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SACRO RITO DELLA «DOMINICA IN PALMIS»

OMELIA DI PAOLO VI

II Domenica di Passione, 3 aprile 1966

 

Ai Fratelli e figli carissimi, specialmente ai giovani della Città di Roma presenti al sacro Rito, il saluto del Padre e l’invito a sostare un momento in meditazione sul racconto, ora riascoltato, della Passione del Signore.

Esso ci introduce nella Settimana Santa, e subito ci rendiamo conto di ciò che i prossimi giorni rappresentano e vogliono produrre nelle nostre anime. Quali pensieri suscita questa Settimana, per antonomasia detta la «Grande»? Quelli intorno ai fatti conclusivi della vita temporale del Signore; cioè il ricordo della sua Passione, della sua Morte e poi della sua Risurrezione.

Conosciamo questi avvenimenti: e ce li ripresentiamo per la loro importanza e per i riflessi che essi riverberano sopra di noi.

CONTINUITÀ E PRESENZA
DELLA PIÙ ALTA REALTÀ

Perciò, insieme con quanto storicamente è accaduto, logica emerge la considerazione delle verità insite negli stessi eventi: quelle appunto che riguardano le conseguenze della Passione sull’umanità e nelle nostre anime. Questo profondo riflesso è la Redenzione. Noi celebriamo la memoria e l’origine del nostro riscatto, meditiamo in quale maniera il Signore ci ha salvati, che cosa ha fatto per risollevarci dalla nostra miseria personale, redimerci dal peccato e salvare tutto il genere umano.

Occorre por mente ad un concetto importantissimo. Non si tratta qui di semplice memoria, di ricordo, di atto celebrativo, come potrebbe essere per qualsiasi altro avvenimento di cui la storia conservi la traccia. Qui è una continuità viva; è una specie di reviviscenza; è un ripetersi incessante del fatto storico, pur se già finito e consumato. Esso si riproduce, rivive spiritualmente e misticamente nelle anime, in ciascuno di noi. Questa capacità di ripetersi, di riverberarsi - è stato detto - nelle anime è definita il Mistero pasquale. Proprio tale Mistero ci dice che siamo dinnanzi a una presenza, e non soltanto ad un ricordo di cosa lontana: si tratta di una realtà sempre attuale, nostra. È simile ad un faro acceso, i cui raggi si ripercuotono negli occhi di chi lo contempla da lontano o in tanti specchi che ne riproducono le luci. Precisamente così è di noi rispetto a Cristo; ai fatti centrali della storia dell’umanità; del principio della nostra Religione; dei destini del mondo. Basta avere l’attitudine di accogliere e conservare siffatti splendori. Chi è disattento, distratto, infedele, non si accorgerà del passaggio misterioso dei raggi di Cristo. Colui, invece, che ha l’anima attenta - come noi con la nostra fedeltà - sicuramente riceve provvido beneficio, partecipando, così, alla Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, ricevendo, perciò, il dono della salvezza.

Questa mattina abbiamo rievocato soprattutto due tratti, due momenti. Il primo, richiamato nella Cappella Sistina, è l’ingresso glorioso del Signore in Gerusalemme; il secondo la Passione secondo San Matteo, con la narrazione della condanna, delle sofferenze e del sacrificio supremo del Salvatore. Soffermiamoci alquanto - prosegue il Santo Padre - sul primo fatto. Esso è noto a tutti i cari ascoltatori.

DA BETANIA A GERUSALEMME:
TRIONFO DEL MESSIA LIBERATORE

Al primo giorno della Settimana così alta e determinante, Gesù si trova in Betania con i suoi discepoli e con grande folla, ivi accorsa per avere notizie ulteriori sullo strepitoso prodigio della risurrezione di Lazzaro. Ad un certo momento il Divin Maestro dice: Andiamo a Gerusalemme; ed indica le modalità del trasferimento. Procedendo verso la città, salgono al Monte degli Ulivi e sostano nel villaggio denominato Betfage. Qui avviene qualche cosa di singolare. Gesù, che non aveva mai tenuto a comparire, ad emergere, anzi, giammai aveva desiderato esaltazioni della sua Persona, decide di entrare con solennità in Gerusalemme, in quei giorni delle ricorrenze pasquali più che mai rigurgitante di folla. I discepoli sono i primi a comprendere, e con i loro mantelli adornano l’umile cavalcatura prescelta. Altri, moltissimi, si uniscono a loro nello slancio, e drappi vengono distesi lungo il percorso dell’improvvisato corteo. È un erompere improvviso di entusiasmo: un grido unanime si leva dal cuore e dalle labbra della moltitudine. Ecco, Gesù è il Messia; il Figlio di Davide; il Desiderato e l’Atteso delle genti e dei secoli; esultiamo tutti: Osanna, osanna!

Il tripudio assume proporzioni tanto vaste che coloro i quali si opponevano a Gesù e non volevano riconoscere il suo divino Mandato, giungono perfino a sollecitare i discepoli del Signore di far tacere gli evviva e disperdere i gruppi osannanti. Il Signore in persona respinge simili proteste. Non si dovevano accogliere. Se tacessero le voci degli uomini, le pietre stesse parlerebbero. E cioè: gli avvenimenti hanno raggiunto la maturità e questa deve esplodere e manifestarsi, poiché è venuta l’ora - annunciata dai profeti - di acclamare il Personaggio centrale non solo della storia di Israele, ma della intera umanità: Cristo.

Dunque, se vi fu chi cercò di sopprimere il trionfo di Cristo; altri, molti, vollero inneggiare alla sua Persona ed al suo insegnamento. Ciò è assai importante. E spiega come la Chiesa sosti un giorno particolare e solenne su questo avvenimento. L’aver riconosciuto Cristo per Messia, il Figlio di Dio fatto Uomo, è il punto rilevantissimo nella successione dei secoli. In quel momento Gesù viene riconosciuto per quello che è: l’inviato da Dio. Quelle voci parlano nel modo più limpido: l’abbiamo aspettato e da Lui riceveremo salvezza; è il nostro Re, Profeta, Salvatore; è Colui che riassume il nostro essere e la nostra speranza.

LE MOLTITUDINI
SCELGONO ACCLAMANO ADORANO GESÙ

A un certo momento ci troviamo tutti - ecco un’applicazione pratica, immediata - di fronte a una scelta. La Chiesa propone l’odierna celebrazione affinché anche noi, dopo tanti secoli, e appunto per il perpetuarsi dell’attualità del Vangelo, prendiamo la nostra decisione. Quale? Dire a Cristo sì o no; dichiarare che gli crediamo o meno; se lo consideriamo come la soluzione dei problemi del mondo o se invece guardiamo a Lui come ad un fenomeno storico interessante in vario grado; se avvertiamo quello che c’è di trascendente, di superno, nel Cristo, o se, al contrario, non ci riteniamo obbligati a rivolgerci a Lui. A Gerusalemme ci fu chi respinse il Signore, al punto da infierire contro di Lui e decretare la sua morte, presentandolo quale disturbatore, menzognero, e negando la sua identità divina. Si aspettavano un Messia fragoroso, potente, un dominatore politico, un condottiero. Gesù, invece, si presentava in forme mansuete, calme, dolci, spirituali, interiori. Non piacque, non fu accettato.

D’altra parte, già allora, vi fu chi credette in Gesù; e lo accolse. Nel giorno delle palme e degli ulivi, il Signore fu solennemente acclamato, in uno scoppio di entusiasmo spontaneo, suscitato da Dio.

Chi fu, dunque, ad accettare il Signore? Il popolo. E chi nel popolo, ebbe le prime parti? Chi accese il fervore e tradusse in gioia quell’incontro? Chi seppe interpretare la grandezza e la spiritualità unica di quel momento? Furono i giovani, i fanciulli. I primi ad avere l’intuito che la loro festa significava una cosa eccezionale, grandissima: riassumeva, nientemeno, il destino della loro patria e si proiettava misteriosamente nel futuro del mondo.

Il singolare trionfo ritorna, oggi come in ogni anno; e il popolo nostro è ancora invitato a decidere, a dire se veramente accetta Gesù come Cristo, Redentore, Salvatore, Colui che guida la storia e risolve tutti i problemi vitali della grande famiglia umana. Pertanto il Papa ripete a quanti lo ascoltano: voi, figlioli, chi scegliete? Già la loro presenza è una risposta chiara, avvivata altresì dai canti, dalle preghiere, dall’ondeggiare festoso dei rami di olivo. Esplicita è la conferma: noi scegliamo Cristo; crediamo che Gesù è veramente il nostro Redentore e Salvatore.

Che sia la gioventù a far questo non solo è stupendo ed è sempre mirabile; ma ciò ha pure un significato di attualità, oltremodo degno di essere considerato e compreso.

I GIOVANI DI FRONTE A DIO
A SE STESSI ALL’UMANITÀ

La gioventù! Che cosa i giovani sentono e pensano di loro stessi? Sembra al Padre delle anime di indovinare le loro aspirazioni quando avverte quasi salire dalle loro file la coscienza che dice: adesso noi giovani vogliamo imporci; siamo noi a decidere. La società tanto si interessa di noi, che da noi attende l’iniziativa e prende disposizioni. Una volta era la società a dirigere la gioventù; adesso la gioventù, nella sua presa di coscienza, nella sua maturità, per quanto precoce, nella rapida evoluzione dovuta alla trasformazione della stessa società e ai mezzi che circondano la psicologia umana e la ridestano fin nei primi anni, ha il sopravvento. I giovani hanno, ora, la voce più forte, le energie più fresche, l’intuito delle cose nuove, l’audacia per inattesi ardimenti; la gioventù rivendica una libertà in parte ammissibile e in parte eccessiva.

La libertà dei giovani: essi sono liberi di scegliere. Che fanno di fronte a Cristo? Anzitutto essi sanno che, rivendicando a se stessi una libertà assoluta, sono come certi alunni di collegio i quali, usciti impreparati dal loro istituto, si trovano, francati da ogni disciplina e guida, sulla strada della vita, del mondo: ma non sanno dove andare. È facile, in tal modo, perdere totalmente il senso dei fini, ignorare come dirigere la vita. Non poche volte si assiste allo spettacolo di giovani, che sono la bellezza, la forza, l’idealità, la speranza, la coscienza della società e dell’avvenire, eppur rimangono attratti da particolari futili, da mète effimere, sciocche, da esteriorità senza alcuna importanza, ed ivi fanno convergere i loro intenti e ideali. Si credono autorizzati a pronunciarsi su tutto, anche su ciò che non conoscono e non possono apprezzare e valutare: ed ecco allora che, tante volte, la gioventù si presenta con un aspetto infelice e spiacevole; gode di vasto credito, ma lascia quanti la guardano - genitori, educatori, responsabili del vivere pubblico - in grave e dolorosa perplessità. Incombe il pericolo che i ragazzi diventino superficiali, opachi, privi di luminosi orizzonti, scettici, perfino cinici; non sono sicuri di niente e trascorrono la vita come gente sfaccendata e anarchica.

È gioventù questa? A ben riflettere, si direbbe che, in mezzo alle file giovanili di notevole parte della generazione presente, manca Qualcuno, manca Uno che sappia, che parli, guidi, impersoni la virtù e l’esistenza stessa; Uno che intoni il vero canto della vita. Manca il Messia acclamato dai giovani palestinesi; manca il Cristo; Colui cioè che può dare energie spirituali moltiplicate, che trae dalle anime elette - e le conosciamo, sottolinea il Santo Padre - forze straordinarie di sacrificio, di eroismo, di grandezza morale, di fermezza nelle contrarietà, di speranza là ove gli altri sono disperati e vinti. La gioventù può, dunque, realmente conseguire la salvezza se la sollecita e la chiede ove essa si trova.

SAREMO TUOI SEGUACI: SEMPRE VICINI A TE

Da qui scaturisce la riflessione che io vi lascerò, o figlioli, - conclude Sua Santità - e che depongo sulla soglia delle vostre menti. Studiate, amate Gesù; conversate con Lui. Egli non vi promette nulla di terreno: è un Messia dolce e soave; non v’incanta con parole vane; non intende dominare mediante la potenza e la coercizione. Enuncia la verità: conosce perfettamente gli uomini. Sa perdonare e ricondurre le coscienze alla integrità; rendere lieti i cuori nel profondo; è l’unico ad avere parole di vita eterna.

Pensateci, pensateci; e fate, illuminati da Dio, la vostra scelta. Dite anche voi, con i fanciulli, i giovani di Gerusalemme: Tu sei il Cristo! Tu benedetto che vieni nel nome del Signore! Noi saremo tuoi seguaci; sentiremo elevarsi le nostre anime, diverremo giganti vicino a Te. Sentiremo che Tu sei la fonte della bontà, di ogni armonia e duratura letizia. Tu la speranza delle nostre anime! Purché, ripeto, sappiate scegliere. E voglia Dio, voglia Cristo Gesù, e vogliano i vostri cuori buoni e vigorosi, aperti alle autentiche idealità, accogliere questa Pasqua festante che vi porta, in pienezza, la Via, la Verità, la Vita: Nostro Signore Gesù Cristo.

                                            



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