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Nei lavori sinodali

Il vero protagonista

 

di Maurizio Gronchi

«Tanti di noi hanno sperimentato l’azione dello Spirito santo, che è il vero protagonista e artefice del sinodo». Sono le parole conclusive del discorso di Papa Francesco, al termine dei lavori dell’assemblea, che esprimono il senso intimo e profondo di questo avvenimento. Se non si fosse trattato di docilità all’opera dello Spirito, nello spazio protetto del sinodo, ove i padri si sono confrontati in modo aperto e costruttivo, potrebbe apparire legittima qualsiasi interpretazione sociologica dei suoi risultati. Invece è davvero avvenuto ciò che il popolo di Dio – in preghiera costante, pubblica e silenziosa – ha domandato al Signore: la luce dello Spirito nella mente e nel cuore dei pastori.

Chi di noi al sinodo non ha ricevuto messaggi con il discreto e sofferto invito a fare il meglio possibile per le famiglie, e non solo per quelle ferite? Quante persone ci hanno assicurato la preghiera, invece di domandarcela, come di solito avviene? Grazie a questo affidamento allo Spirito, condiviso da sinodali e da fedeli, si affaccia per la Chiesa una nuova stagione di vita, vita disposta alla conversione, al perdono e alla riconciliazione, alla vigilia ormai del giubileo straordinario della misericordia.

Camminare insieme — fedeli laici, pastori e vescovo di Roma — significa percorrere le antiche e sempre nuove vie della misericordia, sulle quali lo Spirito conduce la Chiesa, come leggiamo nel vangelo di Giovanni. Vie antiche, perché essa nasce dallo Spirito emesso da Gesù sulla croce (19, 30) ed effuso dal risorto (20, 22). Vie nuove, perché lo Spirito soffia dove vuole e se ne sente la voce (3, 8).

Docile allo Spirito santo, nel sinodo la Chiesa ha ascoltato la famiglia di oggi, ha scrutato il piano di Dio su di essa fin dai suoi primordi, certa che solo «alla luce della follia della gratuità dell’amore pasquale di Gesù apparirà comprensibile la follia della gratuità di un amore coniugale unico e usque ad mortem», come il Papa ha detto nell’omelia della messa di apertura. Con orecchi attenti alla voce dello Spirito e lo sguardo rivolto all’intimo legame tra Cristo e la Chiesa — di cui l’unione coniugale è segno — i padri sinodali hanno rinnovato l’impegno delle loro Chiese locali ad accompagnare ogni famiglia, a discernere le situazioni più complesse, a integrare coloro che vivono l’esperienza del fallimento.

Negli interventi in aula e nei circoli minori è risuonato più volte il richiamo allo Spirito santo in rapporto al sacramento nuziale, specialmente da parte dei Padri orientali, ma non solo. In verità, nelle formule del rito del matrimonio lo Spirito non sembra avere il rilievo che gli spetta, se si tiene conto che «la grazia dello Spirito santo fa dell’unione degli sposi un segno vivo del legame di Cristo con la Chiesa», come si legge nella relazione finale (n. 36). Una maggiore attenzione alla persona ineffabile e familiare dello Spirito potrebbe favorire l’approfondimento della teologia del sacramento nuziale, approfondimento di cui si è avvertito il bisogno. Identificare meglio il suo ruolo nel matrimonio secondo l’ordine della creazione e nel sacramento cristiano può essere un frutto sinodale che lo stesso Spirito ci domanda di far maturare.

 

(© L'Osservatore Romano 28 ottobre 2015)