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Il Vaticano II
e il gesto di pace del Papa


 

Mezzo secolo fa, il 25 gennaio 1959, l'annuncio del Vaticano II da parte di Giovanni XXIII fu una clamorosa sorpresa, che di colpo oltrepassò i confini visibili della Chiesa cattolica. Già il giorno successivo l'arcivescovo di Milano - che nel 1963 sarebbe divenuto Paolo VI - definì il futuro concilio un "avvenimento storico di prima grandezza", cioè "grande oggi, per domani; grande per i popoli e per i cuori umani; grande per la Chiesa intera e per tutta l'umanità".
Il cardinale Montini - che del predecessore seguì le tracce, facendo proprio il concilio e assumendone la guida, tanto discreta e paziente quanto determinata e ferma - vide subito, e con chiarezza, le prospettive storiche e religiose del Vaticano II. La più vasta assemblea mai celebrata nella storia fu intuita e aperta da un Papa settantottenne, un secolo dopo l'interruzione del Vaticano I (voluto da Pio IX quasi alla stessa età), portando con coraggio alla luce un'idea già ventilata sotto i pontificati di Pio XI e Pio XII.
Ai sette anni della preparazione e della celebrazione del concilio (1959-1965) seguirono i decenni della sua recezione, non conclusa - si pensi al periodo necessario per l'applicazione dei decreti tridentini che rimodellarono il cattolicesimo - e che fu l'argomento, nel 1985, di un'assemblea sinodale voluta da Giovanni Paolo II, che il concilio visse da giovane vescovo. Una recezione controversa e non facile per l'incidenza delle decisioni conciliari nella vita della Chiesa, nella liturgia, nella missione, nei rapporti con le altre confessioni cristiane, l'ebraismo, le altre religioni, con l'affermazione della libertà religiosa, nell'atteggiamento verso il mondo.
Ultimo Papa ad avere partecipato in pieno e con passione - come giovanissimo teologo - al concilio, Benedetto XVI ha delineato nel 2005 l'interpretazione cattolica del Vaticano II:  un avvenimento che va letto non nella logica di una discontinuità che, assolutizzandolo, lo isolerebbe dalla tradizione, ma in quella della riforma, che lo apre al futuro. Un concilio che, come tutti gli altri, deve essere storicizzato e non mitizzato, inseparabile dai suoi testi, che proprio dal punto di vista storico non possono essere contrapposti a un supposto "spirito" del Vaticano II.
I buoni frutti del concilio sono innumerevoli e tra questi vi è ora il gesto di misericordia nei confronti dei vescovi scomunicati nel 1988. Un gesto che sarebbe piaciuto a Giovanni XXIII e ai suoi successori, e un'offerta limpida che Benedetto XVI, Papa di pace, ha voluto rendere pubblica in coincidenza con l'anniversario dell'annuncio del Vaticano II, con l'intenzione chiara di vedere presto sanata una frattura dolorosa. Intenzione che non sarà offuscata da inaccettabili opinioni negazioniste e atteggiamenti verso l'ebraismo di alcuni membri delle comunità a cui il vescovo di Roma tende la mano.
A mezzo secolo dall'annuncio, il Vaticano II è vivo nella Chiesa. Così come il concilio resta nelle mani di ogni fedele perché più chiara e forte sia la testimonianza nel mondo di quanti credono in Cristo.

g.m.v.

(© L'Osservatore Romano 25/01/2009)