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Cinquecento anni fa, il 6 febbraio 1515, moriva Aldo Manuzio

 

L’uomo che inventò il corsivo

 

 

Il 6 febbraio 1515 moriva Aldo Manuzio, l’appassionato umanista che, mezzo secolo dopo la diffusione in occidente della stampa a caratteri mobili, di fatto inventò e diffuse il libro moderno. Ma più ancora, la storia di quest’uomo il cui nome è legato a Venezia, dove morì, ma venuto dalla campagna laziale — era nato a Bassiano, nel ducato di Sermoneta, intorno alla metà del Quattrocento (forse nel 1452) — è emblematica della fiducia nella ragione dell’uomo che caratterizza gli splendidi inizi culturali dell’età moderna.

La formazione di Aldo si completò a Carpi e a Mirandola, in stretto contatto con Pico, e infine a Venezia, dove i legami con i circoli umanisti si moltiplicarono. Al 1493 risale la prima edizione – stampata dal futuro suocero Andrea Torresano – delle sue Institutiones grammaticae Latinae, migliorata fin quasi alla morte in tre edizioni e divenuta per tutto il secolo un vero e proprio best seller, ma negli anni successivi parte e si consolida il grande progetto di diffusione del greco, tra guerre «che devastano tutta l’Italia e tra breve par che sommoveranno il mondo intero fin dalle fondamenta» scrive Manuzio, in «tempi tumultuosi e tristi in cui è più comune l’uso delle armi che quello dei libri».

E il greco l’imparò talmente bene che un decennio più tardi Erasmo, attratto a Venezia dal mirabile stampatore, proprio con lui lo perfezionò. Molti libri infatti erano già usciti dai torchi di Manuzio: a diffonderli in tutta Europa fu l’organizzazione industriale e commerciale efficientissima dell’uomo che innovò la grafica (grazie all’incisore bolognese Francesco Griffo), inventò il corsivo e ideò i libelli portatiles in formam enchiridii, cioè i tascabili (Virgilio e Petrarca nel 1501, Catullo, Tibullo, Properzio e Dante nel 1502). Nel secondo tomo dei Poetae Christiani veteres, comparve per prima volta nel 1502 la celebre marca tipografica del delfino che s’avvolge sull’ancora, spiegato da Erasmo — nel commento al proverbio Festina lente (“affrettati lentamente”) ora tradotto a cura di Lodovica Braida nella piccola raffinata strenna natalizia di Marsilio (Erasmo da Rotterdam, Opulentia sordida e altri scritti attorno ad Aldo Manuzio) — con la necessità di temperare il guizzo dell’impeto con la sicurezza della riflessione.

«Si potrà dunque — spiega l’umanista fiammingo — utilizzare l’adagio in tre maniere. La prima, quando consiglieremo di decidere prendendo tempo, prima che ci si lanci in un impegno, ma, dopo che si è deciso, di agire con rapidità così che l’immagine dell’ancora richiami l’indugio prima della decisione, il delfino la velocità nel portarla a compimento».  Sintesi estrema di una vita di passione e di studio. Quale fu quella di Aldo. (g.m.v.)

 (© L'Osservatore Romano 05/02/2015)