Index   Back Top Print


logo

Il rapporto tra il vescovo e i suoi preti

Per servire

il popolo di Dio

 

di Gualtiero Bassetti

Le cronache raccontano non di rado storie di preti dissidenti e disobbedienti verso l’autorità religiosa, principalmente verso il proprio vescovo. Ci sono certo molti luoghi comuni che hanno prodotto, nel tempo, immagini stereotipate di largo consumo che si ritrovano nei media. Ma non si tratta solo di una questione giornalistica. Il rapporto tra i vescovi e i sacerdoti rappresenta, infatti, una questione di estrema importanza per la Chiesa perché si riferisce al cuore della vita cristiana, anzi, alla spina dorsale su cui si regge la comunità ecclesiale. Se si dovesse incrinare questo rapporto tutto il corpo ne risulterebbe indebolito. E lo stesso messaggio finirebbe per affievolirsi.

Nel 1977, durante la sua prima omelia da arcivescovo di Firenze, il cardinale Giovanni Benelli delineò con grande efficacia questo rapporto. Il vescovo, disse Benelli, è prima di tutto un «segno di unità» per l’intera Chiesa ed è «padre e guida» per i propri sacerdoti e per tutta la comunità dei credenti. E a me, giovane rettore del seminario minore, disse confidenzialmente che dal seminario non sarebbero dovuti uscire «modellini» di preti ma «uomini liberi» che, avendo incontrato Cristo, sarebbero poi stati disposti a mettere con generosità a servizio della Chiesa i doni ricevuti dal Signore.

Queste parole, che richiamavano con grande sapienza l’eredità del concilio Vaticano ii, assumono ancora oggi un grandissimo significato. Al binomio di carità e obbedienza che lega i sacerdoti al proprio vescovo, infatti, si associa il dono della libertà responsabile.

La Chiesa vive e cammina solo se esiste una relazione sincera tra il vescovo e i suoi sacerdoti. Se è vero che il vescovo è l’apostolo mandato da Cristo a pascere il gregge, è altrettanto certo, come insegna la Lumen gentium, che i preti «costituiscono con il loro vescovo un unico presbiterio». Questo significa che non esiste vescovo senza il suo presbiterio e, a sua volta, il presbiterio è sempre cum episcopo.

Alla base di questa «comunione gerarchica» descritta dal concilio, non c’è però alcuna forma di potere o di autogratificazione personale ma, all’opposto, uno spirito di totale abbandono e di servizio al popolo di Dio. Come ha sottolineato Papa Francesco, infatti, un vescovo non è mai «vescovo per se stesso» ma è «per il popolo» così come «un prete non è prete per se stesso» ma è sempre «per il popolo». E l’esempio di amore incondizionato testimoniato da Gesù sulla croce è l’unica vera regola di comportamento per i vescovi e i sacerdoti.

Si tratta, infatti, per entrambi, di un identico servizio di presenza e di vicinanza con il popolo cristiano di cui condividono  gioie e  preoccupazioni. Il vescovo, in particolare, è prima di tutto, un padre nella fede che vive in mezzo al suo gregge. Non è statico, non è fermo, non aspetta i fedeli al chiuso delle sue stanze, ma esce all’aperto e si mette alla testa del suo gregge con spirito di servizio. Perché il servizio rimane la sua missione principale: servire la Chiesa, servire il popolo di Dio, come maestro e guida, senza pretendere nulla per se stesso se non la ricerca della santità.

(©L'Osservatore Romano 7 marzo 2015)