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Il sentiero della guarigione

Solo un anno fa la visita del Papa in Myanmar sarebbe apparsa «un puro sogno». A dirlo è stato l’arcivescovo di Yangon, il cardinale Charles Bo, nel saluto al Pontefice che aveva appena celebrato una messa a cui hanno partecipato cattolici venuti da ogni parte del paese: molte decine di migliaia di persone che hanno partecipato alla liturgia con un raccoglimento impressionante. «Siamo come Zaccheo, in mezzo alle nazioni non potevamo vedere il nostro pastore. E come Zaccheo siamo stati chiamati: scendi, voglio fermarmi a casa tua» ha detto poi il cardinale evocando così l’episodio della visita di Gesù al pubblicano narrata nel vangelo di Luca all’inizio del diciannovesimo capitolo. E ora «torniamo a casa con una straordinaria energia spirituale, orgogliosi di essere cattolici», perché «oggi è avvenuto un miracolo» ha esclamato l’arcivescovo.

Il ringraziamento del cardinale, primo a rivestire la porpora romana nella storia del paese, ha spiegato come meglio non si sarebbe potuto fare il significato della visita, la prima in Myanmar di un Pontefice. E questi si era a sua volta presentato come un pellegrino, qui giunto «per ascoltare e imparare da voi» e offrire «parole di speranza e consolazione». Parole che hanno indicato la via della guarigione delle molte ferite, «sia visibili che invisibili». Un cammino che la Chiesa, minoritaria ma ben «viva» in questa nazione, sta concretamente portando a «un gran numero di uomini, donne e bambini, senza distinzioni di religione e di provenienza etnica» ha sottolineato Papa Francesco.

In un paese quasi per intero buddista, il Pontefice ha poi incontrato il suo più importante organismo religioso costituito da una cinquantina di monaci, in «un’importante occasione per rinnovare i legami di amicizia e rispetto tra buddisti e cattolici», come ha subito notato Bergoglio. Oltre a essere «un’opportunità per affermare il nostro impegno per la pace, il rispetto della dignità umana e la giustizia», e per aiutare entrambe le religioni «a lottare per una maggiore armonia nelle loro comunità» ha aggiunto il Papa.

Anche nel discorso ai monaci è tornato il motivo della guarigione che Francesco aveva indicato poche ore prima durante la messa, augurandosi che i buddisti e i cattolici possano «camminare insieme lungo questo sentiero di guarigione, e lavorare fianco a fianco per il bene di ciascun abitante di questa terra». In questo compito di superare le conseguenze dei conflitti che hanno insanguinato per decenni il paese la Chiesa cattolica è «un partner disponibile» ha assicurato il Pontefice. Senza dimenticare però che «la grande sfida dei nostri giorni è quella di aiutare le persone ad aprirsi al trascendente». Adoperandosi insieme per superare ogni ostilità, coscienti di una consonanza tra le due tradizioni religiose che affermano entrambe la necessità di superare il male con il bene.

E di guarigione il Papa ha infine parlato, per la terza volta, ai vescovi, in un discorso che ha articolato in altre due parole: accompagnamento e profezia. Rivolgendosi a testimoni del Vangelo che devono accompagnare il gregge, avendo sì «l’odore delle pecore», come spesso ripete, ma anche «l’odore di Dio». Senza dimenticare che primo compito del vescovo è la preghiera.

g.m.v.

(©L'Osservatore Romano, 30 novembre 2017)