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Intervista al presidente d'Israele Shimon Peres

Al Medio Oriente
non servono né armi né muri


 

di GIUSEPPE FIORENTINO - GIOVANNI MARIA VIAN

Una visita radicata nella storia, ma proiettata verso il futuro. Una visita che ha toccato le questioni più scottanti del nostro tempo. Così il presidente d'Israele Shimon Peres definisce il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa, durante una conversazione telefonica con chi scrive e con il direttore de "L'Osservatore Romano", Giovanni Maria Vian, avvenuta nelle ore in cui il Papa si trovava a Betlemme, nei Territori Palestinesi. Il viaggio è ancora in corso, ma il presidente Peres tira già un primo bilancio delle giornate trascorse dal Pontefice in Israele e del messaggio che da esse scaturisce. La prima lezione, a suo avviso, riguarda la necessità di impedire che l'antisemitismo si diffonda di nuovo. Secondo Peres la minaccia più grave del nostro tempo è però il terrorismo, che diventa ancora più pericoloso quando cerca motivazioni religiose. "È come - afferma - se non ci fosse più un solo Dio, ma due:  un Dio della pace e della fratellanza, l'altro della violenza e del terrore, che permette di uccidere e di usare la religione come copertura dei più terribili peccati". Nessuno meglio del Papa, con la sua autorità spirituale - ammette Peres - può esprimere il rifiuto di una religione che giustifichi la violenza. Ma l'eredità che la visita di Benedetto XVI lascerà sta soprattutto nel suo tentativo di diffondere uno spirito di comprensione reciproca in un'area di conflitto.

Sin dall'inizio del suo pellegrinaggio in Terra Santa, il Papa ha sottolineato che sarebbe stato un viaggio compiuto nel rispetto del diritto di tutti. Pensa che questo messaggio possa essere compreso dai popoli del Medio Oriente nell'attuale situazione della regione?

L'intero messaggio diffuso dal Papa è stato un messaggio positivo e potrebbe avere riflessi importanti. È necessario forse combinare i discorsi che ha pronunciato all'aeroporto e allo Yad Vashem per avere un'idea chiara del messaggio recato da Benedetto XVI.

Durante la visita allo Yad Vashem il Papa ha chiaramente espresso una ferma condanna della Shoah. Secondo lei le parole di Benedetto XVI chiariranno definitivamente la sua posizione sulla Shoah e sull'antisemitismo?

Certamente sì, ma il messaggio più forte è forse quello lanciato nel discorso all'arrivo.

Più di una volta, il Papa ha parlato del ruolo delle tre religioni monoteistiche nella costruzione di una pace duratura. Come può essere svolto questo ruolo nel contesto del Medio Oriente?

C'è da considerare la divisione del mondo musulmano tra sciiti e sunniti, con la maggioranza sunnita che non accetta l'egemonia iraniana. I sunniti, come gli ebrei e i cristiani, vogliono vedere i popoli del Medio Oriente in pace come comuni figli di Abramo, senza conflitti che non sarebbero più necessari. Ciò che comincia a emergere in Medio Oriente è una tendenza a non essere più soddisfatti da accordi bilaterali, ma a cercare accordi regionali per la pace e la coesistenza pacifica, comprendendo che la democrazia moderna non è il diritto a essere uguali, ma l'eguale diritto a essere differenti. Dove tutte le preghiere possano salire al cielo senza interferenze e senza censure.

Come valuta la politica di apertura della nuova Amministrazione statunitense verso l'Iran?

Lasciamoli provare. Ma dubito che avranno successo. Per il momento la posizione espressa dall'Iran nei confronti di Israele per il mio Paese non è accettabile.

È ancora valida la visione dei due Stati indipendenti, limitrofi e in pace l'uno con l'altro?

Sì, è ancora valida. Il precedente Governo di Israele l'aveva accettata e il primo ministro attuale ha affermato che si conformerà alle risoluzioni del Governo precedente. Questa è la posizione reale, indipendentemente da ogni altra interpretazione.

Quale sarà il futuro di Israele e del Medio Oriente?

Bisogna fermare l'uso delle armi e della violenza. Bisogna fermare i muri. Nessuno in definitiva vuole i muri, di cui tutti pagano costi altissimi. Bisogna poi permettere alla gente di entrare in una nuova era di scienza e tecnologia che non è in contraddizione con le Scritture. Si può vivere come credenti nell'era della scienza. Non c'è contrasto, come sottolinea il Papa stesso. Ma prima di tutto dobbiamo aprire le frontiere e i cuori per permettere ai nostri figli di vivere un futuro di pace.

 

(© L'Osservatore Romano 14/05/2009)