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III ASSEMBLEA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

ANGELUS DOMINI DEL SANTO PADRE PAOLO VI

Domenica, 6 ottobre 1974

 

Noi non sappiamo staccare la nostra attenzione dal Sinodo dei Vescovi, che si sta svolgendo in questo mese a Roma. A noi pare avvenimento di primaria importanza, che merita l’attenzione e l’interesse non solo di coloro che vi prendono parte, ma di tutti quanti sanno osservare la scena del mondo, specialmente se essi hanno senso di fede e discernimento di fattori operanti nella storia contemporanea, con presagi su quella futura.
E ciò specialmente per due motivi accessibili alla conoscenza di tutti. Il primo è quello della documentazione, non solo fenomenica, ma diagnostica della faccia della terra, nei suoi lineamenti più vari, più documentati e più significativi. Vediamo innanzi tutto dove è arrivato l’annuncio del regno di Dio, ch’è la vocazione più esatta e più feconda alla civiltà umana, raggiunta mediante una soprannaturale tensione alla vera e trascendente salvezza: questa prima osservazione, se ci dà consolantissime statistiche, - sono le mirabili e faticose conquiste della civiltà cristiana -, ci obbliga a rilevare che la maggior parte dell’umanità attende ancora oggi il messaggio evangelico. Si potrebbe quasi dire che l’evangelizzazione è ancora in principio! È una visione drammatica.

In molte regioni, già irradiate dal cristianesimo, lo spirito cristiano è in una sofferenza, che sa d’insufficienza e d’infedeltà da parte dei «figli del regno», come Cristo ammonì (Cfr. Matth. 8, 11-12); in altre è decisamente ostacolato e soffocato, dramma silenzioso, ma paradossale e segnato da testimonianze eroiche; in altre regioni poi ancora non è arrivato l’annuncio benedetto e profetico per difficoltà di penetrazione e per mancanza di missionari moderni. Il grido di Cristo sembra qui risuonare come un gemito e come un invito: «Io sono venuto a portare fuoco sulla terra, e che cosa desidero se non che si accenda?» (Luc. 12, 49).
Poi l’altro motivo di ammirazione che il Sinodo dei Vescovi offre ai veggenti non miopi e non ciechi: è il campionario della cattolicità che noi vediamo, con il suo fremito di esaltazione delle Chiese locali, ridestate nelle loro comunità e nelle singole anime coscienti d’una loro superiore personalità, chiamata ad affermarsi nella scoperta della loro autentica originalità, e nella aspirazione alla propria giustizia e alla propria liberazione; e nello stesso tempo tutte confluenti nella unica «Madre Chiesa», nella loro nativa e irrinunciabile «unità nella cattolicità», persuase come sono della verità dell’antico martire e dottore africano, San Cipriano: «Non può avere Dio per Padre, colui che non ha la Chiesa per madre» (S. AUG. De Cath. Eccl. unit., c. 6; PL 43, 353). Dove mai altro simile spettacolo spirituale?
Preghiamo ora Maria, Madre della Chiesa, che ce ne faccia gustare il beato incantesimo.

                                       



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