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Un viaggio che interroga
le coscienze


Sin dall'annuncio a sorpresa il significato del viaggio di Papa Francesco a Lampedusa è stato fortissimo: non sono parole vuote quelle che sta ripetendo dal momento dell'elezione in conclave il vescovo di Roma preso "quasi alla fine del mondo". Il primo viaggio del pontificato, tanto breve quanto significativo, ha infatti voluto raggiungere da quel centro che deve essere esemplare nel presiedere "nella carità tutte le Chiese" - come ha ricordato presentandosi al mondo - una delle periferie, geografiche ed esistenziali, del nostro tempo.
Un itinerario scarno nel suo svolgimento, nato dall'ennesima sconvolgente notizia della morte di immigrati in mare - rimasta "come una spina nel cuore" di Papa Francesco - e realizzato per pregare, per compiere un gesto concreto e visibile di vicinanza e per risvegliare "le nostre coscienze", ma anche per ringraziare. Alla celebrazione penitenziale di fronte al mondo e alla solidarietà con i più poveri, si sono così aggiunte espressioni non protocollari e spontanee di gratitudine per chi da anni sa accoglierli e abbracciarli, offrendo in questo modo silenzioso e disinteressato "un esempio di solidarietà" autentica.
Da questa porta dell'Europa, continente troppe volte smarrito nel suo benessere, il vescovo di Roma ha rivolto al mondo una riflessione esigente sul disorientamento contemporaneo scandita dalle domande di Dio che aprono le Scritture ebraiche e cristiane: "Adamo, dove sei?" e "Caino, dov'è tuo fratello?". Interrogativi biblici che vanno alla radice dell'umano e che Papa Francesco ha ripetuto davanti a molti immigrati musulmani, ai quali aveva appena augurato che l'imminente digiuno del Ramadan porti frutti spirituali, con un'offerta di amicizia che evidentemente supera i confini della piccola isola mediterranea.
Domande di sempre, oggi rivolte a un uomo che vive nel disorientamento, ha sottolineato il Pontefice: "Tanti di noi, mi includo anch'io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri". Al punto che migliaia e migliaia di persone sono costrette a lasciare le loro terre e cadono in questo modo nelle mani dei trafficanti, "coloro che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per le quali la povertà degli altri è una fonte di guadagno" ha denunciato il vescovo di Roma ricordando le parole di Dio a Caino: "Dov'è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?".
Ma nessuno si sente responsabile perché - ha detto Papa Francesco - "abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna". Anzi, la cultura del benessere "ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla": è un'illusione, insomma, che nel mondo globalizzato di oggi ha portato a una "globalizzazione dell'indifferenza" togliendoci persino la capacità di piangere di fronte ai morti. Si ripete così la scena evangelica dell'uomo ferito abbandonato al bordo della strada e del quale solo un samaritano si prende cura. Come nella "piccola realtà" di Lampedusa, dove però sono tanti a incarnare la misericordia di quel Dio fattosi bambino e costretto a fuggire dalla persecuzione di Erode.

g.m.v.

 (© L'Osservatore Romano 08-09/07/2013)