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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 25 settembre 1968

 

«Dare Cristo alla gioventù»

Diletti Figli e Figlie!

Noi sappiamo che sono presenti a questa Udienza molti giovani: sono gruppi significativi, per il loro numero, per la loro provenienza, per le istituzioni e per le attività ch’essi promuovono, per lo scopo che qua li conduce, quello cioè di professare la loro fede sincera in Gesù Cristo, nostro Signore e di confermare la loro adesione filiale alla santa Chiesa. Noi saluteremo oggi questi giovani in modo particolare, sicuri che quanto a loro si riferisce a tutti può, in misura analoga, essere riferito. I giovani sono rappresentativi; tutti vorremmo essere giovani; essi sono la vita nella sua freschezza, nella sua pienezza; essi sono, rispetto al passato, la modernità, l’attualità; rispetto all’avvenire gli scopritori, gli innovatori; sono la speranza. Così è sempre stato; ma oggi la gioventù riveste caratteri ancora più importanti nel contesto sociale, perché sono padroni, cioè sono subito messi in possesso dei beni, di cui la vita moderna dispone, gli strumenti della tecnica, la cultura, il benessere, il giudizio sopra ogni cosa e ogni valore; il vincolo della obbedienza, della norma comune, della dipendenza, nella famiglia, nella società, nella tradizione è allentato fino a diventare quasi inesistente; sono liberi e arbitri di se stessi e tendono ad esserlo anche degli altri; la moda della «contestazione» li seduce, la smania del cambiamento supplisce spesso in loro la consapevolezza dei fini da raggiungere; essi non temono alle volte d’arrivare ad esplosioni di follia; vi è fra loro chi ama la violenza, come segno di virilità e di abilità, come uno sport del coraggio, o come un’avventura generosa di un film-western. Sono giovani! Noi non intendiamo ora parlare delle recenti sommosse estremiste, i cui eccessi non possono non incontrare comune deplorazione. Limitiamoci adesso a dare uno sguardo alla consueta opposizione giovanile.

CHE COSA È LA CHIESA E QUALE IL SUO INSEGNAMENTO

E allora per Noi sorge qui una grossa questione: quale rapporto può esistere fra questi giovani e la Chiesa? La Chiesa è un’istituzione tradizionale: come può essere capita e accettata da una certa gioventù che istintivamente rifugge dalla storia passata, dalla tradizione? Tutto ciò ch’è di ieri è «matusa» per essa; e questa facile qualifica è una condanna senza appello presso i giovani d’oggi. La Chiesa è una società estremamente ordinata, è gerarchica, è organizzata, è moralista; tutto vi è previsto, classificato, determinato; come può essere compresa ed amata da chi ama la libertà, talora fino alla licenza, fino all’anarchia? La Chiesa è una scuola severa, predica la mortificazione, la padronanza di sé, l’austerità, la croce: potrà mai essere ascoltata da una generazione tutta rivolta all’esperienza degli istinti, delle passioni, del piacere, e sempre abituata al «confort», alla esclusione dello sforzo, alla rimozione della disciplina e del sacrificio? La Chiesa predica il «regno dei cieli», un mondo spirituale, una verità invisibile, un fine al di là del tempo; vuole la fede, vuole l’amore: come la ascolterà quella gioventù che fosse educata soltanto all’esperienza sensibile, al ragionamento scientifico, al calcolo dell’utilità temporale, alla logica dell’egoismo e dell’interesse, al culto dell’uomo e non al culto di Dio?

UNA DIAGNOSI INCOMPLETA E NON CORRISPONDENTE ALLA REALTÀ

Potremmo continuare questo sconcertante confronto fra la Chiesa e certa odierna gioventù, dal quale confronto sembrano essere confermate le conclusioni di quelli che condannano la Chiesa come una forma di pensiero e di vita assolutamente inammissibile da gran parte della gioventù del nostro tempo. Potremmo anche esaminare fino dove sia accettabile il tentativo di quelli che vogliono cambiare strutture e spirito della Chiesa per modellarla secondo le aspirazioni e le dimensioni dei giovani d’oggi. Ma il discorso si farebbe lungo assai, ed esigerebbe analisi accurate e documentate. Non Ce lo consentono i limiti strettissimi di queste semplici parole. A Noi basta ora fare un’osservazione d’indole generale, una Nostra contestazione (se così vi piace) circa la diagnosi dell’animo giovanile, alla quale abbiamo testé accennato; ed è questa: quella diagnosi è incompleta, estremamente incompleta; la potremmo dire «globalmente» falsa, se essa pretende darci una descrizione integrale e onesta della gioventù degli anni sessanta (o settanta se più vi piace); sarà parzialmente esatta, forse, ma non è corrispondente alla realtà, a tutta la realtà giovanile odierna.

Perché? perché trascura alcune caratteristiche importantissime del giovane d’oggi; caratteristiche, che, inquadrate nel disegno fedele del suo volto autentico, ci danno di lui, del giovane d’oggi, un’immagine molto diversa. Anche qui, a volere studiare bene le cose, troppo vi sarebbe da dire. Accenniamo appena, quasi ad esempio, con qualche domanda.

CAPACITÀ DI SUPERIORE DEDIZIONE E DI SACRIFICIO

Non è forse vero che oggi la gioventù è appassionata di verità, di sincerità, di «autenticità» (come ora si dice); e ciò non costituisce un titolo di superiorità? Non vi è forse nella sua inquietudine una ribellione alle ipocrisie convenzionali, di cui la società di ieri era spesso pervasa? E nella reazione, che sembra inesplicabile ai più, che i giovani scatenano contro il benessere, contro l’ordine burocratico e tecnologico, contro una società senza ideali superiori e veramente umani, non vi è forse un’insofferenza verso la mediocrità psicologica, morale e spirituale, verso l’insufficienza sentimentale, artistica e religiosa, verso l’uniformità impersonale del nostro ambiente quale la civiltà moderna va formando?

E perciò non vi è in questa insoddisfazione giovanile un segreto bisogno di valori trascendenti, il bisogno d’una fede nell’Assoluto, nel Dio vivente? Ancora: è poi vero che i giovani d’oggi sono individualisti ed egoisti, quando non sanno più vivere se non in compagnia d’altri giovani, quando hanno un istinto, perfino eccessivo, dell’associazione, del conformismo collettivo? E chi oserà sostenere che i nostri giovani sono incapaci di abnegazione e di amore per il prossimo, quando sono proprio essi che spesso, nei momenti di pubblico bisogno, o nelle situazioni socialmente insostenibili, danno lezione a tutti di prontezza, di dedizione, di eroismo, di sacrificio? Non conoscono i giovani coloro che non vedono quale capacità di rinuncia, di coraggio, di servizio, di eroico amore essi hanno nel cuore; e oggi forse più di ieri. E che cos’è quella loro impazienza d’entrare subito, e come uomini adulti non come fanciulli minorenni, nell’arringo della vita reale, se non una rispettabile e spesso encomiabile ansia di partecipazione alle comuni responsabilità?

L’INCONTRO PRODIGIOSO E STUPENDO CON CRISTO

Dunque l’esame dello spirito giovanile contemporaneo è da rifare; esso è delicato e complesso; e a Noi offre fin d’ora questa certezza: il rapporto fra gioventù e Chiesa, al quale accennavamo, non è affatto un rapporto. definitivamente negativo, non è un rapporto d’opposizione, di estraneità; è un rapporto positivo; quello di una scuola, dove la verità e lo spirito si aprono, si svelano e s’incontrano; quello d’una comunità organica, dove l’unità non crea oppressione, né uniformità, ma reciprocità, rispetto ed amore; quello d’una singolare pienezza, d’una impensata felicità; la pienezza degli autentici valori umani e spirituali; la felicità della certezza, della carità; quello d’un incontro prodigioso e stupendo, l’incontro con Uno, il Quale sta tra la Chiesa che lo introduce e la gioventù che lo scopre, anzi che vi scopre l’unico vero amico, l’unico vero maestro, l’unico vero e sommo eroe, l’unico vero prototipo di Uomo, che valga la pena di cercare e di integrare per sempre alla propria vita; voi capite Chi è; è Cristo, è Dio fatto uomo. È il segreto, è il dono della Chiesa. Esso lo offre alla Gioventù!

Vi sarebbe ora da dire come la Chiesa, quella d’oggi, quella del Concilio, sappia, pensi, voglia e adempia questa sua missione di dare Cristo alla gioventù. Ma concludiamo con una sola parola-ricordo, a voi giovani, a voi tutti fedeli che Ci ascoltate: entrate nella Chiesa (entrate: intendiamo nel suo cuore, nel tesoro nascosto della sua fede, della sua speranza, della sua carità); entrate, e troverete che là Cristo vi aspetta!

Vi auguriamo di fare questa esperienza; con la Nostra Benedizione Apostolica.


Gruppo di missionari del corso d’aggiornamento

Uno speciale saluto vogliamo riservare stamane al gruppo dei missionari che hanno frequentato qui in Roma un «Corso di aggiornamento per missionari in temporaneo rimpatrio».

Il Nostro animo si riempie sempre di tenerezza ogni volta che il Nostro apostolico ministero Ci offre l’occasione di incontrarCi coi cari missionari. Li consideriamo come i Nostri figli più generosi, i più vicini al Nostro cuore. Sì, se il Papa ha diritto di avere qualche predilezione, questa è in verità per i buoni operai del Vangelo, che nella maniera più piena hanno fatto propria la consegna dei seguaci del Signore: «Relictis omnibus, secuti sunt eum» (Luc. 5, 11).

Voi siete venuti da diversi continenti, diletti figli, ma siete tutti animati da uno stesso zelo, e vi ha riuniti un identico scopo: dare un nuovo e più efficace impulso al lavoro missionario in quest’ora storica della Chiesa, che segue la celebrazione del Concilio Ecumenico. In realtà le profonde trasformazioni avvenute nei paesi di missione in questi ultimi tempi richiedono nei missionari una preparazione più adeguata, e una sapiente revisione nei metodi di lavoro. Perciò Ci rallegriamo volentieri con voi per il programma del vostro corso, e per l’impegno con cui vi siete applicati, mentre di cuore preghiamo il Signore di fecondare le vostre fatiche e i vostri propositi. In pegno dei divini favori, vi impartiamo la Nostra più affettuosa Apostolica Benedizione.

Pellegrinaggio delle diocesi, di Caserta e di Alife

Questa Udienza è onorata dalla presenza d’un numeroso Pellegrinaggio, quello di Caserta e di Alife, guidato da Mons, Vito Roberti, Arcivescovo-Vescovo di Caserta e Amministratore Apostolico di Alife. Sono con lui circa cento Sacerdoti, non che le Autorità civili della Provincia di Caserta e i Sindaci della Città e di molti Comuni. Per di più, con Nostro grande piacere, vi sono i giovani delle due Diocesi, quelli specialmente che hanno partecipato al Concorso «Veritas», ch’è un «test» molto significativo della serietà dei loro animi e dei loro studi e che merita sempre la Nostra lode ed il Nostro incoraggiamento; poi quelli d’un nuovo gruppo di Alife, intitolato «Bontà ed Azione», gruppo che già si distingue per una «Settimana Africana», in via di svolgimento in questi giorni, intesa a stabilire un «gemellaggio» fra l’antica Chiesa di Alife e quella d’origine missionaria, ma oggi ormai indigena, di Butwe nel Burundi. Salutiamo questa folta e bella schiera di visitatori, nella quale Ci piace ravvisare la tradizionale religiosità delle popolazioni delle due Diocesi, e nuova vitalità di fede e di attività che il degno Pastore, in tre anni d’intenso ministero, vi ha saputo imprimere.

Sappiamo qualche cosa delle sue fruttuose fatiche, alle quali si deve il rinnovamento del Seminario, l’istituzione d’un Pre-seminario, d’un Convitto Ecclesiastico Casertano a Roma, lo sviluppo e l’ordinamento dell’ufficio catechistico diocesano, l’assistenza al mondo del lavoro (godiamo di salutare quale segno di essa una rappresentanza, qui presente, dell’Associazione Europea dei Ferrovieri, che ha a Caserta una sua fiorente Sezione); così Ci è noto quanto lo zelo del Pastore ha saputo fare per il restauro dell’antica e storica Cattedrale, insigne monumento del XII e XIII secolo, non che per quello della maestosa Cappella della Reggia Vanvitelliana di Caserta; e per tante altre opere e nuove Parrocchie ed istituzioni. A tutto questo accenniamo per dare alla fatica pastorale del venerato Arcivescovo un sincero plauso ed un particolare incoraggiamento, col quale vogliamo compiacerci con il Clero ed i fedeli tutti, esortandoli ad assecondare l’opera rinnovatrice, costruttrice ed organica della vita religiosa e morale sia di Caserta che di Alife; è l’opera indicata e promossa dal recente Concilio; è l’opera reclamata dai doveri che un Popolo cattolico ha verso le proprie secolari e gloriose tradizioni storiche, non certo sorpassate ed anacronistiche, ma degne e capaci di tradursi in nuove e viventi espressioni di fede interiore e di fede esteriore, comprovate le une e le altre da una sincera adesione alla Chiesa e da un’operosa carità sia privata che sociale. Questo rinnovamento della fede, auspicato dal recente «Anno della Fede», è il grande compito dell’ora presente; e Noi godiamo nel vedere come voi, cari Figli di Caserta e d’Alife, vi siate impegnati.

Possa la Nostra Benedizione confortare il venerato e zelante Pastore, sostenere la missione pastorale del Clero, ravvivare il fervore di tutta la popolazione e assicurare ad essa, come a tutte le Autorità, a tutte le Famiglie cristiane, alla Gioventù, alle categorie lavoratrici, a tutti i bisognosi ed ai sofferenti la confortatrice ed animatrice assistenza divina.

Agli Oratori dell’arcidiocesi di Milano

Un altro Pellegrinaggio trattiene in modo speciale la Nostra attenzione: è quello dei mille giovani e ragazzi degli Oratori milanesi, accompagnati dal venerato Vescovo ausiliare di Milano, Monsignor Ferdinando Maggioni, e guidati dal Prevosto di San Protaso, Antonio Bossi, Presidente della Federazione degli Oratori dell’Arcidiocesi Ambrosiana, e dal caro Don Lorenzo Longoni, Segretario della Sezione maschile della Federazione medesima, Nostri valentissimi collaboratori d’un tempo in quest’opera magnifica degli Oratori giovanili. Ci accorgiamo subito d’un’assenza, che Ci rattrista, e che insieme Ci riempie di pii ricordi e di cristiane speranze, quella del compianto Monsignor Luigi Pessina, Sacerdote degnissimo, che con animo sempre giovanile ha profuso tesori di bontà, di carità, di sapienza, di esperienza, fino alla sua tarda età, all’opera degli Oratori: lo ricordiamo per sentire vicino il suo esempio ed il suo spirito in questo momento, che Ci procura la gioia immensa d’incontrarci con questa Gioventù, alla quale Noi stessi abbiamo dato cure e cuore e diamo ancora ricordo ed amore.

Noi dobbiamo limitarci ad un brevissimo saluto; ma questo Ci obbliga a fare ancora una volta l’apologia dell’istituzione «Oratorio», che lungi dall’invecchiare con l’andare dei secoli e col mutare dei tempi si dimostra attualissima e provvidenziale non meno che ieri, tanto che la vorremmo estesa e riprodotta in ogni Parrocchia, dove l’assistenza e la formazione della Gioventù formano uno dei compiti principali dell’azione pastorale. L’Oratorio è l’espressione dell’amore della Chiesa, organizzata in comunità parrocchiali o in istituzioni educative, per i suoi figli più giovani e più degni e più bisognosi d’affetto e di pedagogico interessamento, opera indispensabile; l’Oratorio è l’istituzione complementare della famiglia e della scuola; l’Oratorio è una palestra di vita, dove la preghiera, l’istruzione religiosa e parascolastica, il giuoco, la ricreazione, l’amicizia, il senso della disciplina e del bene comune, la letizia ed il vigore morale si fondono insieme per fare del giovane un cristiano forte e cosciente, un cittadino solido e leale, un uomo buono e moderno. Non finiremmo più di fare l’elogio dell’Oratorio, quale il nostro Clero, tutto assorbito nel suo impegno pastorale, ha saputo oggi riformare e rinnovare; ma tutti sanno quale stima, quale fiducia Noi abbiamo di questa opera, che offre al tempo nostro non solo la memoria di San Carlo, di San Filippo, di San Giovanni Bosco e di tanti altri Santi educatori della Gioventù e del Popolo cristiano, ma la loro saggezza, il loro esempio e certamente la loro protezione.

A voi lo diciamo, cari figli degli Oratori milanesi; lo diciamo ai vostri compagni rimasti a casa, e a tutta la Gioventù, che Ci voglia ascoltare: amate il vostro Oratorio; fatelo «vostro» con la frequenza, con la rispondenza alle sue norme ed al suo spirito, con la riconoscenza del bene ch’esso vi fa. E grazie, Giovani carissimi, di questa vostra visita; grazie del dono che Ci portate (una «Campagnola», che servirà a chi nel bisogno potrà apprezzarne l’utilità); grazie soprattutto della fedeltà, che voi Ci attestate con codesta presenza, ai vostri rispettivi Oratori, alle vostre Parrocchie, alla vostra dilettissima Arcidiocesi Milanese, alla Chiesa, al Signore Gesù. È nel suo Nome che tutti di gran cuore vi benediciamo.

Personalità buddiste del Giappone

Dear Friends from Japan,

We are happy to welcome you once again to the Vatican. The purpose of your visit is to establish friendly relations with Christian groups in Europe, and We hope that these contacts have been most fruitful and consoling. Understanding one another is the foundation for peaceful relations; in this way fears and suspicions disappear, and respect and reverence grows. Rome is a city that speaks of religion in its monuments, past and present. We hope that your brief visit here to the center of Catholicity Will be a most profitable one.

We send Our greetings to your fellow citizens in Japan, and We pray God to bless your country with peace and prosperity.

Parlamentari del Vietnam del Sud

Chers Messieurs,

C’est de grand cœur que Nous accueillons ce matin votre groupe de parlementaires, représentants distingués de Nos chers Fils du Vietnam. Vous savez avec quel amour de prédilection Nous ne cessons de penser à votre chère patrie, d’agir en sa faveur dans toute la mesure de Nos possibilités. Et surtout Nous prions pour qu’elle puisse enfin vivre dans une juste paix, et consolider son avenir dans la fraternité. Nous osons toujours espérer que tous ceux qui détiennent une responsabilité voudront bien hâter cette heure de la paix. Nous vous demandons d’être les interprètes de Nos sentiments affectueux auprès de vos compatriotes, particulièrement ceux qui sont les plus éprouvés. Et sur vos personnes, vos familles et tous ceux qui vous sont chers, Nous invoquons volontiers, en gage des meilleures grâces, les Bénédictions du Tout-Puissant.

                                    



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