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Apertura e ragione


 

Gli avvenimenti tragici degli ultimi giorni - che hanno colpito e sconvolto un grande Paese già da mesi teatro di ripetuti episodi di intolleranza e violenza rivolti in particolare contro le minoranze cristiane - confermano una volta di più che il dialogo tra le culture del mondo è l'unica via percorribile per una convivenza umana. Come Benedetto XVI va ripetendo dall'inizio del pontificato e di nuovo ha ora confermato in una lettera al senatore Marcello Pera. Incluso nell'introduzione al libro appena pubblicato dall'esponente politico italiano con il titolo Perché dobbiamo dirci cristiani, il breve testo papale ne sottolinea alcune analisi.
Tra queste, l'affermazione "che all'essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell'immagine cristiana di Dio:  la sua relazione con Dio di cui l'uomo è immagine e da cui abbiamo ricevuto il dono della libertà". E urgente appare quel dialogo che - sottolinea con lucidità il Papa - "approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo". In questo modo, ancora una volta Benedetto XVI sottolinea l'importanza del dialogo tra le culture indicando che si tratta di una via più praticabile e suscettibile di conseguenze che vanno esaminate "nel confronto pubblico":  proprio qui, infatti, "il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari".
Anche in tempi difficili come quelli presenti viene così confermata la scelta della Chiesa cattolica di aprirsi al dialogo con le culture del mondo. Con la volontà che questo colloquio - un termine caro a Paolo vi, che di questa apertura fece il tema della sua enciclica programmatica - sia autentico e porti frutti. Non solo dunque un dialogo di superficie che affermi sulla carta principi, ma un confronto vero. Innanzi tutto all'interno della stessa Chiesa, che deve approfondire "la coscienza di se stessa" - come afferma appunto la Ecclesiam suam - per poi "con candida fiducia" affacciarsi "sulle vie della storia" e ripetere "agli uomini:  io ho ciò che voi cercate, ciò di cui voi mancate".
Le parole di Benedetto XVI sono state comprese e apprezzate anche al di là dei confini cattolici, così come la ribadita volontà di confronto e di amicizia con l'ebraismo e con l'islamismo sta portando frutti. Il Papa continua a fare appello alla ragione di tutti e, senza stancarsi, chiede che questa ragione si apra:  al confronto con ogni interlocutore su temi ragionevoli e condivisibili come quelli della dignità di ogni persona umana, creatura e immagine di Dio, e della libertà religiosa.
Sono infatti queste alcune delle "conseguenze culturali" su cui è urgente confrontarsi, come per esempio è avvenuto dopo la lezione di Ratisbona. La Chiesa - scriveva ancora Paolo VI - senza promettere la felicità terrena offre però la sua luce e la sua grazia per poterla conseguire. E "parla agli uomini del loro trascendente destino" ragionando anche "di verità, di giustizia, di libertà, di progresso, di concordia, di pace, di civiltà. Sono parole queste, di cui la Chiesa conosce il segreto; Cristo glielo ha confidato".

g.m.v.

(© L'Osservatore Romano 30/11/2008)