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Nel giorno di santa Bakhita

Una mobilitazione per la libertà


di Eugenia Bonetti
Missionaria della Consolata
Presidente dell’Associazione Slaves no More

 

>L’8 febbraio, festa di santa Giuseppina Bakhita, è stata celebrata la prima giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani e le forme di schiavitù e sfruttamento, fortemente sostenuta da Papa Francesco. La data è significativa perché Bakhita, piccola schiava sudanese, liberata dalle catene e dalla sofferenza, ha saputo e potuto trasformare la sua vita, diventando modello e forza per tante persone che, come lei, ancora oggi sono vendute, comprate e sfruttate.
Le agenzie dell’Onu parlano di quasi 22 milioni di nuovi schiavi, portati da un Paese all’altro per sfruttamento lavorativo o sessuale, per accattonaggio o vendita di organi, matrimoni forzati o adozioni internazionali illegali. E la lista delle nuove forme di schiavitù potrebbe allungarsi, se non riusciamo a capire che ogni persona è stata creata per essere libera, rispettata, tutelata, non per essere comprata e venduta, usata e gettata via.
Con vergogna dobbiamo constatare che questi schiavi del nostro tempo sono molto più numerosi degli africani trasportati e trapiantati tre secoli fa nelle piantagioni americane di cotone e canna da zucchero. Le schiavitù moderne stanno prendendo forme nuove e sempre più sofisticate, anche perché producono un giro d’affari illeciti enorme (circa 32 miliardi di dollari), secondo solo ai traffici di armi e droga.
Ancora una volta le persone più povere e vulnerabili sono quelle più a rischio, mentre le nostre società diventano sempre più povere di valori e di umanità, incapaci di rispetto e accoglienza. Questa prima giornata mondiale contro la tratta, a lungo voluta e preparata dalle congregazioni religiose internazionali femminili e maschili proprio nell’anno della vita consacrata, ha incontrato il forte sostegno di vari organismi vaticani coinvolti a titolo diverso nella lotta contro queste nuove forme di schiavitù.
A livello globale hanno voluto “accendere una luce contro la tratta” con lo stesso Papa Francesco (a-light-against-human-trafficking), per dire basta a tutte le forme di schiavitù nei Paesi di origine, transito e destinazione. Tra questi, anche l’Italia, dove vengono ridotte in schiavitù da cinquanta a settantamila donne e minorenni per la richiesta di sesso a pagamento di milioni di “clienti” che, di giorno o di notte, cercano, usano e poi ributtano sulla strada come spazzatura creature di Dio considerate merce.
Questa prima giornata ha mobilitato diocesi e parrocchie, laici e religiosi, organizzazioni varie e mezzi di comunicazione che hanno contribuito a ribadire, una volta di più e con maggior forza e tenacia, che la tratta di esseri umani e tutte le forme di schiavitù si possono e si devono debellare. Innanzitutto, però, bisogna rimuovere le cause per cui milioni di esseri umani nel mondo continuano a vivere in condizioni di povertà endemica o di guerra, di corruzione o violenza, di mancanza di libertà e prospettive; per questo, nel tentativo disperato di fuggire altrove, si trovano senza saperlo e volerlo nelle maglie di trafficanti e sfruttatori.
Costoro trovano però vaste zone grigie o addirittura complicità all’interno delle nostre società, dove la tratta e lo sfruttamento non sono adeguatamente contrastate o perseguite. E persino quelle che dovrebbero essere organizzazioni di aiuto e sostegno alle vittime diventano parte di un meccanismo di corruzione e, in forme diverse, di sfruttamento, come raccontano le cronache degli ultimi tempi. E mentre alcuni gruppi politici gridano di chiudere le frontiere e di respingere gli immigrati che chiedono aiuto, dall’altro lato abbiamo chi specula su queste persone per ottenere enormi guadagni. Quanta ipocrisia e disonestà anche nelle nostre società!
E indigna la decisione di istituire aree a “luci rosse” nel quartiere Eur di Roma proprio negli stessi giorni e nelle stesse ore in cui varie organizzazioni, impegnate per il recupero delle vittime, stavano celebrando questa prima giornata mondiale, con lo scopo principale di creare maggiore sensibilizzazione e consapevolezza circa il fenomeno della tratta e della riduzione in schiavitù di migliaia di persone, soprattutto donne e minori, per lo sfruttamento sessuale.
Ci sconvolge questa decisione, che è espressione dell’incapacità di guardare in faccia il fenomeno nella sua complessità e drammaticità, di prendere misure adeguate per contrastare il traffico, di operare, anche e soprattutto a livello culturale, contro la mercificazione delle donne, e di proteggere le vittime. Per questo continueremo a chiedere libertà e dignità per gli schiavi e le schiave di oggi, contro tutte le forme di sfruttamento che tolgono alla persona la sua umanità per farne oggetto di possesso, di profitto o di piacere.

 

 

 

(©L'Osservatore Romano 9-10 febbraio 2015)