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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 29 dicembre 1965

 

Indispensabile una crescente perfezione

Diletti Figli e Figlie!

Ancora, ed ancora per lungo tempo, sarà tema dei Nostri incontri con i visitatori, che a quest’udienza settimanale Ci recano la testimonianza dell’adesione dei figli fedeli alla vita della Chiesa, sarà tema il Concilio testé concluso; e ciò faremo non tanto per illustrarne la memoria quanto per continuarne l’efficacia. È stato detto, e lo ripetiamo, che la validità pratica del Concilio, spirituale e pastorale, si misura nel periodo successivo alla sua celebrazione, perché tale validità dipende dalla applicazione effettiva e concreta degli insegnamenti emanati dal Concilio stesso. È perciò importante che nell’ambito ecclesiale, nei nuclei specialménte dei fedeli più fedeli, del Clero e dei Religiosi, dei Cattolici coscienti ed impegnati, rimanga la persuasione che il Concilio è tuttora operante; anzi, che esso diventa operante dopo la sua chiusura.

Questo stato d’animo è stato definito «lo spirito del Concilio». L’espressione è molto alta e bella; ma esige d’essere precisata per non diventare vaga e feconda di idee approssimative e fors’anche pericolose.

Che cosa s’intende per «spirito del Concilio»?

Non è in questa sede, né con poche parole che se ne può fare una analisi adeguata, né identificare i riferimenti storici e spirituali caratteristici di tale spirito. Contentiamoci di fermarci, in questo momento, ad alcuni aspetti descrittivi; ad uno, almeno, dell’animazione ideale e morale, che può utilmente derivare nel Popolo di Dio dalla celebrazione d’un Concilio, di questo secondo Concilio Ecumenico Vaticano in modo speciale.

Il primo aspetto dello spirito del Concilio è il fervore. È chiaro. A tale primissimo scopo mirava il Concilio, a infondere cioè nel Popolo di Dio risveglio, consapevolezza, buon volere, devozione, zelo, propositi nuovi, speranze nuove, attività nuove, energia spirituale, fuoco. Ricordiamo le parole di Papa Giovanni: «La Chiesa, illuminata dalla luce di questo Concilio, sarà ricolma di spirituali ricchezze, com’è Nostra fiducia, e traendo da esso vigore di nuove energie, potrà guardare verso l’avvenire» (Discorsi, 1962, p. 581). È, questo fervore, congenito con la vocazione della vita cristiana; ed è il segreto della sua perenne vivacità; ricordiamo la parola di Gesù: «Sono venuto a portare fuoco sulla terra, e che cosa desidero se non che si accenda?» (Luc. 12, 49); e quella di San Paolo, che raccomanda ai primi fedeli di essere «spiritu ferventes», fervorosi nello spirito (Rom. 12, 11); ed il seguito di tutta l’educazione cristiana, che squalifica la tepidezza (cfr. Apoc. 3, 16), e che tende a mettere l’anima in uno stato di tensione permanente, in un’intensità di fede e di carità, in un entusiasmo sempre ardente e fiducioso, in uno sforzo continuo di crescente perfezione, in un anelito di comunione con Cristo e di risoluta volontà di seguirlo e di servirlo, così che il dottore del fervore spirituale, San Basilio Magno, maestro all’Oriente e all’Occidente, definirà fervoroso «colui che con ardente alacrità d’animo e con insaziabile desiderio e indefessa cura compie la volontà di Dio nella carità di Gesù Cristo nostro Signore» (Regulae, 259; P.G. 31, 1255).

E che la Chiesa abbia, ancor più che bisogno, desiderio di ritrovare il suo caratteristico fervore lo dimostrano, da un lato, i tanti e più vari fenomeni della sua vita contemporanea, e dall’altro la decadenza di tante forme di cristianesimo, pervase e corrose dalle correnti profane e pagane e negatrici della vita moderna. Un desiderio di autenticità, di generosità, di perfezione e di santità percorre tutta la compagine del Popolo di Dio, per una risvegliata coscienza della sua vocazione e per un più vivo istinto di difesa dall’invadenza dello spirito del tempo ed anche per un risorto ardimento apostolico di infondere nel mondo moderno, qual è, il fermento salutare del messaggio evangelico. La Chiesa Post-conciliare entra in uno stato di fervore, se coerente al genio del Concilio, se fedele all’ispirazione del Signore, se docile alle sue proprie leggi. Ed è a questo fervore che Noi vi invitiamo, cari Nostri Visitatori: a rendervi persuasi della sua necessità e della sua tempestività; a farvi riflettere come un tale fatto spirituale riguardi non solo la Chiesa come comunità, ma il singolo fedele altresì, come membro vivo e responsabile nel Corpo mistico di Cristo; a infondervi quella fiducia e quell’alacrità, che, deve distinguere il periodo, che stiamo iniziando, come una stagione primaverile della cristianità. Invito e presagio che accompagniamo con la Nostra Benedizione Apostolica.


I consulenti ecclesiastici dell’Unione Insegnanti Medi

Nell'udienza generale odierna abbiamo una serie di gruppi ben degni d’essere da Noi ricevuti con speciale avvertenza e di ricevere da Noi un particolare incoraggiamento.

Il primo di questi gruppi ragguardevoli è quello dei Sacerdoti Consulenti Ecclesiastici dell’Unione Cattolica Insegnanti Medi, riuniti a convegno nazionale. Li salutiamo molto volentieri, e diciamo loro la Nostra compiacenza per il fatto che essi siano rappresentanti di buona parte delle sedi provinciali italiane e che siano regolarmente investiti dell’incarico che qui li qualifica; come pure siamo lieti di vedere che procedono uniti, cercando di specializzarsi nella conoscenza delle persone e dei problemi, che attendono dal loro ministero un’assistenza tutta particolare. L’ufficio loro affidato, quello di fungere da consulenti d’una fra le maggiori associazioni specializzate del campo cattolico, quella degli Insegnanti delle Scuole Medie, è fra i più delicati ed i più urgenti nel settore dell’apostolato moderno al nostro Laicato, e riveste oggi, come loro ben sanno, un’importanza di grande rilievo: a fiancheggiare infatti gli Insegnanti delle Scuole Medie, per loro dare conforto religioso e consulenza morale e spirituale è missione assai lodevole, per sostenere nell’Insegnante la coscienza cristiana della sua professione, non lasciando che si impoverisca nel qualunquismo o nel laicismo di chi si limita al puro esercizio del suo compito didattico, ma cercando di sostenere tale coscienza con i grandi ideali cristiani e con i conforti spirituali della vita religiosa, ideali e conforti che fanno dell’Insegnante un campione della missione scolastica, un padre, un esempio, un allenatore, una guida dell’adolescente, che avverte essere il suo Professore non solo un bravo professionista, ma un uomo completo, a cui la fede infonde un’animazione didattica particolare, uno stile di pensiero e di vita, un amico che merita stima e fiducia. Non è dubbio che il Consulente ecclesiastico può esercitare questo influsso animatore sugli Insegnanti: può essere maestro dei maestri, se davvero li stima, li tiene vicini, li ascolta, s’interessa ai loro problemi, e se, soprattutto li sa introdurre nella scienza e nella pratica della fede, stabilendo così quel rapporto fra magistero religioso e magistero scolastico ch’è fra gli sviluppi più fecondi e più interessanti della vita spirituale e culturale. Ai bravi Sacerdoti, che a tale compito sono chiamati, i Nostri voti migliori e la Nostra Benedizione.

                                   



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