve gettarti nel turbamento che io ti abbia annunziato la venuta di Dio; neppure devi pensare che si tratta di una nascita che avverrà da sé o in modo spontaneo. Sarà un concepimento secondo l'ordine naturale, ma la gestazione e la nascita saranno senza seme umano. Il Verbo di Dio infatti viene per raddrizzare la natura umana".
Severo sottolinea poi che Gabriele già preannuncia la Pasqua di Cristo, redenzione per Adamo e per lo stesso ladrone accanto alla croce: "Queste parole aprono anche il paradiso chiuso dopo Adamo. E se il ladrone non fosse stato preannunciato nelle parole dell'arcangelo e non avesse creduto nel regno di Cristo che non ha fine, non avrebbe detto vedendo colui che era messo in croce: Ricordati di me quando verrai nel tuo regno. E mai un ladro sarebbe stato oggetto di una promessa, degna di Dio, se colui che era stato crocefisso non fosse immortale, e se non fosse stato un re senza inizio e senza fine, lui che si era volontariamente caricato per noi della croce nella sua carne e aveva assaggiato la morte che dà la vita".
Il patriarca di Antiochia conclude l'omelia esortando il suo uditorio non soltanto a proclamare la propria fede nell'incarnazione del Verbo di Dio, ma a manifestarla nella propria vita: "Quando tu glorifichi Dio per mezzo delle parole, tu lo fai soltanto con la bocca e con la lingua, ma quando fai delle azioni degne dell'agire cristiano, allora innalzi la lode con mille bocche. Ognuno di coloro che ti vedono, glorifica Dio che per noi si è incarnato, perché attraverso il nostro agire è istruito da questi comandamenti degni e meravigliosi".
Fondamentale è infatti per il predicatore la testimonianza del cristiano: "Se qualcuno ti vede agire nella santità, e vede che tu disprezzi le ricchezze e che fai partecipare dei tuoi beni coloro che ne hanno bisogno, correrà nel suo pensiero verso la promessa futura e celebrerà il sole di giustizia che è Cristo, che con la sua risurrezione ha illuminato la terra e ha insegnato a disprezzare le cose temporali e ad acquisire invece i beni che durano e sono incorruttibili. Ma se ci allontaniamo di questi beni e ci lasciamo andare ai desideri e ci lasciamo incatenare dalle cose materiali, il cristianesimo sarà deriso, le speranze della risurrezione saranno cosa disprezzabile. Questo non avvenga" esclama alla fine Severo, che invoca in conclusione "la grazia e l'amore per gli uomini del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo".

 

(© L'Osservatore Romano 23-24 marzo 2014)