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Un libero pensiero critico
sull’ideologia del gender

di Lucetta Scaraffia

 

Papa Francesco gode senza dubbio del favore dei media, e talvolta ci si è quasi stupiti che le principali testate internazionali lasciassero passare senza battere ciglio frasi che, dette da altri, avrebbero suscitato attacchi indignati. Ma stavolta no, stavolta non hanno lasciato correre quando ha criticato con forza la teoria del gender. Questo rivela innanzi tutto che il gender costituisce un punto sensibile sul quale non si intende fare sconti, soprattutto se si tocca il cuore della trasmissione ideologica: l’insegnamento nelle scuole.

Ma anche rivela che l’insegnamento del gender non è ciò che si dice, e cioè una necessaria preparazione dei giovani affinché non venga demonizzata l’omosessualità. Il Papa infatti ha accompagnato il suo discorso sul gender a una chiara accettazione degli omosessuali, con una apertura che nella Chiesa non si era mai manifestata con tanto coraggio.

Le reazioni, poi, mostrano anche le difficoltà in cui si trovano i promotori di tale insegnamento. Non tanto a causa dei loro oppositori, ma piuttosto a motivo del buon senso e dell’esperienza quotidiana vissuta da ciascuno, che costituiscono un naturale antidoto — per nulla ideologico — a queste idee.

Innanzi tutto, i critici rimproverano al Papa di avere usato il termine “teoria”, dimenticando che, da un certo punto di vista, tutto ciò che viene insegnato astrattamente è una teoria, e ancora di più il gender che, non trovando riscontro nell’esperienza concreta, è solamente uno spunto teorico. Ma, da un altro punto di vista, è vero che il gender ha provato a stabilizzarsi come teoria, e per di più come teoria scientifica — si ricordi solamente il caso notissimo del medico John Money — ma questa è svanita nel nulla davanti alle prime verifiche.

Sorge allora la domanda: cos’è il gender che si insegna in alcune scuole? Non una teoria ma un’ideologia, o meglio un’ideologia utopica simile a quelle che nel Novecento hanno promesso la realizzazione del paradiso in terra se solo si fosse arrivati a una vera eguaglianza fra gli esseri umani. Anche il gender promette felicità se si cancella la differenza tra uomo e donna, con grande disprezzo per la realtà biologica, quindi per la maternità intesa non solo come procreazione, ma come creazione di un rapporto umano unico fin dal concepimento. In sostanza, l’ideologia del gender promette felicità — grazie a questa eguaglianza — a patto di scegliere la libertà di realizzare ogni desiderio, di privilegiare sempre se stessi invece della costruzione di legami umani fondati sulla realtà. E quindi minando la famiglia.

Francesco ha spiegato, con grande chiarezza, che si possono amare e accogliere gli omosessuali e i transessuali senza dover ricorrere a questa scorciatoia ideologica, e in un certo senso ha smascherato gli obiettivi dell’ideologia: scardinare la famiglia, e non tanto aiutare gli omosessuali a essere accolti come eguali.

Con le parole del Papa la Chiesa ancora una volta si rivela impermeabile alle utopie di eguaglianza, anche se paradossalmente è stato proprio il cristianesimo a portare nel mondo, per la prima volta, il principio dell’eguaglianza di tutti gli esseri umani. Ma l’eguaglianza predicata e praticata dal cristianesimo si fonda sulla condivisione da parte di tutti gli esseri umani della condizione di figli di Dio. È quindi un concetto flessibile, aperto alla presenza di differenze al suo interno, che non significano — o, meglio, non dovrebbero significare — diseguaglianze.

Al contrario, il concetto di eguaglianza oggi in voga è molto più fragile, non si basa su principi forti e condivisi, e viene continuamente messo in crisi dalla constatazione evidente della differenza fra gli esseri umani. Di qui i tentativi di creare l’eguaglianza: per esempio, eliminando la proprietà privata (con il comunismo), la malattia (con l’eugenetica), e oggi la differenza sessuale (con il gender). Insomma, le parole di Bergoglio confermano, ancora una volta, che il punto di vista cattolico costituisce un ineludibile e libero pensiero critico nei confronti di luoghi comuni passivamente accettati.

(© L'Osservatore Romano 3-4 ottobre 2016)