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In due anni di pontificato

Il bene

che tutti possono fare

 

di Maurizio Gronchi

Il secondo anniversario dell’elezione del Papa suscita molti pensieri di gratitudine al Signore per aver dato alla Chiesa e al mondo un provvidenziale segno di fiducia e di speranza, in un momento storico attraversato da crisi e paure globali. Eppure è proprio grazie a questo periodo complesso che dobbiamo leggere come segno del cielo la nuova stagione che viviamo. Epoca nuova, carica di contraddizioni, densa di aspettative, ansiosa di decollare verso la stagione primaverile, ma anche un tempo minacciato da improvvisi temporali e sconvolgimenti.

Nella vita della Chiesa, le successioni al soglio di Pietro hanno sempre il duplice volto della continuità e della novità. Il cambiamento suscita al tempo stesso timori e speranze, l’incertezza di nuovi cammini e il desiderio di conservare quanto di buono abbiamo alle spalle. Prendere dunque coscienza di questa ambivalenza, costitutiva dell’avvicendamento, può aiutare a valutare in modo più equilibrato quanto stiamo vivendo.

Papa Francesco è un uomo pieno di vigore, con alle spalle una vita spesa senza riserve, in nome di Cristo, tra la gente, specialmente povera e credente, che in Argentina come in tutta l’America latina è la maggioranza. Egli si è trovato, senza alcuna volontà propria, a vivere un trapianto radicale, che ha letto come volontà di Dio. Per tale ragione si è affidato con serenità e profonda fiducia a colui che lo ha chiamato a guidare il suo popolo. Questa semplice costatazione potrebbe essere fatta per ogni Papa, immaginando i suoi sentimenti più intimi. Eppure ciò che la rende reale, in Francesco, è la sua trasparenza: chiunque lo incontri da vicino o attraverso i media è in grado di percepire la limpidezza dei sentimenti.

Si potrà parlare di stile comunicativo, di immediatezza, di spontaneità. In ogni caso abbiamo davanti un uomo disarmato, che non si nasconde. Tutto ciò potrebbe confermare la verità effettiva che segna l’esistenza di ogni Papa: la solitudine. Invece, paradossalmente, l’uomo che si presenta senza protezioni appare come il più vicino a ognuno. A questo dobbiamo fare attenzione, per tentare di comprendere qualcosa non solo della persona, ma anche dell’attuale governo della Chiesa.

Cosa sorprende davvero della figura di Francesco? L’attenzione planetaria a ogni suo gesto e a ogni sua espressione dice il profondo bisogno di sentire che il Papa ha comportamenti normali, quotidiani. Se infatti il Papa si comporta come me significa che io posso comportarmi come lui. Niente di più sorprendente ed efficace per stabilire confidenza e fiducia, stimolando ciascuno a essere migliore. Quando le parole risultano coerenti con i gesti, non si è più di fronte ad atti dovuti e a frasi di circostanza, ma dinanzi all’autorevolezza di chi incoraggia a compiere ciò che si deve fare. In una parola, si tratta del buon esempio. E non è poco.

Abbiamo bisogno di buon esempio, del Vangelo praticabile, fatto di fede semplice, di speranza quotidiana, di carità feriale. Questo è ciò che Papa Francesco rende possibile, ed è pure ciò che sconvolge, nella Chiesa e nella società civile, perché la scala è rovesciata. Il più in alto ha accorciato la distanza rispetto a chi è in basso, non con il populismo della lamentela, che per cambiare se stessi attende la trasformazione del mondo, ma con la banalità del bene: il bene che tutti possono fare.

Due anni da Papa non sono soltanto l’esordio di un pontificato, ma anche il concentrato di una vita e il distillato di un amore versato nel cuore di questa Chiesa la quale, eleggendo un successore di Pietro che ha scelto di chiamarsi Francesco, sta camminando con il lento passo dell’accoglienza, della compagnia, della misericordia. Nella via di Gesù Signore, miserando atque eligendo.

(© L'Osservatore Romano 11 marzo 2015)