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UDIENZA GENERALE DI PAOLO VI

Martedì, 2 giugno 1964

 

Diletti Figli e Figlie!

Noi pensiamo, Noi auguriamo che questo incontro col Papa e con tanti Pellegrini e Visitatori provenienti da diverse nazioni, proprio qui sulla tomba dell’Apostolo Pietro, sul quale il Signore ha voluto fondare il misterioso edificio della sua Chiesa, qui, in questa Basilica trasformata in aula del Concilio ecumenico, Noi pensiamo ed auguriamo che faccia sorgere nei vostri animi una domanda, non nuova, ma ora resa più urgente e più bisognosa d’una risposta adeguata: che cosa è la Chiesa?

E mentre tutti crediamo d’aver pronta la risposta, che il catechismo c’insegna e che la nostra esperienza ci presenta, tutti sentiamo ch’essa non è facile; e quando tentiamo di formularla con le nostre parole, avvertiamo che la risposta è incompleta. Perché definire la Chiesa è difficile! Ed è bene che noi avvertiamo questa difficoltà, perché allora cominciamo a comprendere che la Chiesa è una realtà immensa e complessa, che noi non riusciamo a circoscrivere nei termini d’una affrettata definizione. Sulla Chiesa resta sempre qualche cosa da dire.

Il Vangelo della scorsa domenica ci faceva capire come il regno di Dio, che nella parabola degli invitati al convito adombra la Chiesa, si inizia mediante una chiamata, una convocazione. E si sa che la parola «Chiesa», significa appunto «convocazione». La Chiesa è la riunione dei chiamati di Dio. È il popolo che Dio ha riunito, è l’assemblea dei chiamati.

Sarà bene tener presente questo concetto radicale della Chiesa, perché ci rivela molte cose. Ci rivela, innanzi tutto, che la Chiesa non si forma da sé, ma nasce da un’iniziativa divina; sorge da un pensiero di Dio che vuol riunire gli uomini in una società religiosa, in cui si manifesta la sua misericordia in modo del tutto particolare. Ci rivela poi che tale chiamata esige dei ministri, portatori della chiamata e promotori della convocazione. Dice il Vangelo, a cui ci riferiamo, che l’ospite invitante mandò il suo servo ad annunciare agli invitati l’ora del convito. Una frase di S, Ambrogio fa al caso nostro: «Congregaturus Ecclesiam Dei Filius ante operatur in servul»; «prima di convocare la Chiesa, il Figlio di Dio agisce nel suo servitore» (in Lc. 2, 67). La Chiesa nasce dagli Apostoli, nasce dalla Gerarchia. Vi è nella Chiesa chi è incaricato di chiamare e chi è chiamato; vi è una Chiesa che chiama, che convoca, - la Chiesa docente -, e vi è una Chiesa che è riunita, la «congregatio fidelium» (S. Th.); insieme formano la comunità dei cristiani (cfr. Bellarm., De Eccl. mil., 1). E ci rivela anche come l’appartenenza alla Chiesa si fonda sulla libera accettazione da parte dei fedeli; la Chiesa è una società volontaria; ma risultante dalla scelta responsabile, somma e decisiva, dell’uomo che ha compreso quale obbligazione morale e quale sorte fortunata nascevano dalla amorosa vocazione divina alla felicità del regno dei cieli. Libertà e dovere sono alla base umana della Chiesa, come gratuità e amore sono alla base divina.

Queste semplici considerazioni devono prendere pieno significato in questo momento, per sollecitare i vostri animi alla comprensione della Chiesa come una vocazione, come il primo e immenso beneficio che gli uomini ricevono da Dio. Dice S. Paolo: «Quelli che il Signore ha predestinati, questi ha anche chiamati, e poi li ha giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati» (Rom. 8, 30).

Appartenere alla Chiesa è cosa misteriosa, è cosa grande, è cosa felice, è cosa decisiva. Dobbiamo ringraziare il Signore che ci ha chiamati a questa dignità, a questa fortuna. Dobbiamo ascoltare in noi stessi l’eco profonda, grave e dolce, della chiamata delle nostre anime alla fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Dobbiamo confermare qui, sulla tomba dell’Apostolo Pietro, da Cristo chiamato al grande ufficio di chiamare gli uomini a comporre la sua Chiesa, la nostra riconoscente e ferma risposta di volerne sempre ascoltare la voce.

A tanto vi esorti e vi conforti la Nostra Benedizione Apostolica.

 



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