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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 16 novembre 1966

 

Costruire la Chiesa con Cristo e per Cristo

Diletti Figli e Figlie!

Noi invitiamo la vostra attenzione a considerare la parola del Signore, che sembra risonare perennemente in questa Basilica, e che voi, guardando la fascia circolare delle iscrizioni cubitali, che la decorano in alto di solenni e parlanti mosaici, potere leggere, come se fosse stata pronunciata per essere qui proclamata: «Aedificabo Ecclesiam meam» (Matth. 16, 18), edificherò la mia Chiesa. Edificherò: avete mai esplorato il senso di questa parola?

È una parola profetica; ha per soggetto Cristo e si riferisce al futuro; ha per oggetto la Chiesa, che viene raffigurata in un edificio in costruzione. Cristo è l’architetto di questo edificio; anzi l’operaio: Io edificherò. Voi sapete che questa immagine della Chiesa-edificio è fra quelle più ripetute e più espressive; la usa San Paolo (1 Cor. 3, 9; Eph. 2, 20-22); la spiega San Pietro (1 Petr. 2, 5); entrambi sviluppandone il concetto relativamente al materiale della costruzione; materiale formato dai fedeli stessi «lapides vivi» pietre vive, donde non può che risultare un edificio vivo, una «domus spiritualis», una casa spirituale, un insieme armonico e unitario, un ordine visibile, organico, sociale, un’umanità sacra, dove abita Dio; ecco la «domus Dei» (cfr. Gen. 28, 17), la casa di Dio; che la lettera agli Ebrei ancora più chiaramente indicherà altro non essere che noi stessi, seguaci di Cristo; «domus sumus nos», noi siamo la casa di Cristo (Hebr. 3, 3-6). E sapete anche che questa immagine simbolica dell’edificio riferita alla Chiesa è fra quelle ricordate nella costituzione relativa alla Chiesa medesima dal Concilium (Lumen Gentium, 6); ed è poi l’immagine che più facilmente ricorre nel linguaggio comune, che chiama chiesa l’edificio materiale, dove la Chiesa, cioè l’assemblea dei fedeli, si riunisce e si esprime quale edificio spirituale.

Ma non è di questo aspetto del simbolo che Noi vi vogliamo ora parlare. Vi vogliamo invitare a riflettere sopra la forza espressiva del termine usato da Cristo: «costruirò». Questo termine indica l’azione permanente del Signore rispetto alla sua Chiesa, indica il carattere dinamico che la vita della Chiesa, raffigurata in un edificio in costruzione, assume; indica lo sviluppo continuo, che le è prestabilito dal concetto di lavoro che deve svolgersi secondo un disegno concreto, visibile, bene architettato da Cristo stesso, e non lasciato all’arbitrio di fantasiosi operai. Bisogna che la Chiesa sia costruita; essa è sempre un edificio incompleto, che prolunga nel tempo il suo piano di esecuzione determinato.

Se ricordiamo che l’azione di Cristo, dopo la sua ascensione, si compie, per suo divino mandato, dalla Chiesa stessa, da chi nella Chiesa ha funzione promotrice di continuare l’opera di Gesù, questa concezione perfettiva della Chiesa medesima diventa molto istruttiva per noi; diventa programmatica, se pensiamo che tutti siamo chiamati a collaborare alla mistica e positiva costruzione. E a Noi sembra opportuno il richiamo a questo concetto fondamentale della vita ecclesiastica per meglio uniformare i nostri animi alle linee direttive che devono guidare il nostro pensiero e la nostra azione in questo periodo post-conciliare. Dobbiamo con Cristo e per Cristo costruire la Chiesa. È a tutti noto che il Concilio ha messo la Chiesa in movimento in tutti i campi della sua vitalità, dando a noi tutti il senso d’un rinnovamento, d’una fatica nuova da compiere, d’un sviluppo da realizzare; senso che riempie i cuori di fervore e di speranza, non senza qualche trepidazione per la buona impostazione e per il buon esito di questo rinnovamento.

Diremo dapprima che non possiamo condividere la diffidenza e il disagio di coloro che ostacolano tale rinnovamento, quasi fosse un’offesa alla stabilità dell’ordine ecclesiastico, e quasi che la fedeltà alla tradizione significasse immobilità ed inerzia, e quasi che la Chiesa nel tempo avesse raggiunto la sua definitiva e completa espressione. La parola di Cristo invece è profetica: costruirò. L’opera attende d’essere continuata. Oggi tutti dobbiamo essere operai della Chiesa, cioè membri attivi, apostoli, missionari. Non spettatori indifferenti, non critici preziosi e oziosi.

Ma d’altro canto non bisogna cedere alla tentazione di credere che le novità, derivate dalle dottrine e dai decreti conciliari, possano autorizzare qualsiasi arbitrario cambiamento e possano giustificare iniziative libere e irresponsabili, incoerenti col disegno della costruzione da eseguire. Bisogna essere profondamente convinti che non si può demolire la Chiesa di ieri per costruirne una nuova oggi; non si può dimenticare e impugnare ciò che la Chiesa ha finora insegnato con autorità per sostituire alla dottrina sicura teorie e concezioni nuove, personali ed arbitrarie; non si può mutuare dalle opinioni correnti, mutevoli e profane del tempo nostro, il criterio di pensiero e di azione della comunità ecclesiastica, quasi che tali opinioni fossero il «sensus fidelium», la testimonianza alla verità cristiana, che i fedeli stessi, guidati dal magistero della Chiesa, hanno facoltà e dovere di professare; non si possono sciogliere le questioni difficili o svigorire le leggi esigenti con adattamenti storicisti ad interpretazioni soggettive, abbandonando come vecchi e superati i canoni dogmatici, cioè chiari, stabili, autorevoli, dell’insegnamento della Chiesa ed eludendo le esigenze immutabili della Parola di Dio e della sua rigorosa enunciazione tradizionale. Bisogna continuare la costruzione della Chiesa fondando i suoi nuovi incrementi sul disegno prestabilito da Cristo e sull’edificio esistente, con fiducia e con fedeltà.

Questa psicologia positiva deve guidare l’opera costruttiva della Chiesa dopo il Concilio. Noi siamo lieti di vederne la maturazione in tanti fenomeni della vita odierna della Chiesa. L’opera delle Conferenze episcopali, ad esempio, prelude ed inaugura un nuovo e fecondo periodo della storia della Chiesa. L’azione dei Laici, spontanea e coordinata con i piani direttivi della Gerarchia responsabile, è fatto molto consolante e molto promettente. L’attività caritativa, dappertutto in risveglio, è già un fatto degno di plauso e d’incoraggiamento: con quale piacere vediamo i Giovani all’avanguardia di tale attività! L’esempio dato dalla nostra Gioventù nell’opera di soccorso agli alluvionati, in questi giorni, è segno splendido di costruttiva vita cristiana!

Costruire, edificare la vita cattolica; con coraggio, con ordine, con pazienza. Sia questa anche per voi la consegna che a voi dà la Nostra Benedizione Apostolica.


Ai Rettori dei Santuari Mariani

Ci offre particolare motivo di consolazione il sapere che sono presenti a questa udienza i venerati Rettori dei numerosi Santuari Mariani d’Italia, i quali partecipano al loro secondo Convegno Nazionale. Vi salutiamo con vivissima cordialità, rivolgendo il Nostro pensiero commosso ai Santuari da cui provenite, grandi e celebrati templi o chiese più umili e modeste, ma tutti innalzati nel nome della Vergine Santa, tutti testimoni di antichi fatti miracolosi e di una onda continua di devozione, che ad essi si è rivolta attraverso i secoli; innumerevoli generazioni sono salite verso di essi per onorare la Vergine, nelle sue preziose o modeste icone, e vi hanno trovato grazia e conforto, luce di fede e forza di conversione, rifugio dalle avversità della vita, e dalle crisi dell’anima.

Vorremmo aver più tempo da dedicare a voi, per dirvi la stima che nutriamo per voi, le aspettative che abbiamo, le speranze che collochiamo nella vostra opera generosa.

Sappiamo che avete proseguito nel presente Congresso lo studio volonteroso e associato di far corrispondere i Santuari mariani alla loro sempre più spiccata funzione integrativa della vita pastorale, secondo quanto vi abbiamo detto lo scorso anno in occasione del vostro primo Convegno, affinché essi corrispondano in tutto allo spirito del Concilio Ecumenico. Ce ne compiacciamo di cuore, e vi incoraggiamo a continuare su questo solco con volontà costante, e con un preciso programma di azione.

Anche per ciò che riguarda le vostre competenze, occorre uscire dalla routine della consuetudine intangibile, o dell’improvvisazione di comodo, o della fastosità che non lascia traccia. I fedeli, che accorrono ai Santuari, spinti dai motivi più vari - da quelli più tragici e sofferti fino a quelli artistici o turistici - hanno il diritto di trovare presso di voi l’appropriata assistenza spirituale, l’ordinata catechesi liturgica, l’educazione alla coscienza comunitaria; scocca per essi un’ora di grazia, che bisogna saper favorire e assecondare con i mezzi a disposizione, che sono numerosi e straordinari. Vi lodiamo per il molto che è stato fatto, vi incoraggiamo per il molto che resta da fare.

Le difficoltà ci sono, non le ignoriamo; gli ostacoli di varia natura, altrettanto; ma avete con voi una formidabile Avvocata, la Vergine Santa, la Madre della Chiesa, che vi assiste con tutte le dovizie della sua intercessione, della sua potenza, della sua irresistibile efficacia, di cui voi siete i testimoni continuamente commossi e stupefatti. Noi La preghiamo per voi, gratissimi per le invocazioni che a Lei fate salire secondo le Nostre intenzioni. Ci ottenga Ella i doni della continua benevolenza e misericordia del Signore, dei quali è pegno e riverbero la Nostra Benedizione Apostolica.

Le Pie Unioni dell'O.N.A.R.M.O.

Porgiamo un particolare benvenuto agli ottocento associati alle Comunità di Lavoro dette anche Pie Unioni, che fanno capo all’O.N.A.R.M.O., qui venuti, accompagnati dal Nostro diletto Monsignor Abramo Freschi, dalle varie parrocchie dell’Abruzzo, della Toscana, del Lazio e della Campania per portarci a nome di tutti l’espressione della loro fede e della loro carità. Vi accogliamo con paterno compiacimento, e vi ringraziamo dei doni generosi, frutto e simbolo del vostro lavoro, che avete voluto portaCi, con vero sacrificio, tanto più prezioso e meritorio nel momento presente.

Le Comunità di Lavoro dell’O.N.A.R.M.O. vogliono operare silenziosamente, ma con grande efficacia e dedizione, nell’ambito delle singole parrocchie, per fare onore al nome cristiano in tutte le forme possibili: con l’aiuto caritativo a chi è nel bisogno, con l’assistenza tecnica e sociale, con l’istruzione professionale e l’aggiornamento agrario, in una parola, con uno sforzo costante per la elevazione spirituale, morale e professionale degli iscritti. Soprattutto esse si preoccupano di favorire una conveniente istruzione religiosa e alimentare una solida e coerente vita cristiana presso tutti gli associati.

Queste belle iniziative, che sappiamo tanto seguite e apprezzate da voi e dai vostri amici, Ci procurano viva consolazione, e Ci dicono che le vostre Comunità di lavoro sono vive e attive, sono operanti e necessarie, sono utili e tempestive, proprio come l’azione del lievito che profuma il pane, di cui ci ha parlato il Vangelo di domenica scorsa (Matth. 13, 33). Approfittando dei mezzi, che vi sono messi a disposizione con tanta larghezza, sappiate essere anche voi lievito fermentante nell’ambiente che vi circonda, lievito che profuma e edifica con la forza della fede, con la consapevolezza della speranza, con la spinta della carità, lievito che agisce efficacemente e insensibilmente con l’esempio, con la fedeltà, con l’impegno. È questo il compito che il Concilio Ecumenico ha affidato ai laici, quando ha detto che la loro vocazione è quella di «cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Essi - ha continuato - vivono nel mondo, cioè implicati . . . nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo con l’esercizio del proprio dovere e sotto la guida dello spirito evangelico, e, in questo modo, a manifestare Cristo agli altri» (Cost. Lumen Gentium, n. 31).

Che bel programma per tutti voi! Noi siamo certi che esso entrerà sempre di più nella vostra vita, pur nella fatica e nel sacrificio quotidiano, e vi sarà motivo di grande letizia nell’anima, e di copiosi meriti eterni. A tanto vi conforti la Nostra particolare Benedizione Apostolica, che di cuore impartiamo a voi qui presenti, ai vostri colleghi, e specialmente ai vostri diletti familiari, particolarmente ai piccoli, agli anziani, ai sofferenti.

                                    



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