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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 24 gennaio 1973

 

«Credo nella Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica»

Oggi, Fratelli e Figli carissimi, un pensiero, - un’idea, una Verità, una Realtà - si accende davanti agli occhi dei nostri animi, richiama i nostri sguardi, li assorbe, li riempie, al tempo stesso, d’entusiasmo e di affanno, com’è proprio delle cose che captano l’amore. Qual è questo pensiero? È quello dell’unità della Chiesa. Appena capito nel suo significato generale, esso ci prende, esso ci domina. L’unità: subito si impone per la sua forza logica e metafisica; riferito alla Chiesa, cioè all’umanità chiamata da Cristo ad essere una cosa sola con Lui e in se stessa; esso c’incanta per la sua profondità teologica; esso poi ci tormenta per il suo volto storico, di ieri e ancora di oggi, sanguinante e sofferente come quello di Cristo crocifisso; esso ci rimprovera e ci risveglia, come un suono di tromba, il quale ci chiama con l’urgenza d’una vocazione, che diventa attuale e caratteristica nel tempo nostro; esso, il pensiero dell’unità, irradia sulla scena del mondo cosparso dalle avulse, magnifiche membra e dalle rovine di tante Chiese, isolate alcune come autosufficienti, frantumate altre in centinaia di sette, tutte invase ora da due forze contrastanti in una commovente tensione, centrifuga l’una, fuggente, autonomista, verso mete scismatiche ed eretiche; centripeta l’altra, la quale esige con rinata nostalgia la ricomposizione dell’unità, che Roma, non priva certo di colpe e carica per se stessa d’immensa responsabilità, si ostina, come proprio dovere, che sa di testimonianza e di martirio, materna e impavida, ad affermare ed a promuovere, la forza autenticamente ecumenica ed unitaria, che va cercando il suo principio e il suo centro, la base, che Cristo, la vera pietra d’angolo dell’edificio ecclesiale, scelse e fissò, in sua vece, per significare e perpetuare il cardine del suo regno . . . . e ancora esso, questo pensiero dell’unità, si riverbera nel foro interno di tante anime pensose e religiose, suscitando in esse un problema spirituale: come rispondo io a questo imperativo dell’unità?

«Credo nella Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica». Quanto spesso queste parole del Credo salgono alle nostre labbra durante le preghiere pubbliche o private; e quanto spesso noi dobbiamo considerarle e meditarle perché esprimono la grande verità che «Cristo ha costituito sulla terra e incessantemente sostenuta la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità» (Lumen Gentium, 8) e comunicando il suo Spirito per essa opera in noi e con noi nel mondo per la sua salvezza.

«La Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Ibid. 1).

Se ogni parola di questa nostra professione di fede merita di essere meditata, le circostanze particolari di questo momento ci suggeriscono di considerare, oggi insieme, una parte di essa: Credo nella Chiesa Una. Infatti noi siamo oggi impegnati nella celebrazione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, e in questo periodo particolare i Cristiani di tutto il mondo pregano il Signore nostro Padre, affinché l’unità ecclesiale che professiamo nel Credo, si realizzi concretamente e in modo visibile nella nostra vita.

Noi abbiamo letto ed udito frequentemente le parole dell’Apostolo Paolo: «Un solo corpo e un solo Spirito, siccome anche, grazie alla vostra vocazione, siete stati chiamati a una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, e agisce per mezzo di tutti, ed è in tutti» (Eph. 4, 4-6); «Tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal. 3, 28); «Ora vi è varietà di doni, ma è lo stesso Spirito; vi è varietà di ministeri, ma è lo stesso Signore, vi è varietà di operazioni, ma è lo stesso Dio che opera tutto in tutti» (1 Cor. 12, 4-6); «E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, poiché ad essa foste pure chiamati formando un solo corpo» (Col. 3, 15).

E soprattutto le parole sublimi del Signore ci sollecitano irresistibilmente: «Affinché tutti siano una sola cosa, siccome tu, o Padre, sei in me ed io in te, anch’essi siano uno in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Io. 17, 21).

Queste parole di nostro Signore e del Suo grande Apostolo hanno un valore universale. Esse sono destinate a toccare le menti ed i cuori di tutti i Cristiani, ad essere fonte di ispirazione e a guidare le azioni di tutti coloro che portano il nome di Cristo. Ci ricordano il dono divino dell’unità, ma nello stesso tempo anche l’obbligo che incombe agli uomini, all’unità. Il Concilio Vaticano II, quasi riassumendo la propria dottrina sul mistero della Chiesa, dice: «È questa l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica, e che il Salvatore nostro, dopo la sua risurrezione, diede da pascere a Pietro (Cfr. Io. 21, 17), affidandone a lui e agli altri Apostoli la diffusione e la guida (Matth. 28, 18 ss.), e costituì per sempre colonna e sostegno della verità» (Cfr. 1 Tim. 3, 15; Lumen Gentium, 8).

Le lettere di S. Paolo citate sopra contengono una teologia profonda, ma non costituiscono un trattato teorico. Esse erano dirette alla situazione concreta nelle Chiese di Efeso, Corinto, Colossi. Nella preghiera sacerdotale per l’unità Gesù parlava nell’intimo circolo dei suoi Apostoli, riferendosi però a tutti quelli che per la parola degli Apostoli crederanno in Lui (Cfr. Io. 17, 20).

Perciò se i principii enunciati da Gesù e dall’Apostolo hanno un valore universale, per tutti i Cristiani di ogni tempo, essi ricevono la loro concreta attuazione in comunità particolari e attraverso queste comunità.

L’unità che è un vero dono di Cristo, si sviluppa e cresce nella situazione concreta rappresentata dalla vita delle comunità cristiane. La comprensione dell’importante ruolo delle comunità particolari, delle Chiese particolari è stata formulata chiaramente dal Concilio: «I singoli Vescovi sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale, e in esse e da esse è costituita l’una e l’unica Chiesa cattolica» (Lumen Gentium, 23; cfr. BOSSUET, Œuvrer, vol. XI, lettre IV, pp. 114 ss.).

Infatti l’unità della Chiesa, che, come dicevamo, nel carisma storico della Chiesa cattolica intera e romana in ispecie, è già realtà, nonostante le deficienze degli uomini che la compongono, tuttavia non è completa, non è perfetta nel quadro statistico e sociale del mondo, non è universale. Unità e cattolicità non si pareggiano, sia nella sfera che più esige tale corrispondenza, la sfera dei battezzati e dei credenti in Cristo, e sia tanto più in quella dell’intera umanità vivente sulla terra, dove la maggior parte dei viventi ancora non aderisce al Vangelo. Sono questi i due grandi problemi della Chiesa, quello ecumenico e quello missionario, drammatico l’uno e l’altro.

Noi oggi parliamo del primo, cioè dell’unione dei Cristiani in un’unica Chiesa.

E vorremmo indicare come una delle vie di soluzione, anche se già nota, lunga, delicata e difficile, il dovere e la possibilità di interessare alla questione ecumenica le Chiese locali, in armonia, s’intende (se non vogliamo peggiorare, piuttosto che migliorare la situazione), con la Chiesa universale e centrale.

Noi vediamo quanto sia importante che le Chiese particolari della comunione cattolica valutino i loro compiti e le loro responsabilità ecumeniche caratteristiche.

Mediante la Chiesa particolare la Chiesa cattolica è presente nello stesso ambito locale e regionale nel quale vivono ed operano anche altre Chiese e Comunità cristiane. Spesso la instaurazione di contatti e relazioni fraterne si rivela più facile in questo contesto.

Con tutto il nostro cuore, perciò, noi esortiamo tutti i nostri Fratelli e Figli a far sì che l’impegno per l’unità dei Cristiani divenga parte integrale della vita anche delle Chiese particolari.

«Il dialogo di carità», l’espressione tanto cara al nostro venerato e compianto fratello, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Atenagora, si può realizzare pienamente tra persone e comunità che hanno un frequente contatto reciproco, condividono sofferenze e speranze, si aprono l’una all’altra, e, insieme, allo Spirito operante in loro nel corso delle concrete esperienze della loro vita.

La cattolicità e l’unità della Chiesa si manifestano nella capacità delle Chiese particolari e dell’insieme di radicarsi in mondi, tempi e luoghi diversi; di ritrovarsi in ogni mondo, tempo e luogo in comunione vicendevole.

L’unità a livello locale è sempre un segno e una manifestazione del mistero dell’unità che è il dono del Signore alla Chiesa. Le Chiese particolari possono essere con le loro esperienze di arricchimento per il movimento ecumenico nel suo insieme, possono dare un contributo fecondo per tutta la Chiesa. Nello stesso tempo riceveranno suggerimenti e direttive provenienti dal Centro dell’unità cioè dalla Sede Apostolica, «universo caritatis coetui praesidens» (IGN Ad Rom., Inscr.), per essere aiutate nei loro problemi e per saper giudicare della validità e della fecondità delle proprie esperienze.

«Credo nella Chiesa Una» - questa professione di fede ci sospinge, allora, a consacrare noi stessi alla causa dell’unità dei Cristiani, con tutto l’ardore di cui siamo capaci, e con tutte le possibilità che la vita della Chiesa ci offre a molti livelli.

Cari Figli, in questa settimana di preghiera per l’unità comune a tutti i Cristiani, noi tutti chiediamo perdono per i difetti commessi contro questo grande dono superiore ad ogni nostro merito. Uniamoci di cuore con la sublime preghiera di Gesù, che Egli, come sacerdote e come vittima, rivolse al Padre per la sua Chiesa: «perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, Egli disse, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Io. 17, 21).

Sicuri che questa voce divina trovi eco nelle vostre anime, noi mandiamo oggi ai Fratelli separati un affettuoso, rispettoso saluto; e tutti di cuore vi benediciamo.

Maestranze della «So-Lac» di Frosinone

Porgiamo un saluto ai dirigenti e alle maestranze della «So- Lac» di Frosinone, che hanno desiderato di ricevere la nostra Benedizione nella lieta circostanza del primo ventennio di attività della loro azienda. Noi siamo ben lieti di corrispondere alla vostra nobile aspirazione, carissimi figli e figlie. Sappiamo che la vostra Società è sorta come risposta alle esigenze di assistenza alimentare dell’Amministrazione per le Attività Assistenziali Italiane e Internazionali, e che, nel suo sviluppo, non ha perduto di vista le finalità sociali che le diedero la spinta iniziale. Effettivamente, la vostra opera si colloca su di un piano di servizio alla comunità dei fratelli, per provvedere un alimento di prima necessità, specialmente per i piccoli e per gli anziani: e per tale impegno vi elogiamo, come vi incoraggiamo a mantenere sempre alto questo spirito di sensibilità verso la necessità dei fratelli, che deve formare la caratteristica principale del cristiano che svolge la sua attività, qualunque essa sia, per la elevazione del mondo. È questo, fra l’altro, l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa: rimanendovi fedeli, costruirete sempre qualcosa di buono, di valido, di duraturo, per la società come per voi stessi. È il nostro augurio, e la nostra preghiera, con cui invochiamo le abbondanti grazie del Signore su di voi e sulle vostre care famiglie.

                                              



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