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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 5 luglio 1967

 

La stupenda eredità degli Apostoli

«ERITIS MIHI TESTES»

Diletti Figli e Figlie!

Abbiamo in questi giorni celebrato la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, e ricordiamo quali sono stati i motivi che hanno dato singolare interesse a questa celebrazione; si è parlato del centenario, il diciannovesimo, del loro martirio; di questo martirio pure s’è parlato, come del fatto culminante, riassuntivo, memorabile fra tutti della loro vita, per aver convalidato tutta l’opera apostolica precedente da loro compiuta, e per averle conferito, al grado supremo, quello del sangue, il carattere da Cristo voluto, quello di testimonianza. «Eritis mihi testes», mi sarete testimoni (Act. 1, 8), aveva detto Gesù agli Apostoli, prima di congedarsi per sempre dalla scena della loro vita temporale; ed in termini analoghi aveva predetto la missione di Paolo: «. . . Egli deve portare il mio nome ai popoli gentili, ai sovrani e ai figli d’Israele» (Act. 9, 15). Perciò la commemorazione, che si vuoi fare di questi Apostoli maggiori, si incentra principalmente sull’aspetto, che meglio li definisce; quello d’essere maestri della fede. Questa fu la loro missione: annunciare Cristo e fare nascere la fede in Lui. La fede è l’eredità degli Apostoli. La fede è il dono del loro apostolato, della loro carità. Accettando la fede, noi ci mettiamo in comunione con loro, entriamo nella loro scuola, partecipiamo al piano di salvezza, che Gesù Cristo affidò loro di svolgere e d’instaurare nell’umanità. Perciò abbiamo qualificato come «Anno della Fede» la memoria che per dodici mesi intendiamo dedicare a questi grandi trasmettitori di Cristo, gli Apostoli Pietro e Paolo. Il fatto ch’essi, insieme con gli altri apostoli e con gli annunciatori autorizzati del Vangelo, sono gli intermediari fra noi e Cristo, caratterizza il cristianesimo in modo essenziale, e genera un sistema di rapporti indispensabili nella comunità dei credenti, i quali non possono prescindere dalla funzione docente, che tali li rende.

LA VOCE DI PIETRO VICARIO DI CRISTO E MAESTRO

Ricordiamo, ad esempio, una parola significativa di San Pietro stesso, cosciente d’essere vivo strumento generatore della fede dei primi cristiani. Così egli parla al primo Concilio della Chiesa nascente: «Uomini fratelli, voi già sapete che Dio, fin dai primi giorni, dispose fra noi che i Gentili ascoltassero la parola del Vangelo dalla mia bocca e credessero» (Act. 15, 7). Vedete: l’Apostolo è maestro; non è semplicemente l’eco della coscienza religiosa della comunità; non è l’espressione dell’opinione dei fedeli, quasi la voce che la precisa e la legalizza, come dicevano i modernisti (cf. Denz-Schoen. 3406 [200]), e come ancora oggi alcuni teologi osano affermare. La voce dell’Apostolo è generatrice della fede; come essa apporta il primo annuncio del Vangelo, così ne difende il senso genuino, ne definisce l’interpretazione, ne guida l’accoglienza dei fedeli, ne denuncia le erronee deformazioni.

LE VIE DELLA SALVEZZA INDICATE DA SAN PAOLO

E San Paolo non è meno dogmatico; egli afferma: «. . . Se qualcuno evangelizza contro l’annunzio che avete ricevuto, sia anàtema», cioè sia condannato, sia maledetto (Gal. 1, 9). La verità religiosa, derivante da Cristo, non si diffonde negli uomini in modo incontrollato e irresponsabile; essa ha bisogno d’un canale esteriore e sociale, reclama un magistero autorizzato; e solo con l’ausilio di questo. servizio (la carità della verità) conserva il suo univoco significato divino ed il suo valore salvifico. Sì, questo sistema è vincolante, non certo in modo contrario all’approfondimento, allo studio, alla meditazione, all’applicazione vitale della verità religiosa (ché a ciò piuttosto ci educa e ci spinge), e nemmeno per sé è vincolante all’espressione verbale di essa verità religiosa (sebbene le formule dogmatiche siano così intimamente legate al loro contenuto, che ogni cambiamento o nasconde, o provoca un’alterazione del contenuto stesso); ma non consente ciò che a tanti uomini d’oggi e d’ieri piace: un libero esame della Parola divina; un distacco cioè della Parola scritta, la Sacra Scrittura, dalla Parola parlante, viva, fedele e attuale del magistero ecclesiastico, e quindi un’interpretazione quale più aggrada. Sant’Agostino ammonisce: «Voi, che nel Vangelo credete a ciò che vi piace, e non credete a ciò che non vi piace, credete piuttosto a voi stessi, che non al Vangelo» (Contra Faustum, 17, 3: P.L. 42, 342). In questo campo il Concilio ci. ha insegnato assai bene i principi, i metodi, la larghezza di vedute consentita e il riconoscimento dei valori dottrinali e spirituali nelle Chiese e nelle Comunità cristiane da noi divise (cf. Lumen Gentium, 20, 23, ecc.; Unitatis red. 3, 11, 21, ecc.). Faremo bene ad averne notizia.

IL SEGNO LA FORZA IL GAUDIO DEI VERI FIGLI DELLA CHIESA

Per concludere, noi cercheremo di collegare la nostra devozione ai Santi Apostoli al dono ch’essi ci hanno fatto, con la parola e col sangue, la testimonianza a Cristo, la quale genera in noi la fede e instaura rapporti ecclesiali particolari con la gerarchia docente e con la comunità credente.

Tributeremo omaggio d’amorosa devozione ai Santi Pietro e Paolo. Anche a questo riguardo il Dottore africano c’insegna: «Celebriamo la festa consacrata per noi dal sangue degli Apostoli: amiamo la loro fede, la loro vita, le loro fatiche, le loro sofferenze, le loro confessioni, le loro predicazioni: ci sarà di profitto spirituale questo amore: proficimus enim amando» (Serm. 295: P.L. 38, 1352).

E sarà nostro profitto avere dell’integrità della fede, della sua purezza, della sua ortodossia quell’adesione, quella passione, che dev’essere il segno, la forza, il gaudio dei veri figli della Chiesa Apostolica.

A voi, incoraggiamento ed auspicio, la Nostra Benedizione Apostolica.


Paterne accoglienze a un secondo pellegrinaggio del Vietnam

Chers fils et fiiles du Vietnam,

Nous ne pouvons cacher Notre émotion en vous voyant réunis ici autour de Nous. Car spontanément se lève dans Notre cœur la vision de votre patrie bien-aimée ensanglantée depuis de si longues années déjà par une guerre atroce.

Vous savez, chers fils et filles, de quel amour Nous aimons votre noble Pays et quels efforts Nous avons entrepris pour essayer d’y faire cesser le bruit des armes. Nous continuerons à œuvrer et à prier pour qu’une paix durable, fondée sur la justice, la liberté et le respect des droits inviolables de chaque homme, soit assurée j votre peuple si tragiquement divisé.

C’est ce même but que vous poursuivez en vous rendant en pèlerinage à Notre-Dame de Fatima. Et ce faisant vous vous unissez non seulement à ceux de vos compatriotes qui Nous entourèrent lors de Notre mémorable voyage à la Cova da Iria le 13 mai dernier, et que Nous eûmes la joie d’accueillir ici même quelques jours après, mais encore à tous les Vietnamiens, à tous vos frères dans la foi et à tous les hommes de bonne volonté qui à travers le monde entier supplient la Mère de Dieu, la Reine de la Paix, de nous obtenir de son Fils, le Prince de la Paix, ce don inestimable de la vraie charité, de l’amour fraternel, de la concorde entre les nations, de la justice pour tous les hommes.

Nous ne voudrions pas prendre congé de vous, sans vous exhorter également à demeurer inébranlablement fermes dans la foi, attachés à l’héritage que vous ont légué vos ancêtres, fidèles à toutes les valeurs humaines et chrétiennes qui font la grandeur et la noblesse de la communauté catholique du Vietnam.

Et maintenant, chers fils et filles, permettez-Nous de vous b6nir avec toute l’affection de Notre cœur de Père. Cette Bénédiction Apostolique Nous désirons l’étendre aux membres de vols familles, à vos amis, à tous ceux qui vous sont chers, au peuple vietnamien tout entier si proche à Notre coeur, pour la prospérité et le bien-être duquel Nous ne cesserons de prier le Tout-Puissant et de travailler de toutes Nos forces.

                                 



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