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Da tempi lontanissimi la Chiesa di Roma celebra i santi Pietro e Paolo, suoi fondatori nella fede di Cristo e patroni. A ricordare l'antichità e il significato di questa festa è stato ancora una volta il suo vescovo Benedetto XVI nelle due importanti omelie che ha pronunciato; e alla vigilia della solennità il Romano Pontefice ha aperto l'anno dedicato all'apostolo che incontrò Gesù sulla via di Damasco nel bimillenario della sua nascita. Alla presenza, molto significativa, di Bartolomeo, Patriarca della Chiesa sorella di Costantinopoli,  e  di  alcuni  delegati di altre Chiese e confessioni cristiane.
L'iniziativa non è soltanto celebrativa:  Paolo - ha infatti spiegato il Papa - non è per i cristiani una figura del passato, ma un maestro che parla ogni giorno attraverso le sue lettere. Come intuì anche Pier Paolo Pasolini che, progettando un film sull'apostolo, pensava di ambientarlo ai nostri giorni, perché egli "è qui, oggi, tra noi", è a noi che si rivolge ed "è la nostra società che egli piange e ama, minaccia e perdona, aggredisce e teneramente abbraccia".
E la presenza di Paolo anche oggi è quella di un uomo la cui fede non è "una teoria, un'opinione su Dio e sul mondo", ma "l'impatto dell'amore di Dio sul suo cuore":  come sempre fa nel commento dei testi e delle ricorrenze liturgiche, Benedetto XVI va all'essenziale e sa spiegarlo con parole semplici e profonde. Così è proprio l'esperienza di Paolo a mostrare ai cristiani la via dell'unità, che si trova nel servizio alla verità; anche se questo "si paga con la sofferenza" in un mondo pervaso dal potere della menzogna.
Alla presenza di Paolo la tradizione della Chiesa di Roma ha sempre unito quella di Pietro, "diventato cittadino romano per sempre". E non per una devozione lontana, ma perché i due apostoli sono "fondatori di un nuovo genere di città, che deve formarsi sempre di nuovo in mezzo alla vecchia città umana" minacciata dal peccato.
La missione dei due apostoli, in modo diverso, fu quella di aprire la Chiesa all'ecumene, cioè all'intero mondo allora conosciuto, senza alcuna barriera. Così "Roma deve rendere visibile la fede a tutto il mondo", mentre la "missione permanente di Pietro" è quella di fare sì che la Chiesa - che non si identifica mai "con una sola nazione, con una sola cultura o con un solo Stato" - davvero, sollecita dell'umanità intera e al di là di ogni divisione, "sia sempre la Chiesa di tutti". Nella continuità della tradizione apostolica, è questo il compito della Chiesa di Roma.

g. m. v. 

 (© L'Osservatore Romano 30/06 - 01/07/2008)