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 DISCORSO DI PAOLO VI
ALLA NUOVA COMUNITÀ DI MONACI STUDITI*


G
iovedì, 7 gennaio 1965
  

Venerabile Fratello,

La ringraziamo di cuore per le sue parole, e per la consolazione che Ella oggi Ci ha procurato, portandoci la comunità Studita del nuovo Monastero, sorto sulle rive ridenti del Lago di Albano, a custodire e ad irradiare nel cuore stesso della cattolicità una fiamma di antico vigore e di nobilissima tradizione della Chiesa Orientale e certamente in armonia di sentimenti e di opere con quante altre istituzioni e persone, da Noi amate e protette, godono della vostra comunione ucraina. E di fatto, Ci rallegra e commuove ad un tempo il sapere che alle porte di Roma, spiritualmente unito alla vita e alle intenzioni della Chiesa universale, si trova un gruppo pio, ardente, volonteroso di Monaci di San Teodoro, intenti alla loro così bella e alta vocazione di preghiera liturgica, di contemplazione, di apostolato culturale e di lavoro artistico e manuale.

Esprimiamo dunque il Nostro compiacimento a Lei, venerato e caro Mons. Slipyj, tanto benemerito della istituzione; e lo estendiamo con affetto paterno a voi tutti, diletti Monaci, per dirvi la gioia Nostra nell’avervi ricevuto, e l’incoraggiamento paterno a continuare, con piena fiducia nel Signore e con freschezza di propositi, nell’opera iniziata nel suo santo Nome.

Appartenere allo Studion, vivere nel suo prestigio di spiritualità e di cultura come nelle sue vicissitudini di gravissime prove, che ne hanno segnato le tappe in pegno certissimo della beatitudine proveniente dalla Croce del Salvatore; appartenere allo Studion, diciamo, è una vocazione nobilissima, un impegno serio, una responsabilità generosa, una testimonianza di fedeltà e di amore. Voi siete chiamati a questo compito esaltante, quasi di precursori per un’epoca che si annuncia densa di sviluppi, e piena di speranze amabilissime, specialmente per il campo di azione che sarà aperto dalle decisioni e dai programmi del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Sappiate cogliere gli inviti di quest’opera, tanto più feconda per la Chiesa quanto più i suoi figli se ne saranno resi degni con la loro preghiera e col loro sacrificio. Continuate nella vostra vita di contemplazione e di lavoro, vita umile e paziente, ardente e mite, perché «abscondita cum Christo in Deo» (Col. 3, 3 ); l’impronta spiccatamente eucaristica della vostra giornata fecondi ogni altra attività, sia il fondamento della vostra carità, il segreto della vostra obbedienza, il sostegno della vostra mortificazione, il profumo del vostro apostolato; aleggi nel Monastero di Albano lo spirito del Santo Fondatore dello Studion di Costantinopoli, nella delicatezza della sua pietà, nella fedeltà alla Cattedra di Pietro, nell’adempimento rigoroso delle regole monastiche, affinché la recente istituzione in terra italiana possa consolidarsi con l’aiuto di Dio, e attirare al suo ideale un numero crescente di vocazioni, che siano pronte un giorno a servire la Chiesa con tutto l’impegno di una vita spesa per il Signore, e a Lui consacrata in un severo programma di vita monastica.

Noi vi seguiamo con paterno interessamento; e mentre vi invochiamo il continuo aiuto di Dio, per l’intercessione della Santissima Vergine e di San Teodoro, che incrementi di spirituale vigore la vostra fondazione, facciamo voti che essa possa prosperare in fraterna concordia con tutti gli altri fedeli del rito Ucraino cattolico, a Noi tanto cari, e siamo lieti di impartire a voi tutti qui presenti, ed ai vostri Confratelli degli altri Monasteri, sparsi nel mondo, la Nostra confortatrice Benedizione Apostolica.


* Incontro del Supremo Padre, giovedì 7 gennaio, con Monsignor Giuseppe Slipyj, Arcivescovo maggiore di Leopoli degli Ucraini, e i componenti la comunità Basiliana Studita del nuovo monastero - il primo in Italia - presso il lago di Albano.

I religiosi, con il superiore Padre Antonio Ryzak, vogliono rendere riconoscente omaggio a Sua Santità e presentargli in dono una immagine di San Teodoro Studita, fondatore del loro ordine, rielaborata, dall’ esemplare dell’VIII-IX secolo conservato al monte Athos, dal Padre Juvenaly Mokrycky.

 



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