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PAOLO VI  

LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI MOTU PROPRIO

ROMANAE DIOECESIS

L'ATTRIBUZIONE DEI BENEFICI
ECCLESIASTICI IN ROMA

 

Il governo della diocesi di Roma, richiede che, essendo stati mutati dal Concilio Ecumenico Vaticano II i principi fondamentali che regolavano la disciplina dei benefici ecclesiastici per la Chiesa universale, anche in questa Nostra diocesi di Roma tale disciplina venga adeguata ai principi pastorali del Sacro Sinodo Universale. E anzitutto per quanto riguarda l'Autorità, cui spetta il compito di conferire tali benefici.

Finora in Roma vigeva un diritto particolare, secondo il quale varie persone, oltre al Pontefice Romano, potevano conferire la maggior parte dei benefici con potestà ordinaria ossia in forza del loro ufficio. Ma ora è necessario che tale diritto venga conformato allo spirito del Concilio, così che anche nell'Urbe l'agire del Sommo Pastore della Chiesa Romana segua più da vicino i voti del Sacro Concilio. Per tali ragioni, sembra doveroso abolire le facoltà di cui altri ancora godono in tale ambito, in modo che in Roma d'ora in poi soltanto il Pontefice Romano conferisca tutti i benefici, salvo quanto prescritto negli articoli che seguono.

Perciò con il presente Motu proprio stabiliamo di Nostra autorità Apostolica le norme che seguono, valide fino alla promulgazione del nuovo CIC.

1. Il Sommo Pontefice, in quanto Vescovo di Roma, decide liberamente circa i benefici ecclesiastici della sua diocesi. Perciò vengono abrogate le norme particolari finora vigenti circa l'attribuzione dei benefici ecclesiastici nell'Urbe, salvo tuttavia quanto prescritto agli artt. 2 e 5 di questa legge.

2. Quindi l'attribuzione di tutti i benefici sarà fatta direttamente dal Pontefice Romano stesso. Per quanto riguarda poi i benefici parrocchiali, non connessi con un altro beneficio non parrocchiale, si osservi quanto prescritto dal Sinodo Romano (cf art. 103).

3. In questa legge con il nome di beneficiari si intendono i canonici, i mansionari, e i cappellani ad essi equiparati.

4. Chi ha ottenuto un beneficio ecclesiastico non curato in Roma, non per questo viene ascritto alla diocesi di Roma; nonostante quanto prescritto dal can. 114 CIC (Primo Sinodo di Roma, art. 21 b); salvo tuttavia l'art. 3, par. 5 del Motu proprio Ecclesiae Sanctae, del 6 agosto 1966 (Cf AAS 58 (1966), p. 760).

5. La Santa Sede mantiene valide le convenzioni stipulate con altre Città circa l'attribuzione di taluni benefici in Roma.

6. I Cardinali Arcipresbiteri, ciascuno per la propria Basilica Patriarcale, e il Cardinale Vicario dell'Urbe per le Basiliche sia Patriarcali sia Minori sia Collegiate possono proporre al Sommo Pontefice i nomi dei sacerdoti, che eccellono per zelo pastorale e fedeltà alla Chiesa nel ministero, ai quali egli possa attribuire un beneficio vacante.

7. Ogni volta che venisse proposto di conferire un beneficio a sacerdoti provenienti da un'altra diocesi, si richiedano le informazioni e il consenso scritto del proprio Ordinario; salvo quanto prescritto dall'art. 26 della Costituzione Apostolica Etsi Nos di san Pio X, del 1 gennaio 1912 (Cf AAS 4 (1912), pp. 10-11).

8. Nessuno può rivendicare per sé diritto alcuno sia di ottenere per primo un beneficio, sia di passare da un beneficio inferiore ad un beneficio di grado superiore.

9. Restano in vigore le prescrizioni emanate il 25 gennaio 1928 dalla Sacra Congregazione del Concilio, e poi confermate, con le quali si stabiliva che a nessuno era lecito cumulare il canonicato e il beneficio nei capitoli patriarcali e negli altri Capitoli dell'Urbe e fuori Roma oltre all'ufficio ordinario, o straordinario ma stabile, nei Dicasteri della Curia Romana, nel Vicariato di Roma, come pure negli Uffici e Consigli di cui si parla nella Costituzione Apostolica Regimini Ecclesiae Universae nn. 132-133 (Cf AAS 59 (1967), p. 927), e altri di qualsiasi genere, dipendenti in qualunque modo dagli uffici amministrativi della Santa Sede. Perciò chi entra in possesso di un ufficio ordinario, o straordinario purché stabile, di cui sopra, automaticamente perderà il beneficio di cui gode. Parimenti il chierico che ottiene un beneficio nell'Urbe o fuori Roma perderà l'ufficio.

10. Coloro che attualmente hanno sia un beneficio sia un ufficio, continuano a possederli ambedue a norma del can. 4 del CIC.

11. Ogni volta che per grave causa si deve derogare alla norma stabilita al n. 9, il beneficiario deve cedere il 20% della rendita o prebenda del beneficio mensile minore a norma del prossimo n. 12.

Questa percentuale verrà aumentata in rapporto all'aumento della prebenda del beneficio di grado superiore secondo l'Istruzione, che sarà pubblicata prossimamente dalla Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede.

12. Quanto viene trattenuto dalle prebende dei beneficiari, sarà destinato ai sacerdoti più bisognosi, che esercitano il sacro ministero nella diocesi di Roma.

13. Allo scopo di facilitare tali trattenute, la competente amministrazione della Santa Sede, informata circa le prebende dei singoli beneficiari, detrae la predetta percentuale dallo stipendio mensile stesso.

14. Quanto ai sacerdoti che in passato appartennero a un Ordine o ad una Congregazione religiosa o ad un Istituto, si seguano le norme del diritto canonico in tale materia.

15. La prassi nell'attribuzione dei benefici sarà la seguente:

a) Nelle Basiliche Patriarcali

Una volta fatta dal Pontefice Romano la nomina ad un beneficio, la Segreteria di Stato redigerà il documento e lo consegnerà al Cardinale Vicario nell'Urbe, che lo renderà esecutivo. Il Cardinale Vicario annuncerà la nomina al Cardinale Arcipresbitero e gli trasmetterà una copia del documento originale. Spetta al Cardinale Arcipresbitero, personalmente o tramite un delegato, far entrare l'eletto in possesso del beneficio a tutti gli effetti del diritto. Tuttavia questo modo di procedere non vale nella Basilica Vaticana, in forza del particolare carattere nella medesima del suo Cardinale Arcipresbitero (Cf BENEDETTO XIV, Cost. Ap. Ad honorandam, 27 marzo 1752). In questo caso infatti la Segreteria di Stato consegna il documento di nomina del beneficiario al Cardinale Arcipresbitero, il quale personalmente o tramite un delegato fa entrare il beneficiario in possesso del beneficio.

b) Nelle Basiliche Minori e nelle Collegiate

Una volta fatta dal Pontefice Romano la nomina ad un beneficio, la Segreteria di Stato redigerà il documento e lo consegnerà al Cardinale Vicario nell'Urbe, per l'opportuna esecuzione. Spetta al Cardinale Vicario notificare tale nomina al Cardinale titolare della Chiesa o al suo Vicario, al quale farà pervenire anche una copia del documento originale. Il Cardinale titolare poi o il suo Vicario in seguito farà entrare il beneficiario in possesso, e questo personalmente o tramite un delegato.

16. In ogni Capitolo si elegga, se non c'è già, un Segretario che, oltre agli altri obblighi stabiliti nelle proprie Costituzioni, sia vincolato dall'obbligo di informare il Vicariato dell'Urbe, non appena un beneficio per qualunque causa sia rimasto vacante. E il Vicariato dell'Urbe deve ogni volta annunciare la cosa alla Segreteria di Stato.

Ma il Segretario del Capitolo Patriarcale della Basilica Vaticana informerà la Segreteria di Stato direttamente.

17. Tutti i beneficiari sono tenuti in coscienza dall'obbligo di adempiere diligentemente gli uffici corali stabiliti nelle proprie costituzioni. Coloro che senza giusta causa saranno assenti dall'ufficio corale dieci volte di seguito o venti volte saltuariamente, oltre alla perdita delle distribuzioni fra i presenti, possono venire privati del beneficio, dopo che ai medesimi il Preposito del Capitolo abbia fatto pervenire una previa ammonizione scritta. Il Segretario del Capitolo alla fine di ogni anno deve informare il Capitolo e il Cardinale Vicario nell'Urbe delle assenze illegittime dei beneficiari, a meno che non si tratti del Capitolo della Basilica Patriarcale Vaticana, il cui Segretario informerà della cosa lo stesso Cardinale Arcipresbitero.

18. Tutti i beneficiari siano pronti a prestare il proprio aiuto in ogni genere di lavoro apostolico nella Chiesa in cui godono del beneficio, soprattutto se a quella Chiesa è annessa la cura d'anime.

19. Vogliamo che questa Lettera entri in vigore in questo stesso giorno di emanazione.

Tutto ciò che abbiamo stabilito con il presente Motu proprio ordiniamo che sia tenuto per fermo e ratificato, nonostante qualsiasi cosa in contrario, anche degna di speciale menzione.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno dell'anno 1968, se-sto del Nostro Pontificato.

PAOLO PP. VI 

 



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