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L’enciclica sui media

Per un confronto serio e onesto

di Giuseppe Fiorentino

 

«Il Papa assume una ferma presa di posizione sulla questione climatica». È un titolo descrittivo, forse un po’ compassato, come si conviene alla tradizione della più autorevole stampa anglosassone. Un titolo che rischierebbe di scomparire tra i tanti — molto più altisonanti — che hanno preceduto, accompagnato e seguito la pubblicazione della Laudato si’. Ma a sceglierlo come apertura dell’edizione europea è stato il «Wall Street Journal», quotidiano edito dalla Dow Jones & Company, che tra l’altro, come è noto, cura gli indici della Borsa di New York.

È già una notizia il fatto che uno dei giornali di riferimento per il mondo della finanza mondiale abbia dato tanta evidenza e tanto spazio all’enciclica di Papa Francesco, fornendone al tempo stesso una lettura onesta, senza nascondere le critiche che essa muove a certi poteri economici.

Riprendendo le parole di Kerry Emanuel, docente di scienze atmosferiche al celebre Massachusetts Institute of Technology, il «Wall Street Journal» rileva come il testo papale colleghi il degrado ambientale con il declino culturale, politico e sociale. «È questa — si legge — la parte più apprezzabile del documento, perché i cambiamenti climatici non sono una questione isolata».

Non tutti i commenti apparsi in questi giorni sono dello stesso tenore o contraddistinti da uguale obiettività. Bisogna infatti notare che l’enciclica sulla cura della casa comune è stata fatta oggetto, addirittura prima della sua pubblicazione, di bocciature e tentativi di strumentalizzazione.

Ma se sulla questione ambientale — tema cruciale per il futuro del pianeta — non è stato ancora trovato un accordo politico, non è perché manchino, come alcuni si ostinano a sostenere, evidenze scientifiche sui pericoli connessi al surriscaldamento globale. È in nome di interessi ben precisi che si continua a rinviare un’intesa per limitare le emissioni dannose. Interessi che, a volte, possono apparire legittimi, come nel caso di Paesi in via di sviluppo. In altre circostanze, invece, questi interessi sono dettati dal tornaconto di gruppi molto piccoli, ma molto potenti. Circoli ristretti in grado di azionare le leve del potere a loro esclusivo vantaggio, alimentando la spirale di povertà che attanaglia interi popoli. Quegli stessi popoli che per primi risentono degli effetti, a volte devastanti, dei mutamenti climatici.

In questa chiave possono essere letti i tentativi di minimizzare il messaggio dell’enciclica, riducendolo alla sfera individuale, negandone cioè l’impatto “globale”. Già da mesi alcuni ambienti tentano, con ogni mezzo, di sminuire la forza dell’attesissimo — e da alcuni temutissimo — documento. Tanto che ancora prima della sua pubblicazione ufficiale non sono mancate dichiarazioni di esponenti politici, pronti ad affermare di non essere disposti a prendere lezioni dal Papa.

Ma questa non è l’ora delle lezioni. È invece il momento del confronto. Perché il tempo stringe, e presto, come tutti sanno, potrebbe essere già troppo tardi. In questo senso l’enciclica di Papa Francesco può divenire uno strumento prezioso per un dibattito serio e onesto. Soprattutto nel momento in cui la comunità internazionale si avvicina all’appuntamento della conferenza di Parigi, dove davvero si comprenderà fino a che punto la politica, nella sua accezione più alta, è capace di investire nel futuro o se è destinata a rimanere ostaggio di interessi particolari.

 

(© L'Osservatore Romano 20 giugno 2015)