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SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DI PAOLO VI

Lunedì, 15 agosto 1977

 

Il tema della Madonna assunta in cielo, madre di Cristo e perciò di tutti i cristiani, capolavoro della creazione, è al centro della omelia pronunciata quest’oggi, solennità dell’Assunzione, dal Santo Padre Paolo VI nella nuova chiesa della Madonna del lago presso Castelgandolfo, nel corso della Santa Messa celebrata alla presenza di alcune migliaia di fedeli della zona e di numerosi gitanti e turisti. Il Papa anzitutto rivolge un caloroso saluto al nuovo Vescovo di Albano, Monsignor Gaetano Bonicelli, augurandogli di poter svolgere con successo la sua attività pastorale al servizio di una popolazione tanto cresciuta e complessa, per fare della diocesi un’isola di vita umana vera e sincera. Quindi Paolo VI rivolge il suo pensiero al predecessore di Monsignor Bonicelli, il Vescovo Monsignor Macario, ora quiescente, che per tanti anni ha prodigato le sue cure pastorali in favore della popolazione, e al Cardinale Traglia, titolare della Chiesa Suburbicaria di Albano, attualmente infermo ma sempre presente con la sua preghiera e con il suo spirito nel suo campo di lavoro e di ministero. Il saluto del Papa va poi al parroco Don Fiorangelo Pozzi, che ha tanto desiderato il compimento della costruzione della nuova chiesa e che ora la vede realizzata, al clero, a tutti i parrocchiani, a chi negli anni precedenti ha messo a disposizione la sua casa per il culto, in attesa del tempio; alle autorità civili, a cominciare dal sindaco Costa; all’ing. Vacchini, artefice della chiesa, allo scultore Gismondi, autore di alcune delle opere d’arte che l’adornano.

Sottolineando il valore comunitario della festosa cerimonia inaugurale della chiesa, il Santo Padre esorta i fedeli ad ammirarla, a comprenderne pienamente il significato di luogo di incontro spirituale, a vedere in essa un segno della premura della Chiesa nel fare di tutto un corpo solo di preghiera, di sentimenti, di propositi, di equilibrio, di sviluppo civile ordinato, tranquillo e unanime. Il tempio è sorto per agevolare ai fedeli la partecipazione agli atti di culto. Una volta la gente, per andare a Messa, faceva anche dei chilometri, dedicando all’incontro con il Signore a volte l’intera giornata festiva. Oggi non è così, e soccorre il luogo che va incontro a coloro che devono riunirsi nella preghiera. «Vi raccomandiamo - dice il Papa - di gloriarvi di potervi celebrare la vostra preghiera personale e di associarvi alla preghiera comune che ha la potenza di varcare le distanze che separano il cielo e il mondo per arrivare fino a Dio. Il sacrificio della Messa ha la virtù di mettere in relazione la vita presente con la vita che ci sovrasta».

Riferendosi poi alla solennità dell’Assunzione della Madonna in Paradiso, il Papa la definisce come la corona di tutti i misteri che hanno reso singolarissima, unica la vita della Madonna. È Dio che si fa uomo, e trova una porta pura, ricostruita dopo la caduta di Eva, perché il Signore vuole affratellarsi con noi, entrare tra di noi. E questa porta, «ianua caeli», è la Madonna, capolavoro della bontà, della sapienza di Dio, sua presenza desiderata nella vita del mondo. Per creare la Chiesa il Signore ha creato una mamma, la madre di Cristo, e ha dato a Maria la gloria e l’umiltà per un compito di questa natura, di questa portata. È un mistero che ci è tanto vicino, che parla alle anime di ciascuno di noi perché la Madonna è la madre nostra. Il Signore ha voluto veramente in lei avvicinarsi, confondersi con la folla umana. Ha voluto essere uno di noi attraverso la presenza benedetta e mai abbastanza celebrata di Maria.

Paolo VI ricorda quindi il «Magnificat», l’atto ispirato che Maria ha fatto uscire dalla pienezza della sua anima, il canto più bello che c’è nelle Sacre Scritture. La Madonna, così umile, deve ancora professare la distanza incalcolabile, metafisica che corre tra le creature e il creatore: «Ha fatto di me grandi cose il Signore», cose stupende, ineffabili, inimmaginabili. Ha dato a Maria una statura che dalla terra arriva al cielo. E ciò in vari momenti, in varie salite lungo la scalinata del cielo. Maria diventa madre senza peccato, e così via, finché la vediamo confondersi con il sacrificio del figlio sul Calvario, e poi la vediamo raccolta nel silenzio della preghiera comune nel Cenacolo, dove lo Spirito Santo scende nella Pentecoste e riempie di nuovo della presenza di Dio le creature che vi sono raccolte. Maria, madre della Chiesa. Guardando bene e con cautela, e con l’intelligenza degli indizi (professioni aperte non le possediamo, ma possediamo elementi sufficienti per dire che siamo nella verità anche se siamo nel mistero), vediamo che a Maria non toccò la morte. Morì anch’essa, invero, ma varcò subito questo abisso per salire nella pienezza della vita, nella gloria di Dio. La Madonna è in Paradiso e di là ancora conserva, e anzi moltiplica, i suoi contatti con noi. Col Signore, diventa madre della Chiesa, madre dell’umanità. Per trovarla davvero vicina, ciascuno può dire: «è madre mia, posso ricorrere a Maria perché ha il cuore anche per me».

Esagerazione forse? No, non c’è parola che possa eguagliare la gloria, la potenza straordinaria dell’effusione della grazia di Dio scesa su questa creatura. È forse togliere gloria al Signore lodare Maria, come qualcuno superficialmente dubita? No certo; la gloria di Maria è gloria riflessa, è derivazione della gloria di Dio. E onorare Maria vuol dire onorare Cristo, onorare Dio.

La teologia dell’assunzione, che ci mostra Maria coronata con questa sua gloria unica e così promettente, non finisce mai di spiegare che la Madonna ha avuto la grazia dell’ammissione in corpo ed anima alla vita eterna, a quell’al di là per noi impensabile che è il Paradiso, subito, mentre noi, che pure siamo fedeli e uniti a Maria e a Cristo, lo avremo in seguito, dopo la grande notte che si prepara e che sarà la nostra morte: una morte però che è la garanzia della risurrezione. «Credo nella Risurrezione dei morti - dice il Papa -. Credo che il mondo si rianimerà. Tutte le folle che sono state sepolte nella terra torneranno vive per un miracolo escatologico che passa al di là dei confini del tempo per ridare un’umanità celeste dopo l’umanità terrena».

Paolo VI quindi formula per tutti i presenti l’augurio che possano vivere in questa speranza, in questa fiducia, in questa sicurezza, in quest’attesa. L’attesa ci obbliga ad essere buoni, seguendo la scuola di Maria, nostra maestra che ci insegna l’umiltà, la purezza, la sofferenza, l’amore; l’amore per il prossimo, e soprattutto l’amore a Dio. Dobbiamo seguire la Madonna in questo suo esempio trascendente per essere capaci di vivere il nostro pellegrinaggio terreno sul sentiero diritto che conduce alla meta immortale.

«Chissà se avrò io ancora - conclude il Santo Padre -, vecchio ormai come sono, il bene di celebrare con voi questa festa. Vedo approssimarsi le soglie dell’al di là e perciò prendo occasione da questo incontro felicissimo per salutarvi tutti, per benedire voi, le vostre famiglie, i vostri lavori, le vostre fatiche, le vostre sofferenze, le vostre speranze, le vostre preghiere. La Madonna dia a queste mie preghiere l’efficacia e la realtà che desidero abbiano. Siate benedetti nel nome di Maria».

                        



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