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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica 14 giugno 1970

 

Facciamo questa volta un po’ di pausa.

I fedeli, che nei mesi scorsi dell’anno liturgico hanno seguito, come una ripetizione attuale e rituale, il dramma della redenzione operata da Gesù, nella realtà concreta e effettiva, del suo tempo, e si sono accorti del suo successivo svolgimento nella vita della Chiesa, come di un’epopea sempre più grande nella storia della salvezza dell’umanità, a un certo momento sentono il bisogno di capire, di fare la sintesi, di riassumere questo quadro, tanto umano e tanto misterioso e divino, e di carpirne il segreto centrale, cioè l’intenzione, il disegno che lo percorre, partendo dal pensiero divino, che si manifesta in Cristo, e che arriva al mondo, investe ciascuno di noi, e definisce la nostra religione e dà alla nostra Chiesa il suo aspetto genuino e caratteristico.

Questa riflessione postuma, che ogni anno siamo indotti a fare, occupa questa stagione liturgica, e impegna ciascuno a « farsi un’idea », un’idea autentica e penetrante del fatto cristiano, dell’intima realtà del cristianesimo.

Non diciamo una cosa astrusa e riservata solo agli iniziati degli studi teologici e dei segreti della spiritualità. Certo questo ripensamento del Natale, della Pasqua, della Pentecoste, del Corpus Domini esige qualche momento di interiorità, di riposo dall’affanno consueto delle occupazioni ordinarie, spesso banali e tutte esteriori.

Il tempo delle vacanze, che ora inizia il suo calendario, può essere propizio a questo elementare e sublime ripensamento: che cosa, alla fine, significa quel Cristo, di cui abbiamo celebrato le feste, diciamo meglio, i misteri? In sé? per me?

È interessante osservare che anche i movimenti di moda, così detti di « secolarizzazione » del Vangelo, non possono, tutto riducendo, trascurando e forse negando della nostra fede, non possono non riconoscere almeno che Cristo è l’uomo « per gli altri » per eccellenza, l’uomo dell’amore. Noi lo sappiamo; e fedeli all’interpretazione genuina, che la Chiesa dà di Cristo, come di suo mistico Sposo, che « l’ha amata e si è immolato per lei », (Eph. 5, 25) che l’amore, l’amore di Dio, di Cristo per noi è la chiave per capire il cristianesimo, ed è quindi il principio della nostra risposta alla vocazione cristiana. Il culto del S. Cuore offre perciò a chi vuol capire il cristianesimo il suo punto focale, per farne la luce della propria vita spirituale.

Maria ci aiuti a capire e ad amare.

 



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