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Il primato di Cristo


 

Benedetto XVI è tornato a Montecassino, dove tante volte era stato prima dell'elezione alla sede di Pietro, per ripetere che nulla si deve anteporre all'amore di Cristo:  nihil amori Christi praeponere, secondo la bella ed essenziale espressione della Regola benedettina che il nuovo Papa richiamò per spiegare la scelta del nome assunto come Romano Pontefice. Un nome beneaugurante e di pace che da oltre novant'anni non ricorreva nelle successioni papali, e che veniva in questo modo spiegato soprattutto in riferimento al primato assoluto di Cristo.
Questo primato non è un concetto astratto né tanto meno un'ideologia, ma la conseguenza di un incontro - come afferma il Papa nella sua prima enciclica - nella vita quotidiana del cristiano. Di Joseph Ratzinger, come in quella di ogni fedele, secondo un "programma" dichiarato con nettezza all'inizio del suo pontificato:  quello cioè "di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui". Attraverso la ricerca di Dio, quel quaerere Deum insegnato dal padre del monachesimo occidentale e che Benedetto XVI a Parigi, nel memorabile discorso tenuto al Collège des Bernardins, ha indicato essere all'origine della cultura maturata nel continente europeo.
Il programma benedettino di nulla anteporre a Cristo si realizza ogni giorno in gesti concreti. E in questa scansione della giornata - ha ripetuto il Papa - la vita monastica ha un valore esemplare per ogni fedele, uomo o donna che sia. Innanzi tutto, nello spazio riservato alla preghiera, "sentiero silenzioso" che porta a Dio, e dunque autentico "respiro dell'anima".
Viene poi il lavoro, realtà sempre difficile e che in questo tempo di crisi mondiale si riveste spesso di preoccupazione e di angoscia per singoli e famiglie, intrecciandosi con la questione dell'immigrazione. E ancora, la cultura, che non riguarda ambiti ristretti, ma significa anche e soprattutto educazione delle nuove generazioni e responsabilità nei loro confronti. Temi, questi, che preoccupano i vescovi italiani e che non a caso sono presenti oggi nelle parole del cardinale presidente della conferenza episcopale.
Tornare a Montecassino è stato così per Benedetto XVI una nuova occasione per richiamare l'attenzione sulle priorità della vita. E per invocare ancora una volta la pace - anzi, il dono della pace e l'impegno per realizzarla - da un luogo di mitezza e di civiltà che fu inutilmente distrutto dalla barbarie della guerra moderna, quella spaventosa tragedia in cui l'Europa iniziò a inabissarsi settant'anni fa.
Anche per questo Paolo VI, proprio da Montecassino, proclamò san Benedetto patrono del vecchio continente, riassumendo nella croce, nell'aratro e nel libro l'opera secolare dei suoi monaci. Per sottolineare la responsabilità dei cristiani che visibilmente devono testimoniare la profondità e l'efficacia delle loro radici. Anche in Europa, nel contesto globale e nella ricerca ragionevole del bene comune.

g.m.v.

(© L'Osservatore Romano 25-26/05/2009)