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Il femminicidio in periferia

di Lucetta Scaraffia

«Guardando alle madri e alle nonne voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente: i numerosi casi di femminicidio. E sono molte le situazioni di violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tante pareti». Con queste parole Papa Francesco in Perú ha per la prima volta denunciato la violenza specifica che colpisce le donne. Utilizzare il termine “femminicidio”, infatti, significa considerarlo non un atto di violenza come un altro, ma riconoscere che le donne subiscono violenza in quanto tali, e da parte degli uomini. Significa denunciare una violenza specifica che le concerne, cosa che la Chiesa finora non aveva mai fatto.

Di nuovo Bergoglio stupisce per la tempestività con la quale si immette nel dibattito attuale, e prende posizione in proposito con grande chiarezza e coraggio. Non è certo un caso infatti che queste parole siano state pronunciate in America latina, e rivolte esplicitamente alla situazione locale. Ancora una volta ha riconosciuto che il problema esiste anche per la Chiesa, ma ha obbligato il mondo a leggerlo a partire dalle periferie. Parlando in quel luogo, e in quel modo, non si è unito al coro delle denunce di molestie sessuali che molte attrici statunitensi hanno lanciato a un produttore e che si è rapidamente diffuso nelle società occidentali. Denunce che non accennano a fermarsi e che continuano a suscitare polemiche fra le stesse donne coinvolte.

Si discute, perché la confusione è grande, dal momento che si tende a mettere sullo stesso piano violenza e corteggiamento — se pure rozzo e pesante — e soprattutto situazioni in cui le donne hanno piena possibilità di rifiutare e situazioni in cui invece il potere del maschio molestatore rende loro difficile o quasi impossibile sfuggire alla presa.

Confusione che induce a dimenticare che a queste due diverse situazioni corrisponde una differenza geografica, dalla quale dipende la condizione complessiva delle donne in una determinata cultura. Più le donne sono socialmente deboli, più sono vittime di abusi e di violenza. La differenza fra una donna statunitense molestata da un produttore e una donna violentata per strada in America latina è proprio questa: la prima se ne può andare e cercare condizioni di lavoro meno umilianti, per la seconda questo non è possibile.

La denuncia di Francesco ha rovesciato il dibattito in corso, riportando in primo piano la condizione di quelle donne che sono tanto deboli da non potere sfuggire alla violenza.

Questo purtroppo avviene anche in paesi avanzati come la Russia dove, come racconta un interessante articolo uscito su «Kommersant», alle donne la polizia non offre alcun appoggio, e tanto meno la società, che tende a considerare normale l’uso della violenza fra le pareti domestiche. Qui le donne non vengono semplicemente molestate, ma violentate e picchiate. «Nella società russa — sottolinea una sociologa che ha svolto un’indagine sul tema — la violenza è uno strumento usato nelle situazioni più diverse. Come educare i figli senza prenderli a schiaffi? Come costringere un malato a prendere una medicina senza urla o minacce? Se una donna si comporta in modo “sbagliato”, è giusto gridare per costringerla a obbedire? È una cultura che permea tutti gli aspetti della vita, a ogni livello». La diffusione di discorsi pubblici che legittimano la violenza sul piano politico e sociale, qui e altrove, peggiora ovviamente questo stato di cose.

Ancora diversa la situazione in America latina dove, alla violenza dentro le mura domestiche, si aggiunge una endemica criminalità di strada. Senza parlare poi di altri contesti, come quelli di alcuni paesi africani, dove lo stupro delle donne è usato sistematicamente, da tutti i contendenti in campo, come arma di guerra.

Quello che nelle società occidentali sembra essere in larga misura un problema di interpretazione culturale — si tratta di violenza o di maldestro e pesante corteggiamento? — in altri contesti è un problema drammatico e bruciante, che non accenna a diminuire di gravità. Le parole di Francesco costringono tutti a prenderne atto. Anche le gerarchie ecclesiastiche, che devono domandarsi come mai, nonostante secoli di lettura e commento dei vangeli, le donne e in parte i bambini, pure in paesi di tradizione cristiana, sono vittime designate della violenza maschile. Sono domande che ogni cristiano si deve porre, tenendo ben presente quanto ha detto Papa Francesco in Perú, e cioè che a contare non sono le parole, ma le azioni concrete.

(© L'Osservatore Romano, 24 gennaio 2018)