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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 16 settembre 1970

 

La sicurezza della verità nell'annuncio del messaggio cristiano all'uomo d'oggi

Il pensiero, che guida questi nostri colloqui sulla mentalità degli uomini del nostro tempo in ordine alla religione, alla fede in Dio ed in Cristo, è quello di scoprire come e perché oggi essi, gli uomini moderni, siano areligiosi o irreligiosi, mentre noi siamo convinti che proprio in virtù delle ragioni, che sembrano giustificare tali loro atteggiamenti negativi, e che possiamo ridurre alle obiezioni correnti: il progresso della cultura e le trasformazioni sociali, la religione cattolica potrebbe e dovrebbe avere migliore accoglienza e migliore espressione. Siamo convinti cioè che la nostra fede è fatta per l’uomo, per quello a noi contemporaneo ancora più che per quello di ieri; non è una alienazione la fede, non è un artificio caduco, non è una concezione sorpassata, non è una scienza sterile e ingombrante; è una luce, è una pienezza, è una vita, di cui tanto maggiore è il bisogno, e tanto maggiore il godimento, quanto più progredito, più colto, più maturo, più adulto, più avido di certezza è l’uomo che ne faccia la liberatrice e redentrice esperienza (Cfr. J. DANIÉLOU, L’avenir de la religion, Fayard, Paris 1968).

Ed allora ecco la grande questione: come mai oggi è così difficile fare accettare la religione all’uomo moderno? Non è forse in atto una decadenza religiosa? Non sono forse sfavorevoli le disposizioni della psicologia umana al pensiero di Dio, alla religione, alla fede accolta e vissuta? La questione è troppo vasta e complessa per darvi pronta e semplice risposta. Essa esigerebbe, innanzi tutto, una analisi ampia ed accurata delle condizioni, in cui la società e i singoli individui si trovano, per dire qualche cosa circa questa diffusa predisposizione negativa a riguardo della religione. Noi ora non ne faremo parola; ma siccome tanto si discute della «crisi religiosa» in atto, sarà bene che ciascuno vi rifletta da sé: perché oggi la gente sembra diventare quasi refrattaria alla religione? Per quali idee, per quali costumi, per quali maestri, per quali fenomeni, per quali ambienti? Proponiamo il problema a ciascuno di voi.

LA FEDE E L’UOMO

Noi invece, in questo breve incontro, proponiamo il problema sotto un altro aspetto, che riguarda non tanto l’uomo restio, indifferente, o ostile al messaggio religioso, ma piuttosto il maestro che lo propone; vogliamo dire il modo, la forma, il metodo, il linguaggio, lo zelo, l’amore, con cui tale messaggio è proposto. Questo aspetto della questione religiosa è oggi studiatissimo. Ci si domanda, per tutto dire in una parola: come presentare la religione cattolica oggi alla nostra generazione? È la questione capitale del rapporto fra la fede e l’uomo, vista innanzi tutto sotto l’angolo visuale pedagogico: come annunciarla? come renderla comprensibile? accettabile? gradita? efficace? moderna? Non sarebbe da imputare al modo, un modo vecchio, astruso, staccato dalla vita, contrario alle tendenze e ai gusti del tempo, al modo, diciamo, di insegnare e di predicare la fede, se questa non trova uditori e fedeli? Non occorre forse rinnovare il «kérygma», cioè l’annuncio del messaggio cristiano, se vogliamo che incontri ascoltatori e seguaci?

Qui, se avessimo tempo, dovremmo fermarci, perché, come ognuno vede, l’importanza del rapporto suddetto, tra fede e uomo, è decisiva, per l’una e per l’altro. Che cosa infatti fa la Chiesa: il vescovo, il pastore, il maestro, l’apologista, il catechista, il missionario, lo scrittore, il predicatore, il teologo, se non il continuo tentativo di accostare la Parola di Dio alla vita umana, affinché questa trovi salvezza in quella Parola? Noi tralasciamo qui un lato importantissimo, ma misterioso, della questione: l’accettazione salvatrice della Parola di Dio è una grazia; entriamo nella delicatissima problematica della grazia, la quale è un dono, verso il quale la libertà umana è responsabile, ma non efficiente; coopera, ma non opera, così che restano tremendamente vere le parole di Gesù: vi sono quelli che guardano e non vedono, ascoltano e non capiscono (Matth. 13, 13); senza la grazia «a nulla giova all’uomo la predicazione della verità», dice S. Agostino: Nihil prodest homini omnis praedicatio veritatis (S. AUG., De civ. Dei, XV, 6; PL 41, 442). Segreto di Dio, alla fine, l’efficacia dello sforzo religioso, da chiunque compiuto.

L'ARTE DI SPIEGARE

Ma ci limitiamo a rilevare la saggezza e il pericolo dello sforzo di commisurare l’insegnamento religioso all’attitudine recettiva del discente, persona o popolo che sia. La saggezza: qui vi è tutto il genio apostolico della Chiesa, l’arte cioè di diffondere, di spiegare, di fare in qualche misura capire, di proporzionare la dottrina del Signore alla mente, e anche alla mentalità dell’alunno, cioè dell’uomo bisognoso di istruzione religiosa. Non è stato questo uno degli intenti del Concilio? uno degli intenti della riforma liturgica, rendere comprensibile il rito? non forse a questo fine si sono introdotte le lingue parlate nel culto e nello studio teologico? non è forse l’assillo costante dell’insegnamento della religione quello di presentarla in forme ed in termini accessibili e gradevoli? di adeguarla all’età, all’indole, alla cultura di coloro ai quali l’esposizione della dottrina è rivolta?

Talmente è grande questo dovere di tenere conto della capacità intellettiva e spirituale di quanti si affacciano alle soglie della fede, che non è mai abbastanza compiuto; ed è in questo continuo impegno di trasmissione non vana della dottrina religiosa che si manifesta quella caritatem veritatis, carità della verità (2 Thess. 2, 10) propria della Chiesa. Ma quest’ansia di moltiplicare i mezzi e le forme di espressione dell’insegnamento religioso cattolico obbedisce ad una legge fondamentale: che la integrità della dottrina non sia violata. La verità religiosa, rivestita da espressione linguistica diversa, contenuta in brevi formule catechistiche, o diffusa in trattati teologici, interpretata secondo l’uno o l’altro sistema filosofico, purché sempre conforme a sana ragione (Cfr. Gravissimum educationis, 7, 10; ecc.), deve essere sempre autentica, e almeno virtualmente completa, anche se messa a confronto con le diversissime condizioni della vita umana.

TENTAZIONE MOLTEPLICE

Ma questo sforzo per sé lodevolissimo di fare accettare la dottrina religiosa agli uomini del nostro tempo nasconde, anzi oggi manifesta un pericolo, una tentazione molteplice, che possiamo qui chiamare relativismo dottrinale.
Occorre una fede per il nostro tempo, si dice: sta bene; il Concilio, specialmente nella Costituzione Gaudium et spes, tutta intenta a stringere i rapporti fra la Chiesa ed il mondo, e a mettere in evidenza i valori della creazione, dell’uomo considerato nella sua vita naturale, del progresso moderno, c’insegna come la nostra fede ancor oggi sia fatta per la salvezza umana; ma non perché prende a misura della fede le opinioni degli uomini, ma perché cammina, secondo il Concilio, con la sua paradossale Croce, scandalo e stoltezza per il mondo, forza e sapienza di Dio (Cfr. 1 Cor. 1, 20 ss.), che umilmente e coraggiosamente portata dai credenti avrà ancora oggi la virtù di convertire gli uomini alla salvezza di Cristo. È quello che si attende dai Pastori e dai Fedeli del Popolo di Dio; da noi tutti, persuasi che senza questa caratteristica della verità, la sicurezza della verità religiosa, la fedeltà, sarebbe vano e precario ogni tentativo di chiamare altri ad ascoltare Cristo.

Pellegrini di Ferrara e di Comacchio

Il nostro particolare saluto va oggi ai numerosi pellegrini di Ferrara e Comacchio, guidati dal loro caro e venerato Pastore, Monsignor Natale Mosconi.
Siate i benvenuti, figli carissimi ! Se grande è la vostra gioia per questo incontro col Vicario di Cristo, non minore è la consolazione che Noi stessi proviamo nell’accogliervi, e soprattutto nel sapere che il vostro pellegrinaggio conclude un ciclo missionario quinquennale, che si è felicemente svolto nella diocesi di Ferrara e continuerà in quella di Comacchio.
Sappiamo inoltre che il vostro pellegrinaggio si ispira pure ad un motivo di filiale devozione verso la Nostra umile persona, poiché con esso voi intendete ricordare il Nostro giubileo sacerdotale. Siamo profondamente sensibili a tanta affettuosa e devota attenzione, e vi ringraziamo di cuore. Ci terremo pertanto sicuri delle vostre preghiere per i bisogni del Nostro apostolico ministero, e ricambieremo con le Nostre l’omaggio filiale, chiedendo a Dio per tutti voi che, rinvigoriti nella fede presso la tomba di Pietro, possiate riprendere con rinnovato vigore i vostri propositi di vita cristiana, facendo sempre onore a Cristo e alla Chiesa e collaborando generosamente coi vostri Pastori per la diffusione del Regno di Dio.
A tanto vi conforta la Nostra Apostolica Benedizione, che amiamo impartire a tutti voi qui presenti, alle vostre famiglie, e alle vostre dilette diocesi.

Enti di assistenza ai carcerati

Salutiamo con una parola di vivo elogio ed incoraggiamento i partecipanti alla Quarta Assemblea Generale degli Enti di Assistenza ai Carcerati, organizzata dall’omonimo Segretariato Generale. Vogliamo dirvi, carissimi, tutta la Nostra compiacenza per l’azione disinteressata, fraterna, delicata, silenziosa, che svolgete in favore di quanti scontano pene giudiziarie, per assisterli nella dolorosa situazione, in cui si trovano, per occuparsi delle loro famiglie, e per aiutarli a reinserirsi nella società, a fronte alta e con la coscienza tranquilla, orientata decisamente ai veri ideali della vita civile.
È un alto impegno, il vostro, una grave responsabilità, che richiede l’appoggio di molti: e ci consola apprendere che fate quanto è in voi per stimolare ogni cittadino a condividere le vostre sollecitudini. Facciamo voti che questo invito incontri altre anime generose, che vengano a ingrossare le vostre file, accogliendo così la parola del Concilio sull’apostolato dei laici: «Ovunque vi è chi manca di cibo e di bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione, dei mezzi necessari per vivere una vita veramente umana, chi è afflitto da tribolazioni e da malferma salute, chi soffre l’esilio o il carcere, quivi la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli, porgendo loro aiuto» (Apostolicam actuositatem, 8).
Vi conforti il pensiero che siamo con voi con l’affetto e con la preghiera, perché svolgete un apostolato tanto meritorio; e di cuore impartiamo a voi, ai vostri cari, e a tutti gli assistiti dai vostri Enti la Nostra Benedizione.

Religiose insegnanti

Con profonda consolazione accogliamo stamane il folto gruppo di Religiose insegnanti di vari Istituti, convenute a Roma per un Corso di aggiornamento promosso dalla Federazione Istituti dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica.
Salutiamo affettuosamente queste Nostre figlie, così vicine al Nostro cuore e tanto benemerite, e cogliamo l’occasione per dare loro l’aperta testimonianza della Nostra compiacenza, della Nostra stima e della Nostra benevolenza.
Sappiamo che l’oggetto del vostro Corso riguarda i nuovi orientamenti didattico-pedagogici per l’insegnamento nelle Scuole materne ed elementari. Già la vostra partecipazione così numerosa al Corso ci attesta la serietà e lo zelo con cui voi attendete all’apostolato della scuola, che ha sempre costituito per l’azione educativa della Chiesa uno dei campi più delicati e più ricchi di promesse. Vi esprimiamo pertanto la Nostra gratitudine; e mentre formuliamo voti per il costante sviluppo di così provvide iniziative, vi incoraggiamo a proseguire nel vostro lavoro con l’assicurazione del Nostro affetto e soprattutto della Nostra preghiera, con la quale invochiamo su di voi e sui relatori e promotori del Corso le più elette grazie del Signore.

Alunni dei Corsi di Amicizia

E ora un saluto e una lode particolare a voi, carissimi alunni dei «Corsi di Amicizia con le Lingue», fortunatamente sorteggiati fra tutti i vostri condiscepoli per partecipare ad un viaggio premio a Roma; e un saluto ai vostri genitori e insegnanti, qui presenti, come ai benemeriti responsabili della Mutualità Scolastica Padovana, che organizza i Corsi.
Attraverso lo studio delle lingue, voi venite formati a conoscere a poco a poco i vari popoli, i loro usi e costumi, la loro psicologia, la loro anima; e perciò imparate anche a stimarli e ad amarli. Voi compite una preparazione, che alimenta grandi speranze: davanti alle divisioni, che fanno soffrire gran parte dell’umanità, e di cui giungono ogni giorno notizie tanto penose, fa piacere vedere come le nuove generazioni, come siete voi, abbiano capito che non si costruisce la pace senza la mutua comprensione e l’amicizia tra i popoli. È stata questa la consegna, che abbiamo dato al mondo con la Nostra Enciclica Populorum progressio; e questo è stato l’insegnamento costante di tutti i nostri Predecessori. Bravi, ragazzi carissimi: siete sulla buona strada. E possa il vostro esempio dare frutti sempre più concreti. Studiate, crescete buoni e volenterosi, fedeli al Vangelo, ben disposti verso tutti i fratelli: e il Signore vi guarderà sempre con tanta predilezione. Nel suo nome tutti vi benediciamo.

Nos complacemos en dirigiros un particular saludo de bienvenida, amadísimos hijos colombianos, que habéis querido venir hasta Roma para reiterarnos vuestro filial afecto.
Como ya lo hicimos durante Nuestro viaje inolvidable a vuestro queridísimo País, os animamos a conservar y acrecentar el tesoro de vuestra fe cristiana, dando a vuestra vida religiosa una perspectiva cada día más operante al servicio de todos, de manera que estéis siempre en primera línea cuando se trate de colaborar en el progreso espiritual, humano y social de vuestra Patria.
En prenda de abundantes gracias celestiales, os impartimos de corazón a vosotros, a vuestras familias y a Colombia entera, Nuestra paternal Bendición Apostólica.

                   



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