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Il fuoco del Vangelo


 

Il sinodo si è aperto con una grande concelebrazione in piazza San Pietro - prima della quale Benedetto XVI ha proclamato due nuovi dottori della Chiesa, tra cui la quarta donna in poco più di un quarantennio - e ha poi iniziato i suoi lavori con la preghiera che scandisce il tempo cristiano. Non è formalità, ma una scelta che vuole rispecchiare una realtà, ha detto il Papa nella meditazione svolta a braccio sui testi liturgici. Con la preoccupazione, che gli è caratteristica, di comprendere a fondo il senso delle parole della preghiera appena recitata con i vescovi venuti da tutto il mondo e di farlo capire.
Al cuore dell'assemblea sinodale è il termine greco euangèlion, già attestato in Omero e che al tempo di Gesù indica un messaggio imperiale, da parte del sovrano, e che per questo porta la salvezza. Un vocabolo che i primi scrittori cristiani mutuano dunque dal linguaggio profano e trasformano. Così l'evangelista Luca colloca la nascita del bambino nella storia del mondo collegandola con l'editto dell'imperatore Augusto, ha ricordato il Papa. Aggiungendo subito dopo che se Dio ha rotto il silenzio e ha parlato, bisogna interrogarsi su come trasmettere e testimoniare la sua Parola, che innanzi tutto è il lògos, il Verbo incarnato.
La ricerca di un modo nuovo di annuncio del Vangelo - la nuova evangelizzazione cara a Giovanni Paolo II, ricordato con significativo affetto dal suo successore - è appunto il tema centrale del sinodo e dell'Anno della fede che sta per aprirsi a mezzo secolo dal concilio Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII e guidato da Paolo VI con la stessa preoccupazione. In coerenza con una storia quasi bimillenaria che, pur con i limiti umani, è segnata da un desiderio di fedeltà. Su questo sfondo Benedetto XVI ha presentato i due nuovi dottori della Chiesa: Giovanni d'Ávila, figura di prete riformatore colto e umile, e Ildegarda di Bingen, donna e monaca sapiente che indagando la creazione contemplò Dio e seppe sostenere la sua Chiesa.
Sinodo e Anno della fede si aprono dunque sotto il segno dei nuovi dottori, con un richiamo all'essenziale. Nella meditazione - vera e propria chiave di lettura per la riflessione e il dibattito sinodali - Benedetto XVI ha insistito sul contenuto della fede: nel Verbo incarnato Dio ha parlato e parla di continuo all'uomo, vuole entrare in lui e coinvolgerlo. Ecco allora il significato del termine confessio, diverso da professio. La fede che matura nel cuore e coinvolge tutti i sensi, al di là della dimensione intellettuale, deve infatti essere portata e testimoniata nel mondo.
Solo con questa disponibilità alla testimonianza e alla sofferenza per la verità si può essere credibili. Alla confessio farà allora seguito la caritas descritta spesso nella liturgia come ardore e come fiamma. Per questo il Papa ha richiamato un detto (lògion) di Gesù conservato da Origene: "Chi è vicino a me è vicino al fuoco". Il fuoco cioè della presenza di Dio che incendia e trasforma, il fuoco del Vangelo da propagare ogni giorno nel mondo.

g.m.v.

(© L'Osservatore Romano 08-09/12/2012)