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Una road map per il futuro dell’Europa e dei suoi popoli

di Andrea Tornielli

Nei discorsi pronunciati da Papa Francesco durante la sua prima giornata in Romania si può rintracciare una road map per il futuro dell’Europa e del mondo. Parlando al presidente e alle autorità del Paese, il Pontefice ha spiegato che l’attenzione agli ultimi rappresenta «la migliore verifica della reale bontà del modello di società che si viene costruendo». Quanto più infatti una società «si prende a cuore la sorte dei più svantaggiati», ha osservato Francesco, «tanto più può dirsi veramente civile». Per arrivare a questo servono anima e cuore liberi «dal dilagante potere dei centri dell’alta finanza», nella «consapevolezza della centralità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili».

Non è certo la prima volta che il Papa mette il dito su una delle piaghe del nostro tempo, un sistema economico-finanziario che ha posto al centro il “dio denaro” e lo idolatra, invece di avere al centro le donne e gli uomini che lavorano. Sono parole, quelle del Successore di Pietro, trasversali e scomode, perché non facilmente incasellabili. Parole che descrivono il malessere vissuto da tanti popoli nei confronti di poteri e strutture avvertite sempre più invadenti e disumane. Un campanello d’allarme per un’Europa che sembra talvolta dimenticare la cura delle persone, e che invece dovrebbe essere più vicina a quell’anima dei popoli citata dal Papa.

Questo sguardo di Francesco è stato presente anche negli incontri con le autorità della Chiesa ortodossa romena. Il Papa ha invitato i cristiani ad «ascoltare insieme il Signore», soprattutto in questi tempi «nei quali le strade del mondo hanno condotto a rapidi cambiamenti sociali e culturali. Dello sviluppo tecnologico e del benessere economico hanno beneficiato in molti, ma i più sono rimasti inesorabilmente esclusi, mentre una globalizzazione omologante ha contribuito a sradicare i valori dei popoli, indebolendo l’etica e il vivere comune, inquinato, in anni recenti, da un senso dilagante di paura che, spesso fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio».

«Abbiamo bisogno di aiutarci», ha aggiunto il Pontefice, «a non cedere alle seduzioni di una “cultura dell’odio” e individualista che, forse non più ideologica come ai tempi della persecuzione ateista, è tuttavia più suadente e non meno materialista. Essa presenta spesso come via di sviluppo ciò che appare immediato e risolutorio, ma in realtà è indifferente e superficiale».

Per questo, nella parafrasi del Padre Nostro che Papa Bergoglio ha proposto nella nuova cattedrale ortodossa di Bucarest, c’è la preghiera affinché il Signore doni a tutti i cristiani «il pane della memoria, la grazia di rinsaldare le radici comuni della nostra identità cristiana, radici indispensabili in un tempo in cui l’umanità, e le giovani generazioni in particolare, rischiano di sentirsi sradicate in mezzo a tante situazioni liquide, incapaci di fondare l’esistenza».

La riscoperta delle radici, dei valori comuni e del sogno dei Padri fondatori dell’Europa, non rappresentano un elemento “identitario” che crea separazione e nuovi muri. Sono invece un patrimonio nascosto da dissotterrare per creare legami nuovi, capacità di accoglienza e di integrazione vera.

(© L'Osservatore Romano, 2 giugno 2019)