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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA VII GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA
PER LE VOCAZIONI

Domenica, 15 marzo 1970

 

Desideriamo ancora una volta rivolgere la Nostra esortatrice parola ai Nostri Fratelli e figli dilettissimi di tutto il mondo per richiamare la loro attenzione su un tema di vitale importanza per la Chiesa: le vocazioni sacerdotali e religiose. Ce ne offre l’opportunità, come di consueto, la prossima Giornata mondiale di preghiere per le vocazioni, che sarà celebrata nella seconda domenica dopo Pasqua.
Riflettere sulla molteplice realtà delle vocazioni nella Chiesa: sacerdoti, diaconi, religiosi, missionari, contemplativi; rendere più cosciente ed operoso l’impegno di tutti al servizio di una causa, che investe l’intera comunità cristiana; infine e soprattutto elevare verso il Padrone della messe un’ardente e comune preghiera perché mandi operai per la sua Chiesa (Cfr. Matth. 9, 38): tali sono gli obiettivi proposti ai fedeli in questa Giornata.
Tra i problemi che travagliano la Chiesa nel tempo presente. quello del declino generale delle vocazioni è senza dubbio il più urgente, e in molte parti esso segna momenti di una gravità ognora crescente. Fenomeno, questo, che ha molteplici cause, le stesse che mettono a prova la Chiesa in ogni parte del mondo, e che sono, nella Chiesa stessa, la ripercussione dei turbamenti violenti e delle rapide trasformazioni in atto oggi nella società.
Di fronte all’estensione di una realtà così angosciosa, nessun cristiano degno di questo nome potrebbe rimanere indifferente, senza rendersi colpevole di viltà o senza dar prova di insensibilità verso un dovere essenziale di ciascun membro del Popolo di Dio. Tuttavia sarebbe un errore altrettanto grave se da questa constatazione derivasse un senso di scoraggiamento o di pessimismo, giacché il mistero delle vocazioni appartiene solo a Dio, e in nessun modo si può dubitare che Dio non voglia provvedere al bene della Chiesa, a cui ha promesso la sua presenza e la sua assistenza sino alla fine del mondo.

FIDUCIA NEI GIOVANI

È dunque in noi stessi che bisogna ricercare la causa della situazione attuale delle vocazioni nel mondo.
In noi, diciamo, e non nell’animo dei giovani, la cui generosità oggi non è minore di ieri. Anche se il loro atteggiamento di fronte alla società contemporanea prende sovente forma di rifiuto o di violenta ribellione, Noi abbiamo fiducia nella gioventù del nostro tempo, così aperta ai grandi ideali, così bramosa di autenticità, così disponibile alla dedizione verso i propri fratelli; e crediamo pertanto che siano ancora numerose le anime giovanili, capaci di rispondere con grandezza d’animo e fedeltà ad una eventuale chiamata di Dio. Del resto la qualità stessa delle vocazioni che si offrono oggi nella Chiesa, manifesta la continuità dell’azione divina e le profonde ragioni della Nostra speranza.
La grazia di una vocazione deposta da Dio in un’anima non è altro, in fondo, che un apporto più abbondante di carità divina destinata alla sua Chiesa per la edificazione del Regno di Dio sulla terra. Accade di frequente, nel tempo in cui viviamo, che questa grazia non raggiunga lo scopo. Perché ciò si ottenga è necessario creare le condizioni favorevoli, in particolar modo nell’animo dei giovani, nell’ambiente familiare, nella comunità cristiana e nei luoghi stessi di formazione sacerdotale e religiosa.

DONAZIONE TOTALE

Nell’animo dei giovani, anzitutto. Per far loro accogliere con entusiasmo il dono della vocazione divina, occorre che questo ideale sia presentato ad essi nella sua vera realtà e con tutte le sue severe esigenze, come donazione totale di sé all’amore di Cristo (Cfr. Matth. 12, 29) e come consacrazione irrevocabile al servizio esclusivo dell’Evangelo. A tale riguardo la testimonianza di un sacerdozio esemplarmente vissuto o il valore di una vita religiosa che si rivela in concreto nelle varie istituzioni riconosciute dalla Chiesa, hanno un peso considerevole, anzi preponderante. Il «vieni e seguimi» di Cristo a un futuro suo ministro passa attraverso il sacerdote, e così pure avviene analogamente per una vocazione religiosa. È vero che le difficoltà sono gravi per il sacerdote stesso, ma egli saprà trovare nella coscienza delle sue responsabilità nei riguardi dell’avvenire della Chiesa, una nuova sorgente di coraggio. Gli uomini, oggi più che mai, invocano coloro che annunceranno ad essi Gesù Cristo: ma «come potranno sentirne parlare - dice San Paolo - se non vi è chi lo annunci?» (Rom. 10, 15).
Inoltre è necessario mettere in grado il giovane di intendere la voce di Dio che chiama, e di darvi il suo assenso. Qui la responsabilità delle famiglie è immensa, perché dipende in gran parte dall’atmosfera dell’ambiente familiare la possibilità di un fruttuoso dialogo interiore con Dio. Purtroppo in talune famiglie il clima non è né di fede né di amore. Diventare sacerdoti significa accettare di amare gli altri con una donazione eccezionale per intensità e qualità, in vista del Regno di Dio. Abbracciare lo stato religioso vuol dire accettare che Dio basti alla propria vita, mettendo così in evidenza di fronte al mondo la presenza di Dio e del suo amore. Auspichiamo pertanto che nelle famiglie questi ideali trovino sempre più aperta rispondenza, e regni in esse un clima saturo di fede e di carità, condizione indispensabile perché una vocazione possa maturare.

RINNOVAMENTO DEI SEMINARI

A questo punto il Nostro discorso si allarga per richiamare l’attenzione anche sulle responsabilità della comunità cristiana a questo riguardo. «Il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali - così si esprime il Concilio Vaticano II - spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana» (Optatam totius, 2). Infatti è la stessa vocazione cristiana, fondata sul Battesimo, sulla Confermazione e sull’Eucaristia, che trova la sua espressione e il suo culmine nella vocazione sacerdotale e religiosa. Questa è inconcepibile, se quella non è stata precedentemente risvegliata e educata. Qui, pertanto, si ha l’indice chiaro e inequivocabile della vitalità delle singole comunità parrocchiali e diocesane. Una comunità che non vive generosamente secondo il Vangelo non può essere che una comunità povera di vocazioni. Là invece dove il sacrificio quotidiano tiene sveglia la fede e mantiene ad un alto livello l’amore di Dio, le vocazioni allo stato ecclesiastico sacerdotale continuano ad essere numerose. Ne abbiamo conferma dalla situazione religiosa nel mondo: i paesi dove la Chiesa è perseguitata sono paradossalmente i paesi dove le vocazioni maggiormente fioriscono, talvolta in sovrabbondanza.
Si deve ancora notare che la responsabilità della comunità cristiana non si restringe al solo problema, già così delicato, del reclutamento delle vocazioni. In realtà essa si estende alla formazione stessa degli aspiranti al sacerdozio, poiché un clima di conformità al mondo e di rilassamento nello spirito di preghiera e di amore alla Croce non può non influire sul livello spirituale del seminario, e condurre così a soluzioni pratiche, nell’educazione del giovane clero, che sono in contrasto con i doveri essenziali di una vita sacerdotale. In tal modo verrebbe compromesso alla base il coraggioso sforzo di rinnovamento dei seminari, che, sulla linea del Concilio, è ovunque già felicemente in via di esecuzione.

LE NECESSITÀ PIÙ URGENTI

Tutto ciò deve convincere che invano si cercherebbero spiegazioni unicamente umane dell’attuale crisi delle vocazioni. Essa non è che un aspetto della crisi di fede che travaglia oggi il mondo. Non è perciò rendendo più facile il sacerdozio - liberandolo per esempio da ciò che la Chiesa Latina da secoli considera suo sommo onore: il celibato - che si renderà più desiderato l’accesso al sacerdozio stesso. I giovani si sentiranno attirati ancor meno da un ideale di vita sacerdotale meno generosa. Non è in questo senso che ci si dovrà orientare. Del resto là dove la preparazione al sacerdozio si svolge in una atmosfera satura di preghiera, di carità, di mortificazione, il problema del celibato neppure si pone, e i giovani trovano più che naturale consacrare se stessi a Cristo in una disponibilità piena e totale per il Regno di Dio.
Abbiamo voluto presentare questo quadro delle necessità più urgenti della Chiesa nel nostro tempo perché più facilmente la Nostra voce trovi eco presso le anime generose, e perché più suasivo e pressante riesca l’invito alla ricerca dei rimedi mediante la collaborazione di tutti. Collaborazione che esige dalle nostre umili forze un’offerta piena, un massimo rendimento, ma facendo della fiducia in Dio e del ricorso ai mezzi soprannaturali le vere condizioni per l’efficacia delle nostre fatiche; giacché è ben più Iddio ad operare per la salvezza degli uomini, che non noi, i quali, come avverte San Paolo, solamente «Dei . . . sumus adiutores» (1 Cor. 3, 9).
Ecco allora che la Giornata mondiale per le vocazioni si traduce anzitutto in giornata di preghiera, espressione culminante di una preghiera abituale da cui la comunità cristiana non può dispensarsi. Noi pertanto nutriamo viva fiducia che dalle schiere dei cattolici di tutto il mondo, pensosi con Noi di queste necessità così urgenti, e uniti a Noi in questa ansia, si eleveranno concordi e fervorose le suppliche per implorare da Gesù, Buon Pastore delle anime, una novella e splendente fioritura di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa; e per invocare altresì la grazia dell’assistenza celeste sui privilegiati che Gesù ha chiamato alla sua sequela.

A tale scopo Noi impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione a tutti coloro che accoglieranno il Nostro invito, e in special modo a quanti, nei seminari e nelle case religiose, si preparano nello studio e nella pietà ad essere un giorno cooperatori dell’ordine sacerdotale.

Dal Vaticano, 15 marzo 1970.

PAULUS PP. VI



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