Index   Back Top Print


logo

Per comprendere Papa Francesco

Radicato nel Vangelo

 

di Marcelo Figueroa

Spesso mi chiedono cosa consiglio di leggere per capire Papa Francesco, tenendo conto della grande quantità di libri, scritti e articoli pubblicati sulla sua vita e sul suo pensiero. La mia risposta è sempre la stessa: i vangeli, e se possibile tutta la Bibbia. Certo, è fortemente consigliabile leggere quanto si scrive su di lui, ma se trascuriamo le pagine che contengono i vangeli, non lo capiremo mai adeguatamente. Qui sta la fonte del suo particolarissimo modo di comunicare. Le encicliche, le omelie, i discorsi, i gesti, lo stile di vita di Francesco, e soprattutto i suoi pensieri più profondi, sono radicati in quelle pagine.

Molti contemporanei di Gesù ammiravano di lui soprattutto il fatto che «insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi» (Marco, 1, 22). In cosa consisteva quell’autorità? Nel fatto che in Cristo vedevano una coerenza incrollabile tra parole, atti e stile di vita. Integrità che i contemporanei non percepivano in molti farisei, scribi e autorità religiose: costoro potevano pure insegnare in modo cattedratico la Legge, ma poi con il loro comportamento contraddicevano le parole, fino ad annullarle. Non meraviglia allora che le lotte, le discussioni, le accuse e le cospirazioni più feroci che Gesù ha subito durante il suo ministero provenissero da quel settore interno alla sua stessa religione. Loro si credevano «padroni della fede» e avevano fatto dei suoi dogmi, dei suoi usi e delle sue pratiche una bacchetta inflessibile con la quale giudicavano chiunque sfidasse il loro status quo e il loro potere religioso e politico, fosse anche lo stesso Figlio di Dio. Non è dunque difficile dedurre che a discepoli cristiani autentici, specialmente a coloro che avrebbero occupato posti importanti all’interno della Chiesa, sarebbe accaduto lo stesso da parte di settori fondamentalisti.

Gesù osò attraversare frontiere con sorprendente libertà e spontaneità. Lo fece onorando il primo comandamento di amore a Dio e al prossimo. Ebbe il coraggio di toccare malati di lebbra e persino la bara del figlio morto della vedova di Nain; lasciava che la folla si stringesse attorno a lui e in mezzo a essa guarì una donna con una malattia considerata impura. Come esempi concreti di incontri tra fedi diverse, riconobbe pubblicamente la fede di una donna siro-fenicia ed ebbe un’animata conversazione teologica con una samaritana.

Si capisce allora perché Francesco, in nome di questo amore cristocentrico, stravolge i protocolli di sicurezza per avvicinarsi personalmente a chi soffre. E non si può non pensare che la misericordia sia stata fin dall’inizio una grande parola il cui significato e contenuto più profondi Bergoglio ha imparato e interiorizzato da quei gesti del Messia che, secondo alcuni, sfidò il politicamente corretto. Perché non pensare che il suo insistente avvicinamento ad altre religioni, soprattutto a quelle nate dal tronco di Abramo, sia una corretta interpretazione della missione cristologica più pura?

Tutti i tentativi di incasellare Gesù furono infruttuosi. Per dominarlo, accusarlo e usarlo, lo vollero identificare con gli zeloti, i farisei, gli erodiani, i sadducei, e persino con le forze del male. Vollero metterlo in difficoltà con il potere politico e in conflitto con quello religioso, estorcendogli una risposta alla domanda se si dovessero pagare o meno i tributi all’impero. Come sorprendersi che si sia voluto stigmatizzare Francesco identificandolo con ogni sorta di ideologia, politica, economica, anche tra loro opposte?

Gli esempi e i riferimenti biblici potrebbero continuare a lungo, e sicuramente ci aiuterebbero a riflettere. E a capire che se ci scostiamo dagli insegnamenti dei vangeli e del Signore dei vangeli, ci allontaniamo dalla possibilità di comprendere il Papa venuto dalla «fine del mondo».

 

(© L'Osservatore Romano 30 ottobre 2015)