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Fenomeno mondiale

Il panorama disegnato dal Papa nel tradizionale discorso d’inizio anno agli ambasciatori conferma che lo sguardo della Chiesa di Roma su «questo nostro mondo, benedetto e amato da Dio, eppure travagliato e afflitto da tanti mali» ha un’ottica davvero planetaria. E questo punto di vista mondiale sa abbracciare con lucidità e altrettanta speranza i due fenomeni che più inquietano e preoccupano la comunità internazionale: l’onda crescente della violenza che usa e quindi bestemmia il nome di Dio da una parte, il dramma che segna gran parte delle migrazioni dall’altra.


Di fronte a queste emergenze il Pontefice riprende il tema centrale della misericordia, che è al cuore del Vangelo. Per questo sin dall’inizio del pontificato Bergoglio vi insiste, al punto da aver indetto un giubileo straordinario della misericordia che ha voluto aprire nella Repubblica Centrafricana. Indicata come filo conduttore dei viaggi internazionali dell’anno appena trascorso, è infatti la misericordia che permette di avanzare insieme e di ripetere, come Francesco con i musulmani di Bangui, che «chi dice di credere in Dio dev’essere anche un uomo o una donna di pace».


Come i predecessori, Francesco oggi ribadisce che «ogni esperienza religiosa autenticamente vissuta non può che promuovere la pace» e condanna ancora una volta attentati terroristici, massacri e soprusi che si accaniscono su persone inermi e indifese, obbligando intere minoranze — come moltissimi cristiani del Vicino e Medio oriente, ricordati a più riprese dal Pontefice — a esodi drammatici, e persino al «martirio per la sola appartenenza religiosa». E colpisce nel discorso papale l’intreccio di questi fenomeni del nostro tempo con l’insegnamento che viene dalle parole delle Scritture ebraiche e cristiane.


Già nel 1952, nella costituzione apostolica Exsul familia che affrontò con ampiezza il fenomeno migratorio, Pio XII evocò la famiglia di Gesù che cercava scampo in Egitto come modello e sostegno di tutti i profughi che, «incalzati dalla persecuzione o dal bisogno, si vedono costretti ad abbandonare la patria». Allo stesso modo oggi il suo successore chiede che si ascolti «il grido di Rachele che piange i suoi figli perché non sono più», secondo le parole profetiche di Geremia riprese dall’evangelista Matteo. Affinché si affrontino con umanità e con coraggio questi drammi mondiali.

g.m.v.

(©L'Osservatore Romano, 11-12/01/2016)