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Tradizione e futuro

Un giornale difficile, anzi difficilissimo, ma soprattutto un "grande giornale". A definire così "L'Osservatore Romano" era nel 1961 il cardinale Giovanni Battista Montini. Quasi mezzo secolo più tardi, quanto scriveva il futuro Paolo VI, nel numero per il centenario del quotidiano vaticano, è ancora attuale. Così come le potenzialità del giornale - descritte nel celebre articolo e tanto grandi quanto importanti sono la sua storia e la sua tradizione - meritano un nuovo sviluppo. Guardando con fiducia al futuro, perché questa apertura è il senso più profondo della tradizione, che significa appunto trasmissione in una continuità vitale.
Perché è difficilissimo "L'Osservatore Romano"? L'allora arcivescovo di Milano - che in Segreteria di Stato per oltre un quindicennio, come è stato rilevato, aveva anche esercitato "l'alta direzione sul giornale" - rispondeva additando "la sproporzione fra il vastissimo campo, di cui il giornale avrebbe dovuto essere specchio, il campo cattolico, e la relativa esiguità delle sue notizie, anzi, per vero dire, della stessa capacità a darvi voce e risalto", senza trascurare il punto dolente della sua ristretta diffusione. Montini enumerava poi, con lieve ironia, difficoltà minori legate alla natura speciale del quotidiano: "Giornale serio, giornale grave, chi mai lo leggerebbe sul tram o al bar; chi mai vi farebbe crocchio d'intorno?"; mentre la sua cronaca vaticana "ci procura, sì, il piacere d'uno spettacolo aulico incomparabile, ma non senza qualche dubbio d'averlo già provato eguale tant'altre volte".
Come rendere allora "L'Osservatore Romano" un grande giornale? Questo si chiedeva il futuro papa, che non dimenticò mai il padre, direttore del piccolo ma battagliero quotidiano "Il Cittadino di Brescia". E dava una risposta chiara: sviluppando la sua natura di "giornale di idee". Sì, perché il foglio vaticano - scriveva - "non è, come moltissimi altri, un semplice organo d'informazione; vuol essere e credo principalmente di formazione. Non vuole soltanto dare notizie; vuole creare pensieri. Non gli basta riferire i fatti come avvengono: vuole commentarli per indicare come avrebbero dovuto avvenire, o non avvenire. Non tiene soltanto colloquio con i suoi lettori; lo tiene col mondo: commenta, discute, polemizza". Con una vocazione dunque universale, analoga a quella della sede romana che il giornale intende servire.
In questo impegno quotidiano "il giornalista è interprete, è maestro, è guida, è talvolta poeta e profeta". Un'arte difficile - chiosava Montini - e nel foglio vaticano "quanto mai delicata ed esigente". Per la necessità di una "continua testimonianza al panorama di verità morale e religiosa, nel quale ogni cosa dev'essere inquadrata", e per la natura insieme ufficiale e ufficiosa del quotidiano della Santa Sede: giornale "di idee", ma anche "d'ambiente", non facile ma dal quale esso trae autorità e forza. Così fu durante la seconda guerra mondiale, e allora "avvenne come quando in una sala si spengono tutte le luci, e ne rimane accesa una sola: tutti gli sguardi si dirigono verso quella rimasta accesa; e per fortuna questa era la luce vaticana, la luce tranquilla e fiammante, alimentata da quella apostolica di Pietro". Con un'immagine di orgoglio mite e sicuro che richiama quella evangelica del candelabro che arde e illumina.
L'esperienza della guerra lasciò così un legato al giornale, perché "la sua sede, la sua funzione, la sua rete d'informatori e di collaboratori, la sua autorità e la sua libertà, la stessa anzianità ed esperienza possono farne un organo di stampa di primissimo ordine"; e persino le difficoltà possono essere considerate - concludeva il futuro Paolo VI - "peculiarità, e come tali costituire un'interessantissima originalità del giornale. Nessun altro può avere orizzonte più ampio di osservazione; nessun altro può avere più ricche sorgenti d'informazione; nessun altro più importanti e più vari argomenti di trattazione; come nessun altro più autorevole giudizio di orientazione e più benefica funzione di educazione alla verità e alla carità".
La permanente attualità delle notazioni di Montini giustifica la loro riproposizione oggi, in un panorama mondiale e informativo profondamente mutato. La realtà globale rende infatti ancora più necessario e largo quel respiro internazionale caratteristico del foglio vaticano, e questa stessa realtà mondiale oggi richiede una sua presenza in rete reale ed efficace, la cui urgenza è stata annunciata di recente dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che più volte ha espresso attenzione e stima per il giornale della Santa Sede, dove ha voluto recarsi di persona.
"L'Osservatore Romano" - cioè il quotidiano e le sue diverse edizioni periodiche - è prima di tutto il "giornale del papa", e diffonderà in due modi l'insegnamento e la predicazione del vescovo di Roma: conservando cioè la sua peculiare natura documentaria, e sviluppando quella dell'informazione giornalistica. Ma anche facendosi maggiormente espressione degli organismi e delle rappresentanze della Santa Sede, a Roma e nel mondo. Al servizio di Benedetto XVI, pontefice teologo e pastore, il "servo dei servi di Dio" che senza stancarsi, con mitezza fiduciosa e ferma, alle donne e agli uomini del nostro tempo testimonia e ripete con l'apostolo Giovanni che "Dio è amore" e che "all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona", come ha sottolineato all'inizio della sua prima enciclica.
Da Roma il foglio vaticano continuerà a osservare con sguardo attento e amico la realtà internazionale, mantenendo in quest'ottica l'attenzione per quell'Italia di cui il papa è primate e per la sua diocesi, dove tanti vescovi e sacerdoti di ogni continente hanno studiato e con la quale mantengono legami fecondi. E respiro internazionale avrà l'attenzione per i fenomeni culturali, riservando spazio al confronto delle idee, con un'apertura cordiale nei confronti della ragione, alla quale Benedetto XVI si richiama per favorire il colloquio e il dibattito, com'è avvenuto con la lezione di Ratisbona, i cui frutti cominciano a maturare. E al mondo guarderà il giornale del papa informando sulla comunione cattolica nei diversi continenti, su Chiese e confessioni cristiane, ebraismo, islam e altre religioni, nell'attuazione del concilio Vaticano II interpretato alla luce dello storico discorso che il romano pontefice ha tenuto per il quarantennale della sua conclusione.
Seguendo l'esempio di Benedetto XVI e diffondendone gli insegnamenti, il suo giornale vuole rivolgersi con amicizia a tutti, credenti e non credenti, e con tutti confrontarsi con rispetto e chiarezza su temi come la dignità dell'essere umano e la promozione della giustizia. Per rendere sempre più evidente la testimonianza e la verità di Cristo nel mondo moderno. Nella vitalità di una tradizione per sua natura aperta al futuro, e nella certezza che la parola dell'unico Signore, Gesù, seminata nell'intimo delle anime, prevarrà sulle forze del male e resterà per sempre.

g.m.v.

 (© L'Osservatore Romano 28/10/2007)