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Preoccupazioni

che avvicinano

 

Autonomia reciproca e responsabilità comune. Con questi tratti essenziali si può riassumere l’incontro tra il presidente della Repubblica italiana e il Pontefice durante la visita di Stato che Sergio Mattarella ha compiuto in Vaticano a poco più di due mesi dalla sua elezione. Una circostanza che già di per sé esprime — è stato subito il Papa a osservarlo — l’eccellenza delle relazioni tra Italia e Santa Sede, consolidatesi grazie anche al rapporto personale che nel tempo è venuto instaurandosi tra i capi di Stato e i Pontefici, come negli ultimi anni hanno mostrato la reciproca stima e la vicinanza cordiale tra Giorgio Napolitano e Benedetto XVI.

            E molto cordiale è stata la visita in Vaticano del presidente Mattarella, la cui storia personale è radicata nella più significativa tradizione dei cattolici italiani impegnati in politica, dimensione fondamentale per la società e che Paolo VI descrisse come una «maniera esigente» di vivere l’impegno cristiano caratterizzato dal servizio. Il capo dello Stato, a tratti emozionato, è stato accompagnato dalla figlia e da cinque nipoti, quasi a sottolineare visibilmente l’importanza della famiglia, al cui ruolo insostituibile hanno fatto riferimento nei rispettivi discorsi sia il Pontefice sia il presidente Mattarella.

            In un contesto italiano e internazionale contraddistinto soprattutto dalla questione della mancanza di lavoro a causa della crisi economica, dal dramma delle migrazioni segnato da tragici lutti, da conflitti nei quali spesso si assiste a una cinica e ripugnante strumentalizzazione della religione e dall’urgenza di curare un ambiente sempre più degradato sono apparse evidenti le preoccupazioni che avvicinano Italia e Santa Sede. E dunque quel «mutuo orientamento alla fattiva collaborazione sulla base di valori condivisi e in vista del bene comune» a cui si è riferito Papa Francesco, nella distinzione rispettosa dei ruoli e delle competenze di Stato e Chiesa.

            L’autonomia reciproca infatti «non fa venir meno ma esalta la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità, che tutti — ha sottolineato il Pontefice — abbiamo il compito di servire con umiltà e dedizione». In un contesto pluralistico che deve respingere l’uso violento della religione e al tempo stesso rispettare «il ruolo significativo» che nella costruzione della società ha «l’autentico spirito religioso». Come dimostra il contributo della tradizione cristiana alla storia d’Italia, un dato storico ricordato anche dal cardinale segretario di Stato nel suo discorso.

            Significativo infine nelle parole del presidente Mattarella è stato il riferimento al giubileo straordinario che il Papa ha indetto nel segno della misericordia. Una dimensione al cuore del Vangelo che è comune a molte tradizioni religiose e che viene percepita anche da chi non vi appartiene. Dimostrando che davvero è possibile a donne e uomini di provenienze diverse percorrere un cammino comune.

g.m.v.

(© L'Osservatore Romano 19/04/2015)