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Ventitré anni

Mario Agnes è stato un esponente significativo, e al tempo stesso riservato, del cattolicesimo italiano. Nato nella terra irpina in una famiglia dalle solide radici cattoliche e alla quale restò sempre legatissimo, si è contraddistinto per la fedeltà assoluta alla gerarchia ecclesiastica. Nell’ultimo trentennio del Novecento ha vissuto il suo impegno di laico dapprima nell’Azione cattolica (di cui fu tra l’altro presidente nazionale) e poi all’Osservatore Romano, che ha diretto per quasi un quarto di secolo.

Asciutto e quasi scavato nel fisico, rigoroso nei modi a volte taglienti, con il trascorrere degli anni aveva addolcito un carattere forte e impetuoso che, a quanti lo conoscevano da vicino, mostrava invece inattesamente attenzioni amicali e persino sollecitudini affettuose. Conclusa la sua lunga direzione, si era sempre più ritirato nella sua abitazione in Vaticano e negli ultimi anni era stato colpito da una grave malattia, affrontata senza lamenti, e aveva sofferto soprattutto la perdita dell’amatissima sorella. Fino agli ultimi giorni ha continuato comunque a seguire l’attualità, ricevendo i nipoti e amici, ma preferendo più spesso brevi conversazioni al telefono.

Il periodo della sua direzione al giornale della Santa Sede è stato il secondo più lungo nella storia dell’Osservatore Romano, dopo il quarantennio di Giuseppe Dalla Torre, estendendosi per ben ventitré anni sotto due pontefici: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E con l’aristocratico padovano, pur da lui diversissimo e in tempi mutati alla radice, Mario Agnes ebbe tratti comuni: l’impegno nel movimento cattolico, la fedeltà al servizio della Santa Sede e, infine, un governo saldo del giornale.

Trasformatasi al tempo del concilio e della direzione di Raimondo Manzini, che era stato nominato da Giovanni XXIII e che con coerente e intelligente apertura seppe poi interpretare il decisivo quindicennio montiniano, la testata vaticana fu poi guidata per oltre sei anni da Valerio Volpini, intellettuale schivo e raffinato. A succedergli venne appunto chiamato da Giovanni Paolo II il non ancora cinquantatreenne Agnes, che senza esitare affrontò difficoltà esterne e interne al quotidiano. La sua attenzione si rivolse soprattutto alle trasformazioni, anche conflittuali, del cattolicesimo italiano, e a questo impegno si aggiunse l’entrata nel giornale delle nuove tecnologie, che accolse pur senza servirsene personalmente.

Fedelissimo al primo Papa non italiano dopo quasi mezzo millennio, Agnes guidò il quotidiano della Santa Sede nel periodo in cui si affermò e si consolidò la proiezione vigorosamente planetaria del pontificato di Wojtyła. Ma non abbandonò lo sguardo appassionatamente partecipe sull’Italia e sulle vicende dei cattolici nella penisola. Al termine della sua direzione lasciò con consapevolezza serena una redazione maturata e disposta a continuare, attraverso mutamenti indispensabili a ogni giornale che voglia essere autenticamente tale, un impegno istituzionale quotidiano e silenzioso. Al servizio di un editore che non ha pari nel panorama internazionale dei media. (g.m.v.)

(© L'Osservatore Romano, 12 maggio 2018)