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DISCORSO DI PAOLO VI
A DIVERSI GRUPPI DI PELLEGRINI

Lunedì, 28 giugno 1965

 

Diletti Figli e Figlie!

Vi è una parola, una parola di Gesù nostro Signore, che viene alla Nostra memoria davanti a udienze generali, come questa, così numerosa, così variamente composta, così bella e significativa, così rappresentativa dei ceti più vari della società: uomini, donne, fanciulli, giovani, studenti, studiosi, lavoratori, soldati, professionisti, sposi, famiglie, pellegrini, turisti, sacerdoti, religiosi e religiose, poveri e malati anche, sofferenti, curiosi . . . Una parola, che sembra qui - in certa misura - realizzarsi; e che la vostra presenza Ci conforta a ripetere, mentre essa Ci sembra tanto audace da far tremare il Nostro cuore e la Nostra voce, se osiamo proferirla. E dobbiamo proferirla, perché il Signore stesso Ce ne fa obbligo, e C’infonde fiducia che, nonostante la Nostra umana pochezza, il ministero ch’Egli, il Signore, Ci ha affidato, non la smentirà.

La parola è questa: «Venite a me, tutti! . . .» (Matth. 11, 28). E, com’è chiaro, si riferisce a Gesù: è Lui che la dice.

Parola dolcissima, parola densissima, parola sovrana; una di quelle che possono e debbono sconvolgere il mondo, e cambiare la faccia della terra. Pensate se nella indifferenza, nella confusione, nella lotta degli uomini, questa voce di Cristo fosse ascoltata, fosse assecondata: quale trasformazione, quale ordine, quale bellezza acquisterebbe l’umanità! Dalla dispersione di Babele alla convergenza verso l’unità, verso la comprensione di tutte le lingue, verso la pace universale! E pensate se la promessa, che Cristo ha fatto seguire al suo sbalorditivo invito, si avverasse; come deve avverarsi: «Venite a me voi tutti, che siete affaticati e tribolati; ed Io vi consolerò!».

È una parola solenne, formidabile, meravigliosa; soltanto un Messia divino la poteva pronunciare! È la parola di cui il mondo ha bisogno, e che possiede, al tempo stesso, la rivelazione ed il segreto della salvezza del mondo. Per noi tutti, che la ascoltiamo: quale fortuna! ed insieme: quale responsabilità! Per la Nostra misera persona, che ha l’incarico di ripeterla: quale coscienza di profetica magnanimità Ci fa sorgere nello spirito, ed insieme quale timore di non saperla abbastanza annunciare al mondo, di non saperla poi abbastanza onorare con l’ufficio di salvezza, che Ci fa «servo dei servi di Dio»!

Vi è di che meditare. E la moltitudine e la composizione pluralistica di questa grande riunione Ci fa davvero tanto pensare, tanto riflettere, tanto pregare, se osserviamo che quella parola rappresenta in modo caratteristico l’intervento di Cristo, cioè della religione cattolica, in mezzo all’umanità. È un comando? è una minaccia? è una evidenza che obblighi ogni uomo ragionevole ad accoglierla? No; è un invito. Un invito pieno di bontà e di autorità, pieno di forza e di dolcezza. Un invito seducente per le promesse che offre, per i vantaggi che porta con sé; e forse ancor più per il fascino misterioso, che esercita su i cuori di chi lo ascolta; un incantesimo, si direbbe; una attrattiva misteriosa, che noi sappiamo essere d’origine divina (cfr. Io. 6, 44), altrettanto vincolante, che rispettosa della libertà individuale: «Non obligatio, sed delectatio»: non una costrizione, ma un diletto (cfr. S. Aug., in Io. 26, 4; P.L. 35, 1608).

Notate bene. Siamo nel centro del grande problema della libertà religiosa, sul quale la prossima Sessione del Concilio Ecumenico ci darà preziosi insegnamenti, interpretando il pensiero di Cristo: Egli invita a sé; invita alla fede; produce un obbligo morale per coloro a cui giunge l’invito, un obbligo salvatore; ma non costringe, non toglie la libertà fisica dell’uomo, che deve decidere da sé, coscientemente, del suo destino e del suo rapporto di fronte a Dio. Così sentirete riassumere grande parte di questa capitale dottrina in due famose proporzioni: rispetto alla fede, che nessuno sia impedito! che nessuno sia costretto! Nemo impediatur! Nemo cogatur! Dottrina che si completa con la conoscenza della parola di Cristo, di cui stiamo ragionando: esiste una chiamata divina, esiste una vocazione universale alla salvezza portata da Cristo; esiste un dovere d’informare e d’informarsi; esiste un ordine di istruire e di istruirsi, esiste, di fronte al problema religioso, una somma responsabilità; a cui però in una sola maniera si deve e si può corrispondere: liberamente, cioè; il che vuol dire, per amore, con amore; non per forza. Il cristianesimo è amore.

Stupendo e tremendo disegno in ordine alla nostra salvezza! E a Noi sembra di ravvisarne qui, nell’episodio di questa stessa udienza, un semplice, ma significativo riflesso. Perché siete qui, figli carissimi? chi vi ha costretto a venire? nessuno; liberamente si raduna questa grande assemblea; ma una forza, una scelta, un amore qua ha condotto i vostri passi; ancor prima che Noi la ripetessimo, voi avete ascoltato nelle vostre coscienze la voce misteriosa dell’invito di Cristo: venite, venite tutti, ché Io ho per tutti un infallibile conforto; venite.

E siete venuti. E trovate un’umile voce umana, che è autorizzata a ripetere sensibilmente, umanamente, storicamente, la soave e potente chiamata di Gesù Salvatore: a Lui venite; ed Egli vi consolerà.

È ciò che vuol ripetere ed effettuare oggi, per ognuno di voi, figli liberi e fedeli, la Nostra Benedizione Apostolica.

Dopo l’Esortazione a tutti i pellegrinaggi, alcune speciali parole a gruppi particolarmente qualificati, incominciando dai dirigenti diocesani dei Maestri dell’Azione Cattolica.

A questa udienza, che si svolge nella radiosa vigilia della festa di San Pietro, in questo tempio che è glorificazione del suo martirio e scrigno prezioso della sua tomba, partecipano alcuni gruppi di pellegrini, ai quali desideriamo rivolgere in particolare la Nostra parola di incitamento e di benedizione.

Salutiamo anzitutto i Dirigenti diocesani del Movimento Maestri di Azione Cattolica Italiana, riuniti a Roma per le giornate di studio e di preghiera del loro annuo Convegno Nazionale. La vostra presenza Ci procura particolare soddisfazione, diletti figli e figlie, perché vediamo in voi l’aperta e fervidissima professione cristiana, che illumina e avvalora la preziosa opera di educatori e di insegnanti, che svolgete con zelo e passione, e con gioioso sacrificio, a beneficio dei vostri alunni e della intera società.

Grande invero è la missione, che avete scelto di compiere; grande è la dignità del Maestro, che, fatto piccolo con i piccoli, ne arricchisce la mente con i suoi pazienti e graduali insegnamenti, ne tempra la volontà con gli esempi costanti e generosi, ne avvia la personalità ai primi sicuri sviluppi, ponendo i fondamenti di una vera sapienza di vita. Ma particolarmente grande, e degna di ogni rispetto e di sentito incoraggiamento, è la missione del Maestro cattolico, per il quale la fede è ragione di vita e di apostolato; la consapevolezza della vocazione cristiana diventa precisa consegna di interiore coerenza e di costante dedizione al perfezionamento spirituale e morale degli alunni; e la delicata professione si trasfigura in luce di merito eterno, secondo la biblica promessa: «Coloro che avranno insegnato la giustizia brilleranno come stelle per l’eternità» (cfr. Dan. 12, 3).

L’intimo rapporto tra la vostra fede e la vostra missione e lo spirito con cui volete viverlo, l’abbiamo rilevato con vero compiacimento anche dal tema del Convegno: «Vita scolastica e vita liturgica». Continuate, diletti figli e figlie, nel vostro impegno, che tanto vi onora. Il Papa è con voi, vi segue con l’affetto paterno, vi conforta con la preghiera, vi incoraggia con la Sua benedizione.

Uno speciale saluto, pieno di cari e commossi ricordi, è poi riservato a voi, diletti parrocchiani dei Santi Quattro Evangelisti, di Milano, che partecipate al pellegrinaggio commemorativo dei primi dieci anni di vita della vostra parrocchia. Ricordiamo con particolare compiacimento come essa sia stata da Noi fondata, durante il ministero pastorale nell’Arcidiocesi ambrosiana; possiamo ben dire che vedemmo crescere la grande e bella chiesa, dedicata agli Evangelisti; e Ci è caro ora attestare, anche pubblicamente, la Nostra stima all’ottimo Preposto-Parroco, qui presente, don Dante Basilico, e a tutti i suoi bravi parrocchiani, che hanno saputo rendere viva e attiva la loro parrocchia con ben avviate ed efficienti opere e scuole.

Non possiamo, purtroppo, per l’esiguità del tempo a Nostra disposizione, trattenerci con voi come vorremmo, e come pur reclamerebbe il Nostro affetto di Padre verso gli antichi figliuoli così affezionati, e tanto più diletti perché, possiamo ben dire, primogeniti: solo desideriamo esortarvi a mantenervi sempre fedeli al Vangelo, di cui la vostra parrocchia porta il particolare titolo di onore: nel Vangelo è Cristo che ci rivela il Padre, dimostrandosi soavemente a noi come la Via, la Verità e la Vita; là è l’insegnamento suasivo e penetrante e anche talora sconvolgente, che ci sprona e ci stimola alla fede, alla fiducia in Dio, all’amore ai fratelli; là è la luce per le ore buie, l’alimento e il sostegno per la nostra debolezza, la chiave di volta per la costruzione della città celeste su questa terra, la garanzia della serenità e della pace anche materiale. Fate che la vostra comunità di anime cementate dalla vita eucaristica, sia una conferma costante e gioiosa di quello che può il Vangelo, se vissuto con schietta aderenza e con buona volontà. A questo vi esortiamo con sempre vivo affetto, accompagnandovi con voti fervidissimi di sempre più luminosi traguardi.

Ora la presenza di numerosi gruppi di lavoratori reclama con giusta impazienza la Nostra parola: siamo ben lieti di rivolgerla con intimo compiacimento per la testimonianza di fede e di devozione, che il mondo del lavoro continuamente Ci offre nelle sue varie applicazioni e provenienze.

A voi, settecento maestranze del complesso tessile Miroglio, della diocesi di Alba, va anzitutto il Nostro particolare saluto, con l’espressione di viva soddisfazione per la data, che celebrate, per il numero e il fervore del vostro gruppo, per lo spirito, con cui volete compiere il vostro quotidiano lavoro, nella continua adesione dell’anima a Cristo e alla Chiesa, nella fraterna comunione di intenti e di interessi.

A voi, operaie del laboratorio di maglieria «SACOR» di Cassano Murge, in provincia di Bari, va altresì il Nostro saluto, il Nostro augurio, il Nostro ringraziamento per i doni che, per il Nostro tramite, avete già fatto giungere ai bimbi poveri delle Missioni. Che la vostra carità, compiuta con sensibilità esemplare per la causa missionaria, sia ricambiata e centuplicata dal Divino Salvatore, che non lascia senza ricompensa anche solo un bicchier d’acqua offerto in collaborazione all’apostolato (cfr. Matth. 10, 42).

A voi, infine, diletti Aclisti della diocesi di Casale Monferrato e di Torre Pellice (Pinerolo), rivolgiamo il Nostro paterno incoraggiamento. La vostra appartenenza alle Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani vi impegna a una cosciente e vissuta fedeltà alla Chiesa, all’esempio generoso, all’apostolato di ambiente: sappiate rendere sempre onore al nome cristiano, in tutte le forme del vostro lavoro, ovunque vi chiami il quotidiano dovere, per essere le viventi testimonianze della presenza cristiana fra i lavoratori, della concreta attuazione dell’insegnamento sociale della Chiesa.

Su tutti voi, operai qui venuti, sui Dirigenti e Proprietari delle Ditte rappresentate, sui vostri colleghi di lavoro, spiritualmente uniti a questo soave incontro di anime, e specialmente sulle vostre famiglie, sui vostri bambini, e su quanti chiudono in cuore una trepidazione e una pena, scenda la Nostra confortatrice Apostolica Benedizione, pegno delle più belle e sante grazie del Cielo.

                                         



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