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​In una serie televisiva anglo-americana

La verità sul mercato delle armi

di Lucetta Scaraffia

Quando sui giornali e in televisione gli analisti cercano di spiegare al vasto pubblico le ragioni che stanno dietro al disastro in Medio oriente e in Africa — e quindi le cause che spingono tanti esseri umani a emigrare a ogni costo da quelle terre, terrorizzati e privi di tutto, anche a costo di mettere a rischio la vita — si riferiscono sempre alla politica. L’Is e altri gruppi fondamentalisti sono i principali imputati, qualche volte le analisi arrivano coraggiosamente a esaminare la volontà di controllo sullo scacchiere internazionale delle grandi potenze, e tutto finisce lì.

Papa Francesco, invece, non si limita a queste analisi, e parla sempre di commercio delle armi, di mercanti di morte. Ma le sue parole di solito cadono nel vuoto, quasi fosse una sua stranezza, una sua idea fissa di persona “non addetta ai lavori” e quindi in fondo non troppo informata. Ma invece è l’unico a dire la verità. Ne troviamo conferma dove meno ce l’aspetteremmo: in una serie televisiva.

In Italia si è appena conclusa la trasmissione di una bellissima produzione anglo-americana, The Night Manager, basato su un romanzo di John le Carré, che inizia e finisce al Cairo, ma si svolge anche in Inghilterra, Spagna, Turchia, e naturalmente Stati Uniti. Certo, ci sono l’eroe buono e coraggioso che da solo sfida i cattivi anche contro la volontà dei servizi segreti corrotti, e l’agente del controspionaggio che lo appoggia nonostante le intimidazioni, benché incinta, come nei più collaudati plot. E in più la resa perfetta di luoghi e personaggi, e il coraggio di trattare temi contemporanei: la serie comincia infatti con la caduta di Mubarak.

Ma la vera novità è che al centro di tutto c’è il commercio delle armi condotto su larga scala, con il tacito consenso dei governi che viene ottenuto attraverso la corruzione. Gli altissimi profitti accumulati da questi mercanti servono infatti a ottenere connivenze ovunque, a evitare ogni tipo di controllo.

I protagonisti di questo commercio sono uomini d’affari in apparenza rispettabili, ricchissimi, con stretti rapporti con le élite internazionali. Estremamente potenti e interessati, al di là di ogni ragione politica, a far durare i conflitti il più a lungo possibile. Il punto saliente della narrazione è quando i protagonisti si trovano al Rifugio, una specie di gigantesco accampamento al confine fra Turchia e Siria dove vengono conservate le armi, per poi farle passare attraverso il confine mascherate da aiuti umanitari.

Ma in questo luogo c’è anche un piccolo esercito di mercenari, reduci da varie guerre, che non solo sono pronti ad addestrare combattenti di tutti i fronti, ma pure a impegnarsi in azioni mirate. A pagamento, s’intende. E sempre al fine di far riaccendere il conflitto se accenna a raffreddarsi, se si avvicina la possibilità di pace. Accanto, accampamenti di profughi disperati, la visione di corpi straziati da quelle armi perfette e proprio per questo sempre più nocive, anche perché, dal momento che sfuggono a ogni controllo, sono spesso armi proibite dai trattati internazionali, come le bombe a grappolo.

È curioso che solo un serial televisivo mostri quello che nessuno, a parte Papa Francesco, denuncia: cioè che esiste una lobby di mercanti di morte, potentissima perché ricchissima, che è interessata solo ed esclusivamente al divampare dei conflitti e alla loro continuazione nel tempo. Ad alimentare, cioè, quella «guerra mondiale a pezzi» che forse è ormai sfuggita a ogni controllo.

(© L'Osservatore Romano 20 maggio 2016)