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Ecumenismo

della misericordia

 

di Marcelo Figueroa

 

La commemorazione comune luterano-cattolica della Riforma ha avuto il suo spazio di comunione spirituale e l’epicentro nelle città svedesi di Lund e Malmö. Il motto scelto, Dal conflitto alla comunione, già di per sé definisce uno sguardo di speranza su questi cinque secoli. La dichiarazione comune lo esprime in questi termini: «Quello che è accaduto nel passato non si può cambiare, ma può invece cambiare (…) ciò che del passato viene ricordato e come viene ricordato». Ma perché lo sguardo sia completo, dobbiamo necessariamente vedere il presente con gli occhi del Signore della Chiesa universale e cercare di affacciarci al futuro dal punto di vista profetico dello Spirito Santo che ci unisce tutti, cattolici e protestanti.

Per questi due sguardi è necessario ripensare, rivalorizzare e assaporare il contenuto delle parole. E la parola che probabilmente sintetizza meglio il kairòs divino dell’ecumenismo di oggi e forse del prossimo futuro, è la parola “misericordia”. Il quinto imperativo dell’ultimo capitolo del documento — che ha lo stesso titolo del motto — lo esprime con chiarezza: «Cattolici e luterani devono rendere testimonianza comune della misericordia di Dio nella proclamazione e nel servizio al mondo» (Dal conflitto alla comunione, 243).

L’ecumenismo non è uno tra i tanti temi dell’agenda di Papa Francesco; è uno stile, una sensibilità profonda per tutti coloro che si sentono parte della Chiesa, come si è percepito con chiarezza nelle parole e nei gesti dell’incontro tra luterani e cattolici in Svezia. E in questo stile, Bergoglio ha spesso concettualizzato l’ecumenismo in diversi modi.

È un invito a capire che il suo significato spirituale si mantiene inalterato, anche se i contesti di questo pellegrinaggio comune richiedono una comprensione dei tempi nell’uso della loro terminologia. Se infatti un tempo si parlava di ecumenismo della parola, della preghiera, della diversità riconciliata e, in tempi più recenti drammaticamente, di ecumenismo del sangue, ora si parla di ecumenismo della misericordia.

Nella cattedrale di Lund il Pontefice lo ha espresso così: «Come cristiani saremo testimonianza credibile della misericordia nella misura in cui il perdono, il rinnovamento e la riconciliazione saranno un’esperienza quotidiana tra noi. Insieme possiamo annunciare e manifestare concretamente e con gioia la misericordia di Dio, difendendo e servendo la dignità di ogni persona. Senza questo servizio al mondo e nel mondo, la fede cristiana è incompleta».

Papa Francesco ha insistito nel presentare l’ecumenismo come un continuo camminare. In questo percorso d’incontro, ci sono strade e viali. La strada della dottrina è complessa ma importante. I documenti frutto di accordi teologici e i costanti lavori in questo campo dell’unità ecclesiale sono encomiabili, tenendo conto che entrambe le parti hanno di frequente trovato ostacoli, spesso all’apparenza insormontabili. Ma ci sono viali più scorrevoli che, pur essendo evidenti, non sono meno teologici, e che per il loro contesto diventano urgenti. È la teologia del volto del nostro unico Cristo, riflesso nel viso dei poveri, degli emarginati, dei vulnerabili e degli esclusi di questo mondo.

Le strade e i viali spesso possono convergere in un qualunque angolo e costituire un punto di riferimento per la bussola del cammino ecumenico. E quell’angolo oggi ha un nome: l’angolo della misericordia. Se la misericordia è il nome di Dio e questo nome, essendo tale, precede la dottrina, questa è un capitolo di quella e non viceversa. Se noi, cattolici e protestanti, capiamo questo cambiamento di paradigma, questo cambiamento di epoca, allora il viaggio attraverso strade e viali riceverà impulso dalla speranza, che non delude.

(© L'Osservatore Romano 2-3 novembre 2016)