Index   Back Top Print


logo

Un viaggio a confermare

la fede

a scoprire nuovi sentimenti

Parla di missione Papa Francesco aprendo la conferenza stampa sul volo che lo sta riportando a casa dopo i cinque giorni della Gmg di Panamá, parla della missione che è stato l’ultimo tema (meglio: la bellezza dell’avere una missione) da lui affrontato nell’incontro finale con i giovani volontari nello stadio Rommel Fernández: «La mia missione in una Giornata della gioventù, è la missione di Pietro, cioè confermare nella fede e questo non con mandati “freddi”, o precettivi, ma lasciandomi toccare il cuore e rispondendo a quello che lì accade. Io lo vivo così, mi costa pensare che qualcuno possa compiere una missione solo con la testa. Per compiere una missione bisogna sentire, e quando senti vieni colpito. Ti colpisce la vita, ti colpiscono i problemi. All’aeroporto stavo salutando il Presidente e hanno portato un bambino di colore, simpatico, giovanissimo, e mi hanno detto: “Guardi, questo bambino stava passando la frontiera della Colombia, la madre è morta, è rimasto solo. Ha cinque anni. Viene dall’Africa, ma ancora non sappiamo da quale Paese perché non parla né l’inglese, né il portoghese, né il francese. Parla solo la lingua della sua tribù. Lo abbiamo un po’ adottato noi”. Il dramma di un bambino abbandonato dalla vita, perché sua mamma è morta e un poliziotto lo ha consegnato alle autorità perché se ne facciano carico. Questo ti colpisce, e così la missione comincia a prendere colore, ti fa dire qualcosa, ti fa accarezzare. La missione sempre ti coinvolge. Almeno a me coinvolge. Non so fare un bilancio della missione. Io con tutto questo vado davanti al Signore a pregare, a volte mi addormento davanti al Signore, ma portando tutte queste cose che ho vissuto nella missione e gli chiedo: Lui confermi nella fede attraverso di me. Questo è come cerco di vivere la missione del Papa e come la vivo».

A chi gli chiede se la Gmg ha corrisposto alle sue aspettative risponde prontamente: «Sì, il termometro è la stanchezza, e io sono distrutto».

Il Papa è stanco, lo si vede, ma non si tira indietro, affronta l’ultima fatica della conferenza stampa sorridendo, rispondendo a cuore aperto anche alle domande più “furbe” e i giornalisti apprezzano coronando la conversazione con un applauso finale spontaneo e caloroso.

Tante le domande, molti i temi trattati: dall’educazione sessuale al celibato dei sacerdoti, dall’abbandono della Chiesa da parte dei giovani, dall’aborto alla questione degli abusi, dalla crisi del Venezuela alla questione dei migranti. Temi grandi, impegnativi ai quale il Papa non si sottrae neanche quando, è il caso del celibato sacerdotale, dopo aver esposto la sua convinzione personale risponde che su una questione così complessa è necessario ancora pensare e soprattutto pregare («su questo non ho ancora pregato abbastanza»), perché la sua non è l’opinione di un esperto che magari ha la soluzione per ogni problema, ma è la parola di un uomo di fede.

Uomo di fede, uomo di pace: così lo appella un grande manifesto che lo ha accompagnato lungo le strade di Panamá: «La comunità islamica dà il benvenuto a Papa Francesco, uomo di fede». Un saluto che sembra un rilancio e un arrivederci al prossimo viaggio, domenica prossima, negli Emirati Arabi, evento dalla portata storica che vede per la prima volta un successore di Pietro nella penisola araba. È bello e confortante poi scoprire dagli organizzatori che la comunità islamica non si è fermata al saluto ma, insieme a quella ebraica, ha predisposto l’accoglienza nelle proprie case di centinaia dei giovani arrivati a Panamá per la Gmg.

Cinque giorni che hanno dato molta gioia al Papa che al termine della conferenza ritorna a parlare di Panamá con parole forti e sincere: «Vorrei dire una cosa su Panamá: ho sentito un sentimento nuovo, mi è venuta questa parola: Panamá è una nazione nobile. Ho trovato nobiltà. E poi vorrei dire un’altra cosa che ho detto quando sono tornato dalla Colombia: una cosa che noi in Europa non vediamo e che ho visto qui in Panamá. Alzano i loro bambini e ti dicono: questa è la mia vittoria, questo è il mio orgoglio, questo è il mio futuro. Nell’inverno demografico che noi stiamo vivendo in Europa, soprattutto in Italia, questo ci deve far pensare. Qual è il nostro orgoglio? Il turismo, le vacanze, la villa, il cagnolino o il figlio?».

Andrea Monda

(© L'Osservatore Romano, 28-29 gennaio 2019)