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I frutti dell’obbedienza

di Lucetta Scaraffia

Siamo tornati spesso, sull’Osservatore Romano, sulla figura di Francesca Cabrini, la santa dei migranti, oggi tornata straordinariamente attuale. È una donna, una maestrina lombarda proveniente da una famiglia contadina che, rispondendo alla chiamata divina, senza riserve, con sincerità e coraggio, riesce a cogliere come pochi altri i segni dei tempi.

Meditando sulla sua vita abbiamo sempre qualcosa da imparare, per esempio come dall’obbedienza possa nascere la profezia.

Francesca infatti aveva i suoi sogni e i suoi progetti, che con tenacia stava cominciando a realizzare. A partire dall’educazione delle ragazze lombarde, fino ad arrivare al suo gran sogno, che coltivava fin dalla fanciullezza: sulle orme di Francesco Saverio, santo di cui aveva scelto di portare il nome nella vita religiosa, andare in Cina per evangelizzare le bambine cinesi e per salvarle da una morte ingiusta.

La sua congregazione, seppure ancora circoscritta alla Lombardia, aveva la prospettiva della missione nel nome, era il primo istituto femminile missionario fondato senza l’appoggio di un ordine maschile. Idee chiare, prospettiva nuova e coraggiosa, dunque, e la forza e la tenacia per realizzarle. Ma Francesca è capace di rinunciare al suo sogno quando dalle gerarchie ecclesiastiche, dai suoi superiori, le arriva la proposta di andare verso occidente, verso le Americhe, per assistere le ondate di migranti italiani che stanno arrivando là senza protezione e che rischiano di perdere la fede religiosa, che è il cuore della loro identità.

È così che rinunciando ai suoi progetti — benché coltivati per anni — e accettando di obbedire, Francesca scopre una nuova e appassionante missione, e comprende che non sono solo da evangelizzare coloro che non hanno mai sentito parlare di Gesù, ma anche gli esseri umani che, travolti nelle convulsioni di un mondo che sta cambiando, rischiano di perdere la fede.

La sua visione diventa quindi profetica: comprende che il futuro per la Chiesa sarà proprio questo, quello di combattere contro la secolarizzazione stando accanto ai più deboli, alle vittime di processi che non capiscono e non controllano, per aiutarli concretamente ma per aiutarli anche a non perdere se stessi perdendo le loro radici religiose. Francesca capisce che la condizione dei migranti anticipa quella dell’uomo moderno, strappato alle sue radici dalla velocità dei cambiamenti, spesso incomprensibili ai più, nei quali si trova trascinato, e propone a tutti un modello che sa essere al tempo stesso al passo con i tempi e legato alla tradizione religiosa.

Nessuno come lei è stato capace di ammirare il progresso tecnologico, le innovazioni sociali, la fine delle barriere fra le classi e i gruppi religiosi, e in questo mondo nuovo ha saputo muoversi con entusiasmo e sagacia, ma senza rinunciare ad accendere per tutti, i vincitori delle nuove battaglie ma anche gli sconfitti che languono nelle carceri spesso ingiustamente o soffrono soli negli ospedali, la luce della fede, il calore dell’amore di Dio.

(©L'Osservatore Romano, 19 dicembre 2018 )