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La signoria di Dio

Ha certamente meditato e pregato a lungo Papa Francesco nel preparare l'omelia della grande concelebrazione con la quale si è conclusa la terza assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi. Messa che si è aperta con la beatificazione del suo predecessore Giovanni Battista Montini, "coraggioso cristiano" che dal 1963 al 1978 è stato vescovo di Roma con il nome di Paolo VI, presenti - insieme a rappresentanti di altre confessioni cristiane e una delegazione di credenti musulmani - numerosissimi fedeli, i presidenti di tutti gli episcopati del mondo, metà del collegio cardinalizio e Benedetto XVI, l'amato predecessore che il Pontefice ha abbracciato con visibile affetto all'inizio e alla fine della messa.
Mezzo secolo fa, all'inizio dell'ultima fase del concilio, Montini istituiva l'organismo sinodale e anche in questo modo accompagnava la Chiesa su un cammino nuovo e tradizionale al tempo stesso. Strade da percorrere con fiducia e sulle quali ha riflettuto il suo successore Francesco parlando della signoria di Dio: "Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio" ha esclamato il Papa.
In questa prospettiva esigente e profonda Francesco vede il sinodo, davanti al quale - subito dopo l'approvazione a larghissima maggioranza della relatio, il documento base che porterà tra un anno alla prossima assemblea - ha pronunciato un intervento importante e forte. Collegialità e sinodalità sono il metodo che viene dalla più antica esperienza cristiana, ripresa dal Vaticano II e da allora lentamente maturata. Fino all'esperienza vitale cum Petro e sub Petro degli ultimi giorni, segnati da una libertà e una trasparenza non comuni e che sono assicurate dal Papa, "garante dell'ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio" ha scandito inequivocabilmente il Pontefice.
Francesco non ha paura delle tentazioni, tra loro opposte: durezze inutili o lassismi superficiali. Al contrario, "mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni" ha detto esplicitamente, ribadendo che nessuno al sinodo ha messo in discussione "le verità fondamentali" del sacramento matrimoniale. E con nettezza ha respinto quelle letture - giornalistiche e non ("commentatori, o gente che parla" ha voluto puntualizzare), più interessate a schierarsi e molto di meno a dar conto della realtà - che hanno "immaginato di vedere una Chiesa in litigio".
Al Papa sta a cuore soprattutto il suo compito, che è quello - ha sottolineato - di ricordare ai pastori della Chiesa il loro dovere: nutrire il gregge e "cercare di accogliere" le pecore che si sono smarrite, aggiungendo volutamente di aver sbagliato a esprimersi e che invece di "accogliere" bisogna dire "andare a trovarle". Ed è questa la preoccupazione costante di Bergoglio, che chiede ai cristiani di non restare chiusi in se stessi ma di uscire nel mondo per testimoniare e annunciare il Vangelo. Sull'esempio di Cristo, il modello dei pastori, "aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani".

g.m.v.

 (© L'Osservatore Romano 20-21/10/2014)