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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 20 novembre 1968

 

La continua ardente ricerca di Dio

L’ANSIA MUOVE OGNI ATTIVITÀ DEL NOSTRO TEMPO

Diletti Figli e Figlie!

Ascoltate questa semplice e sbalorditiva parola: dobbiamo cercare Iddio! Cercarlo, perché? Oh! come sarebbe lungo rispondere bene a questa domanda! Dovremmo innanzi tutto riflettere sul fatto fondamentale che la vita è una ricerca: tutti gli uomini sono dei ricercatori di qualche cosa. L’amore, che qualifica e riempie la vita dell’uomo, è una ricerca. La vita è qualificata, definita e misurata da ciò che ricerca. Oggi l’uomo più che mai è alla ricerca di cose nuove, di pienezza nuova. L’ansia, che caratterizza l’attività del nostro tempo, non è che una ricerca diventata assorbente, febbrile, sempre più interessante, più feconda, e insieme più problematica, più faticosa e spesso più sconfortata e delusa. Cercare, cercare, è il programma della cultura, della scienza, del lavoro, della politica. Più si trova, e più si cerca. Più si è trovato, più si desidera e si spera trovare. È segno che manca sempre qualche cosa all’uomo, se sempre vuole e deve cercare. Nulla gli basta. Avesse tutto, cercherebbe ancora, perché l’uomo è così: deve crescere, deve conquistare, deve dilatarsi continuamente. Anche se la saggezza lo persuade a «del poco esser contento» (Manzoni) nel possesso di alcuni beni, ciò insegna per disporlo a desiderare e possedere beni superiori, quelli dello spirito, ad esempio.

«SINE FINE QUAERENDUS QUIA SINE FINE AMANDUS»

Ma Noi ora diciamo: dobbiamo cercare Iddio! E la prima ragione è estremamente ovvia. Perché Egli è nascosto. «Dio non è un’invenzione, è una scoperta» (Zundel, Recherche du Dieu inconnu, 7). San Paolo, nel suo celebre discorso all’areopago di Atene, deriva la sua argomentazione dal «Dio ignoto» (Act. 17, 23). Non potremmo, discepoli di Cristo e alunni della Chiesa maestra, pretendere di conoscere già, e quanto!, il nome, il mistero, la realtà del Dio vivente? Sì e no: questo è importante. Dobbiamo essere felici della scienza immensa, luminosa, beatificante che la nostra dottrina religiosa ci offre sull’ineffabile nome di Dio; ma dobbiamo sempre ricordare che è assai più ciò che noi ignoriamo di Dio di ciò che noi di Lui conosciamo. Con la sola nostra mente solo ci possiamo unire a Dio come ad Essere ignoto, e «mentre arriviamo a sapere ciò che Dio non è - c’insegna San Tommaso -, ciò che Egli sia nella sua intima essenza ci resta del tutto sconosciuto» (Contra Gentes, III, 49); e per di più un Concilio Ecumenico (il Lateranense quarto - cfr. Denz.-Sch., 806 - ohm 432) ci ricorda «che fra il Creatore e la creatura non si può stabilire una somiglianza senza avvertire che maggiore è la dissomiglianza». Dio è sempre da cercare; Dio è sempre da scoprire: senza fine è da cercare, perché senza fine è da amare, «sine fine quaerendus, quia sine fine amandus»; anzi: «amore crescente inquisitio crescat inventi»: crescendo l’amore, cresca anche la ricerca di Colui che s’è trovato, dice sempre fiammante Sant’Agostino (Enarr. in Ps. 104, 3; P.L. 37, 1392).

L'OBIEZIONE DELLA MENTALITÀ CONTEMPORANEA

Ma noi, uomini, d’oggi, facciamo opposizione: a che giova cercare Dio? un Dio così nascosto? non basta quel poco che se ne sa, o se ne crede di sapere? non è meglio impegnare il nostro pensiero allo studio di cose più proporzionate alle nostre facoltà conoscitive? la scienza, la psicologia? cioè il mondo e l’uomo? È questa la grande obiezione della mentalità contemporanea, ch’è tutta protesa verso conoscenze razionali e sperimentali, e crede che queste bastino alla ricerca affamata dello spirito umano; anzi crede che occorra decisamente fissare questo limite al pensiero e alla esperienza dell’uomo moderno; e questo si può anche ammettere come criterio metodico applicato ad un determinato impiego della mente umana purché esso non rinchiuda l’orizzonte a più vasta, più profonda e doverosa ricerca; ce lo insegna più volte il Concilio (cfr. Gaudium et spes, nn. 36, 59, 19; Apostolicam actuositatem, n. 7; etc.). Ma questo criterio, che stabilisce l’ambito proprio della ragione naturale, si afferma nella nostra cultura, teorica e pratica, con pretese eccessive, perché erige in dogmi negativi le sue prerogative legittime; e facilmente sbarra il progresso della ricerca, e fa della così detta secolarizzazione un secolarismo, dell’attività laica un laicismo, della scienza critica e positiva una demitizzazione sistematica e un neo-positivismo con tendenze puramente fenomenologiche (cfr. lo strutturalismo), dello studio profano un’aggressiva desacralizzazione; cioè tende a ridurre l’area della cultura entro i confini delle possibilità utili e pratiche, a togliere da ogni campo del sapere e dell’azione dell’uomo il pensiero di Dio, a chiudere gli occhi sul mistero della sua incombente e insopprimibile Realtà, a fiaccare lo sforzo «religioso», a impedire il processo ascensionale dello spirito e a placare le native e profonde aspirazioni dell’uomo con inadeguate risposte, limitandogli l’orizzonte alle cose esterne e sensibili, al livello pur degno, ma chiuso e insufficiente dei beni temporali, illudendolo così con precarie e insufficienti felicità.

Ci si dimentica che l’uomo in tutto il suo essere spirituale, cioè nelle sue supreme facoltà di conoscere e di amare, è correlativo a Dio; è fatto per Lui; e ogni conquista dello spirito umano accresce in lui l’inquietudine, e accende il desiderio di andare oltre, di arrivare all’oceano dell’essere e della vita, alla piena verità, che sola dà la beatitudine. Togliere Dio come termine della ricerca, a cui l’uomo è per natura sua rivolto, significa mortificare l’uomo stesso. La così detta «morte di Dio» si risolve nella morte dell’uomo.

CON LE SUE SUPREME FACOLTÀ L'UOMO È FATTO PER IDDIO

Non siamo Noi soli ad affermare una così triste verità. Ecco una testimonianza che è stata lasciata da un coltissimo scrittore d’avanguardia e infelicissimo tipo della cultura moderna (Klaus Mann, figlio di Thomas). Egli scriveva: «Non vi è speranza. Noi intellettuali, traditori o vittime, faremmo bene a riconoscere la nostra situazione come assolutamente disperata. Perché dovremmo farci delle illusioni? Siamo perduti! siamo vinti! La voce che pronunciò queste parole - prosegue la testimonianza -, una voce un tantino velata, ma pura, armoniosa e stranamente suggestiva, era quella di uno studente di filosofia e di letteratura, con cui mi incontrai per caso nella antica città universitaria di Upsala. Ciò che aveva da dire era interessante, ed era comunque caratteristico: ho sentito analoghe dichiarazioni di intellettuali in ogni punto d’Europa . . . E disse con una voce non più del tutto sicura: Dovremmo abbandonarci alla disperazione assoluta . . .» (Il Ponte, 1949, 1463-1464).

PENSIAMO AL SIGNORE!

Figli carissimi, per noi no, non è così. La ricerca non è né arrestata dalle concezioni materialistiche, o agnostiche della mentalità contemporanea, né delusa dalla sua sempre incompleta soddisfazione. Per noi è sempre doverosa e fruttuosa. La ragione, sorretta dalla fede, e la fede dalla grazia, camminano senza posa verso il Dio invisibile (cfr. S. Agostino, De videndo Deo, Ep. 147; P.L. 33, 596 ss.); e questo cammino è polarizzato, in tante diverse maniere, verso la meta centrale della nostra vocazione umana e cristiana (cfr. S. Benedetto: si vere Deum quaerit . . . Reg. 58); ed anche in questo continuo e faticoso nostro itinerario verso la Verità, ch’è la Vita, la ricerca ha un suo dinamismo, che la ristora e la rinfranca, per la felicità della incipiente scoperta: «Si cerca Dio - dice ancora S. Agostino - per trovarlo più dolcemente, e lo si trova per cercarlo ancora più avidamente: quaeritur ut inveniatur dulcius, et invenitur ut quaevatur avidius» (De Trin. 15, 2; P.L. 42, 1058).

Ma come si fa?, voi Ci chiederete. Oh, il discorso si fa ancora più difficile e più lungo! Ci si potrà forse ritornare; ma non adesso. Ora vi basti un monito, che fece a Noi grata e grave impressione, quando lo leggemmo, or sono non pochi anni, in una fotografia di un’affollatissima via d’una grande città olandese; uno striscione, sospeso sopra il traffico febbrile della strada, da una casa all’altra di fronte, portava, a grandi caratteri, queste parole: pensate a Dio. Strano questo richiamo calato nel movimento .affaccendato e profano della vita moderna; ma sapiente. Pensiamo a Dio! Egli è sempre vicino. Noi ne abbiamo sempre bisogno. L’incontro, conturbante e felice, è sempre possibile: sì, pensiamo a Dio. Con la Nostra Apostolica Benedizione.


Sacerdoti e Religiosi in partenza per il sud America

Uno speciale saluto vogliamo rivolgere al gruppo di sacerdoti, religiose e religiosi italiani, i quali, in procinto di partire per l’America Latina, hanno partecipato al corso di preparazione promosso dal Comitato Episcopale Italiano per l’America Latina.

È sempre una gioia per Noi incontrarci coi Nostri cari missionari. Li consideriamo come i figli più generosi, i più vicini al Nostro cuore. Ma la vostra visita, diletti figli, aggiunge una nota che rende ancor più gradita a Noi la vostra presenza: la destinazione vostra al lavoro missionario nell’America Latina. Ciò ridesta in Noi l’emozione soavissima che Ci ha lasciato nell’animo il Nostro recente viaggio in quel continente benedetto da Dio; e nello stesso tempo richiama alla mente i gravi ed urgenti problemi che la Chiesa deve affrontare in quelle regioni, per salvaguardare e sviluppare sempre più un patrimonio inestimabile di fede e di civiltà cristiana.

Dando vita a un organismo che ha Io scopo di occuparsi di questi problemi, le Diocesi e gli Istituti Religiosi italiani hanno dimostrato un senso di responsabilità che fa onore a loro in quest’ora storica della Chiesa. Ci rallegriamo volentieri coi promotori di questa benemerita iniziativa, e Ci auguriamo che così magnifico esempio di carità e comunione ecclesiale apporti in abbondanza i desiderati frutti.

Ma in modo particolare Ci rallegriamo con voi, figli dilettissimi, per la risposta pronta e generosa che avete dato alla voce delle anime imploranti aiuto. Una raccomandazione vorremmo affidare alla vostra riflessione. In mezzo ai rischi dell’eccessivo attivismo e della secolarizzazione a cui sono esposte oggi più che mai le anime consacrate nello svolgimento delle loro attività apostoliche, occupino sempre il primo posto l’unione con Dio, la cura della vita interiore, il ricorso alla preghiera. Diversamente, si disperderebbero energie preziose e si comprometterebbe l’efficacia dei programmi pastorali anche più sapientemente studiati ed elaborati. A questo scopo Noi pregheremo il Signore affinché vi assista continuamente e voglia fecondare le vostre fatiche e i vostri propositi; e in pegno delle celesti grazie vi impartiamo l’Apostolica Benedizione.

I Rettori dei Santuari d’Italia

Rivolgiamo ora un fervido saluto ai Presuli, ai Sacerdoti e Religiosi, Rettori dei Santuari d’Italia, che partecipano al loro IV Convegno Nazionale. La vostra presenza porta qui il ricordo, tenerissimo e pio, dei numerosi Santuari, che, in ogni regione italiana, si ergono a testimonianza singolare delle celesti predilezioni e di eventi taumaturgici, richiamando folle di fedeli, che là si rinnovano interiormente nella preghiera e nella penitenza, nell’incontro vivo con Cristo eucaristico. Vi incoraggiamo paternamente nello sforzo che state compiendo - di cui è prova tanto confortante il seguito dei vostri Congressi - di inserire l’attività, organizzata nei vostri Santuari, in un piano sempre più vasto e organico di ministero pastorale efficiente e comunitario, nelle odierne condizioni della vita sociale. Sappiate essere i preziosi collaboratori dei Vescovi nel dovere, oggi necessario e urgente, di una completa formazione cristiana delle coscienze; e sappiate essere i preziosi strumenti della grazia per l’opera che silenziosamente si svolge nel segreto delle anime, disponendo di ogni mezzo, che avete a disposizione, per il conseguimento di finalità tanto importanti.

Vi assistano e illuminino i vostri santi titolari, e soprattutto la Vergine Maria, che dai suoi innumeri templi continua a chiamare i suoi figli all’effettiva metanoia cristiana. E mentre vi chiediamo altresì di far ricordare le Nostre intenzioni presso quei luoghi di intensa pietà, di cuore vi impartiamo la Nostra particolare Apostolica Benedizione, che estendiamo ai vostri collaboratori, e alle opere legate ai singoli Santuari d’Italia.

L’apostolato della bontà nella scuola

Ed ora siamo a voi, carissimi alunni della Scuola per Nomadi «Lacio Drom», di Cuneo, che avete vinto per il commovente fervore della vostra generosità il Premio annuale «Livio Tempesta», del Centro Nazionale Apostolato della Bontà nella Scuola. Vi indichiamo all’ammirazione e all’applauso di questa assemblea: e siamo lieti di dirvi tutta la Nostra letizia per quanto avete saputo compiere sia per arricchire la vostra mente nella scuola, amorevolmente impartita dalle vostre insegnanti, sia per irraggiare attorno a voi la bontà del vostro cuore, facendo giungere a chi è nella sofferenza l’espressione della vostra solidarietà e della vostra amicizia.

Bravi, cari ragazzi: ve lo diciamo di cuore, e, soprattutto, ve lo diciamo a nome di quel Gesù, che tanto vi ama, e di cui siamo qui in terra l’umile Vicario. Nel suo amore vi benediciamo, come benediciamo i vostri genitori e parenti, e tutte le care Personalità, qui presenti, che si dedicano alla vostra cura col prestigio della loro funzione e con l’assillo della loro cristiana sensibilità. Tutti ricompensi il Signore con la pienezza delle sue consolazioni!

Encomiabile impegno d’una Confraternita Romana

Rivolgiamo inoltre il Nostro paterno saluto ai Dirigenti della Confraternita di S. Maria della Quercia in Roma.

Sappiamo, diletti figli, il fervore con cui attendete alle varie opere di carità e di apostolato lodevolmente promosse dalla vostra Confraternita. Ciò reca conforto al Vescovo della vostra Diocesi; e nello stesso tempo dice a Noi l’impegno con cui voi cercate di corrispondere al singolare privilegio di essere figli di Roma cattolica. Roma non può appagarsi di cristiani mediocri; e per questo Noi vi esortiamo a dar sempre prova di fede viva, di carità operosa, di fedeltà al Successore di Pietro, affinché sempre più rifulga dinanzi al mondo il volto sacro del centro della cattolicità.

A tal fine impartiamo a voi, a tutti i vostri familiari e alla vostra Confraternita la Nostra Apostolica Benedizione.

                                             



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