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DISCORSO DI PAOLO VI
ALLA SCUOLA D’ARTE CRISTIANA
«BEATO ANGELICO» DI MILANO


Sabato, 20 febbraio 1965

        

Salutiamo la Scuola d’Arte cristiana «Beato Angelico» di Milano; salutiamo il suo Direttore Architetto e Sacerdote, a Noi carissimo, Valerio Vigorelli; salutiamo i membri della Famiglia religiosa «Beato Angelico», gli Artisti e gli Artigiani collaboratori della Scuola d’Arte sacra medesima, gli Allievi e gli Ex-Allievi del liceo artistico e delle Scuole d’arte connesse alla Istituzione; e salutiamo insieme le Famiglie, gli Insegnanti e gli Amici che le fanno larga e fedele corona.

Siamo lieti e grati di questa visita, che rievoca nel Nostro spirito il ricordo degli incontri con le persone e con le opere della Scuola «Beato Angelico» durante il periodo del Nostro ministero pastorale a Milano. Ricordare è rivivere; e rivivere sia pure per brevi istanti, le ore trascorse con voi, piene di pensieri, di preghiere, di esperienze artistiche, è cosa buona, che vi dice quale posto di stima e di affetto voi conservate nel Nostro animo.

Avviene poi questo incontro nella coincidenza dell’anniversario, il quindicesimo, della morte di Mons. Giuseppe Polvara, che Noi pure, sebbene da lontano, avemmo la fortuna di conoscere e di ammirare.

Volentieri tributiamo Noi pure omaggio riverente di pia memoria e di religioso suffragio al Sacerdote esemplare, vostro fondatore, riconoscendo a lui il merito d’aver diretto per tanti anni la Rivista Arte Cristiana (ora giunta al cinquantesimo anniversario della sua pubblicazione), d’aver iniziato la Scuola «Beato Angelico»: Scuola nel duplice senso, d’istituto scolastico, e di corrente d’arte figurativa; d’aver così esercitato in pienezza la funzione di maestro; e d’aver prodigato alla causa dell’arte cristiana i suoi talenti di scrittore, di critico, di architetto, di artista, congiungendo nell’animo suo e nell’opera sua, caso non facile e non frequente nella repubblica delle Muse e dei loro cultori, la bontà sacerdotale, lo zelo apostolico, l’abilità organizzativa, la genialità artistica. Diede nome, diede un’anima e diede un corpo alla vostra istituzione; lo diede alla Chiesa, lo diede all’Italia; e al ricordo di quali fossero le condizioni della vita e del pensiero dell’arte sacra, in questo Paese, a quei tempi, cinquant’anni fa, dobbiamo pur dire che Monsignor Polvara fu coraggioso e fu benemerito. Non Ci pronunciamo ora circa il valore artistico della sua produzione e delle sue teorie estetiche, sebbene tanto di buono, di valido e soprattutto di sacro gli debba essere riconosciuto ancor oggi; Ci basta vedere in lui a suo onore ed a nostro esempio un pioniere.

Voi Ci offrite così occasione di lodare e di incoraggiare la vostra sorte di allievi, di eredi, di continuatori del compianto vostro padre e maestro; e questo facciamo tanto più volentieri quanto meglio Ci è nota la duplice vocazione, fusa in un solo amore, che sostiene ciascuno dei membri della Famiglia spirituale «Beato Angelico», quella religiosa e quella artistica. Dio vi benedica, Figliuoli carissimi. La vostra elezione merita per se stessa venerazione e simpatia; illustrata poi dalla dedizione, che fa del servizio all’arte religiosa il programma della vostra vita, e comprovata dalla qualità degna e significativa dei risultati del vostro lavoro, essa si pone tra i fenomeni autentici del mondo artistico, perché ne esalta l’eccellenza, ne sviluppa le funzioni, ne suscita le speranze. Non proseguiremo l’elogio; non già perché non ne siate meritevoli, ma perché esso C’introdurrebbe in una ben nota e delicata questione, quella del rapporto fra virtù morale (e religiosa, nel caso vostro) e virtù artistica, ben sapendo come questa possa da quella prescindere e rivendicare perciò una sua particolare libertà; ce lo ricorda, come sapete, Maestro Tommaso, là dove dice che non entra in considerazione del merito dell’artista, in quanto tale, l’animo con cui lavora, ma solo l’opera che egli realizza (S. Th. 1-2, 57, 3). Ma non dimenticheremo per questo il presupposto del momento creativo del vero artista, l’ispirazione cioè, la quale tanto più è genuina e potente, quanto più profonda è la sua sorgente interiore e quanto più audace la sua pretesa di sublime espressività esteriore; potremmo dire quanto più v è spirituale, quanto più è misteriosa e religiosa, giustificando così come stupendo e fecondo il connubio, a cui abbiamo accennato, della vocazione religiosa con la vocazione artistica. Potremmo proseguire, per raggiungere la meditazione e l’esperienza, che vi sono certamente quotidiane, quelle della pienezza, vorremmo quasi dire della passione, in cui la vostra spiritualità, per essere cristiana e cattolica e pervasa dai doni della grazia, celebra e soffre il suo sforzo inventivo e espressivo della Bellezza tradotta in forme sensibili.

Ma lasciamo ad altri queste belle discussioni, e limitiamoci a profittare di questo colloquio per confortare cotesto sforzo, nel quale si trovano impegnate le vostre anime e le vostre mani, lo sforzo di dare voce nuova, voce pura, voce forte all’arte cristiana. Da religiosa, ecco, si fa liturgica. Essa entra nel santuario delle realtà positive della religione; da incerta e soggettiva, si fa sicura, obbiettiva, sociale; si pone a servizio, anzi nel cuore della vita, della vita ineffabile, del regno di grazia e di verità, proprio della fede cattolica. Ministero e mistero la caratterizzano. Diventa sacramentale: cioè: al grado massimo della sua aderenza alla verità religiosa risponde in essa il grado massimo di potenza espressiva. Docile, umile, ministra, quanto al contenuto e quanto allo scopo del suo linguaggio artistico, sale quasi sopra l’ambone che sovrasta l’assemblea e quasi regina quanto alla forma scioglie i suoi canti, diventata promotrice della preghiera, nella tranquilla ebbrezza (ricordate la «sobriam ebrietatem spiritus» di S. Ambrogio?) della sua sempre nuova espressione, di tutto un popolo lieto, pio ed unanime.

Vogliamo dire: inserite la vostra arte, l’opera vostra, l’oblazione del vostro genio e del vostro lavoro nel grande ciclo della preghiera della Chiesa, nella sacra Liturgia; entrate nello spirito e nelle finalità della solenne Costituzione conciliare che la riguarda; troverete un posto che vi impegna a fondo e che esalta, accanto a quello del sacerdote e a vantaggio di tutto il Popolo di Dio, il vostro regale servizio.

Superfluo poi che Noi vi diciamo di rimanere fedeli alla via maestra dell’arte cristiana, quella che procede in cerca di sempre nuove bellezze per documentare la sua perenne, perché divina, giovinezza, ma sempre diritta, aliena cioè da quelle forme «insolite» che fin da sempre, dal Concilio di Trento in poi esplicitamente, la Chiesa non ama avere perturbatrici della dignità e della popolarità del suo culto. Superfluo ancor più che Noi vi raccomandiamo di non lasciarvi sedurre dalle follie irrazionali che oggi irrompono e devastano il giardino dell’estetica umana e religiosa. Sappiamo la vostra fedeltà e il vostro buon gusto; e esortandovi alla insonne tensione verso la bellezza sempre viva e sempre nuova che deve costituire il processo dinamico dell’arte cristiana, lodiamo e benediciamo la casta e pia disciplina che vi autorizza a entrare nelle nostre chiese e a parlare alle anime oranti.

A voi dunque la Nostra Benedizione che confermi, ravvivi, santifichi il vostro ben intrapreso cammino.

             



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