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DISCORSO DI PAOLO VI
Al CAPITOLO GENERALE DELL’ORDINE AGOSTINIANO


Lunedì, 30 agosto 1965

          

Diletti figli,

L'animo nostro si apre al più cordiale saluto, nell’accogliere in voi i degni rappresentanti dell’Ordine di S. Agostino. Siete convenuti a Roma dalle venticinque Province e dalle varie circoscrizioni minori in cui si articola l’ordine, per celebrare il Capitolo Generale. Sappiamo che siete reduci dal significativo pellegrinaggio alla cara e indimenticabile Basilica di S. Pietro «ad Caelum Aureum», in Pavia, cuore e centro dell’ordine agostiniano, ove, riuniti «in un Cuor solo e in un’anima sola», avete venerato le sacre ossa del grande Vescovo di Ippona, iniziatore della vostra Famiglia, invocando la sua intercessione sui lavori, che avete iniziato per il sempre più luminoso e proficuo cammino dell’Ordine. E ora, quasi a concludere spiritualmente il vostro itinerario, nel riprendere le laboriose consultazioni e deliberazioni capitolari, avete desiderato di portare la testimonianza della vostra devozione al Vicario di Cristo, a Colui che, pur umilmente conscio della imparità delle proprie forze al gravissimo incarico, rappresenta autenticamente l’invisibile Capo della Chiesa, e continua nel succedersi del tempo l’alta missione conferita a Pietro dal Salvatore.

In questo atto significativo, che stabilisce visibilmente uno stretto rapporto tra la vostra filiale devozione al grandissimo Padre dell’Ordine, e il vostro forte e virile attaccamento al principe degli Apostoli, Ci piace vedere sottolineata ancora una volta la particolare fisionomia della famiglia agostiniana: cioè la sua fedeltà alla Chiesa, che per voi, secondo le parole dell’antico vostro Confratello Giordano di Sassonia, è come una Madre: «Gloriosa... dicta sunt de propagatione tua, quam olim habuisti a Patre, scilicet beato Augustino; gloriosiora vero dicta sunt de institutione tua, quam habes a Matre, scilicet sancta universali Ecclesia» (Vitasfratrum lib. 1, 19; ed. Arbesmann - Hümpfner, New York 1943, p. 67).

Vi ringraziamo dunque della vostra presenza; ringraziamo il P. Agostino Trapé, eletto Priore Generale dell’Ordine, per le sue fervide parole, dalle quali abbiamo appreso con viva consolazione quali siano i vostri intenti e i vostri propositi, nel tenere il Capitolo Generale, mentre inviamo il Nostro reverente saluto al P. Luciano Rubio, compiancendoCi per l’opera da lui svolta per il bene dell’Ordine, e per la preparazione dei lavori capitolari. La nobile e pastorale ansia di spirituale rinnovamento, che, sotto l’influsso del Divino Paraclito, ha pervaso la Chiesa in questa epoca del Concilio Vaticano II, ispira i vostri lavori. Ve ne esprimiamo il Nostro compiacimento; vi incoraggiamo col Nostro augurio; vi sosteniamo con la Nostra preghiera. E poiché, con fiduciosa aspettativa di figli, voi desiderate ascoltare la Nostra parola, siamo lieti di affidarvi alcune considerazioni ed esortazioni, che servano di orientamento ai lavori capitolari, e vi facciano meglio comprendere il paterno affetto, nutrito di stima e di rispetto, che abbiamo per voi.

1) Anzitutto è necessario confermare il senso vero ed autentico della vita religiosa, intesa come Christi sequela, secondo gli esempi e le parole di Lui: «Qui vult post me venire, abneget semetipsum, et tollat crucem suam et sequatur me» (Matth. 16, 24). Quasi a commento di queste parole, S. Agostino, col suo stile inimitabile e trascinatore, delinea l’ideale della vita consacrata a Cristo, facendo così parlare lo stesso Salvatore Divino: «Ista est via: ambula per humilitatem, ut venias ad aeternitatem. Exemplum dedi tibi: esurivi, sitivi, fatigatus sum, dormivi, comprehensus sum, caesus sum, crucifixus sum, occisus sum» (Serm. 123, 3). «Omnia bona terrena contempsi, ut contemnenda monstrarem; et omnia terrena sustinui mala, quae sustinenda praecipiebam: ut neque in illis quaereres felicitatem, neque in istis timeres infelicitatem... Pauper etiam factus sum, qui creavi omnia; ne quisquam cum in me crederet, de terrenis divitiis auderet extolli. Nolui rex ab hominibus fieri; quia humilitate ostendebam viam miseris, quos a me superbia separaverat: quamvis sempiternum meum regnum universa creatura testetur. Esurivi, qui omnes pasco, sitivi, qui creavi omnem potum, et qui spiritaliter panis sum esurientium fonsque sitientium» (De cat. rud. 22).

Povertà, umiltà, mortificazione: questa è stata la linea costante della vita del Salvatore; questo il cibo quotidiano, fare la volontà di Dio (cfr. Io. 4, 34); e questa è la linea, che deve abbracciare colui, che vuoi seguire più fedelmente e più da vicino il Cristo nella vita religiosa.

Ciò esige una profonda vita spirituale, continuamente coltivata nel silenzio, nel distacco dal mondo, nella meditazione, nello studio, nella preghiera; esige una effettiva pratica dei consigli evangelici, come sono proposti dalla secolare disciplina religiosa e monastica dei tre voti di povertà, castità e ubbidienza: «Consilia enim - secondo le sapienti parole della Costituzione Dogmatica De Ecclesia del Concilio Ecumenico Vaticano II - secundum cuiusquam personalem vocationem voluntarie suscepta, ad cordis purificationem et spiritualem libertatem non parum conferunt, fervorem caritatis iugiter excitant et praesertim ad genus vitae virginalis ac pauperis, quod sibi elegit Christus Dominus, quodque Mater Eius Virgo amplexa est, hominem christianum magis conformare valent» (n. 46).

A questa volonterosa imitazione di Cristo deve tendere anche l’umile puntuale osservanza della Regola, autorevolmente ricondotta al suo spirito, e opportunamente confermata e modificata: e l’aggiornamento, richiesto dalle nuove esigenze dei tempi, deve appunto facilitare nella nostra epoca questo conformarsi dei singoli religiosi sul divino Modello. Non si tratta certo di un aggiornamento, che vuol adeguarsi al secolo, ma di una ricerca amorosa e sincera di tutto ciò che stimoli ed aiuti a prolungare più fedelmente nel mondo la presenza, l’esempio, la vita sacrificata di Cristo, spesa per la gloria del Padre e per la salvezza dei fratelli.

Questo principalmente richiedono gli uomini d’oggi al Religioso, al di là delle loro severe esigenze, al di là delle critiche, al di là delle stesse opposizioni: e bisognerà dire che l’ostilità di qualcuno è forse inconsciamente il grido di chi, incontrando sul suo cammino terreno un’anima consacrata a Dio, non è riuscita a scorgere in lui il Cristo, come pure anelava dal fondo del cuore.

2) Per tale scopo, è necessario avere il senso dei veri bisogni, delle attese, delle necessità del mondo - non dei costumi e della mentalità del mondo -, per meglio considerare e studiare come il Religioso possa servire alla sua redenzione e alla sua prosperità. È chiaro che la prosperità temporale non deve essere posta come bene supremo della vita: e in questo, il Religioso ha la grande responsabilità di mostrare al mondo l’ideale della povertà evangelica, il tipo di cristiano perfetto, l’anticipazione escatologica del Regno di Dio sulla terra: infatti la speranza dell’uomo non deve essere fermata ansiosamente e rapacemente nel tempo, ma deve essere perseguita la speranza trascendente del fine ultimo, nella ricerca di ciò che definitivamente permane al di sopra di ciò che, caduco e fragile, passa.

Questo Ci pare sia il più urgente ed attuale valore di «segno», che la vita religiosa è chiamata a presentare davanti alla comunità dei fedeli: poiché se la professione dei consigli evangelici si trova al punto più alto dell’esercizio della vita cristiana, deposta in germe nel S. Battesimo e sviluppata con l’organismo sacramentale e con la grazia di Dio, è chiaro che quanti ad essa si consacrano debbono brillare davanti ai loro fratelli per il distacco totale dalle terrene realtà, per l’adesione generosa e lieta agli impegni assunti nel Battesimo e nella Cresima, per la testimonianza vissuta, data a Cristo e al suo Regno di verità, di santità, di amore. 

È l’insegnamento luminoso del Sacro Concilio: «Cum enim populus Dei hic manentem civitatem non habeat, sed futuram inquirat, status religiosus, qui suos asseclas a curis terrenis magis liberat, magis etiam tum bona caelestia iam in hoc saeculo praesentia omnibus credentibus manifesta, tum vitam novam et aeternam redemptione Christi acquisitam testificat, tum resurrectionem futuram et gloriam Regni caelestis praenuntiat» (n. 44).

Oh, certo, non per questo il Religioso dimentica il mondo né è indifferente all’ansia, al dolore, alle attese del mondo per una maggiore giustizia, e libertà, e carità: «Nam - è ancora il Concilio a sottolinearlo - etsi quandoque coetaneis suis non dirette adsistant, profundiore tamen modo in visceribus Christi praesentes habent atque cum eis spiritualiter cooperant, uf aedificatio terrenae civitatis semper in Domino fundetur ad Ipsumque dihgatur» (n. 46).

Questa matura consapevolezza del posto, che la Chiesa assegna ai Religiosi nel mondo, e l’incarico che ad essi affida di esserne i vigili interpreti presso Dio delle spirituali e anche materiali necessità, e le sentinelle attente all’albeggiare dell’eterna luce, deve rendervi sempre più sensibili alla grandezza, alla responsabilità, al compito esaltante della vostra vocazione.

3) Noi Ci attendiamo infine che sappiate approfondire insieme il senso della Chiesa, quale l’ha presentata in luminosa sintesi il Concilio Ecumenico, e Noi stessi da anni Ci sforziamo di illuminare e di far penetrare a quanti, sacerdoti e fedeli, si accostano a Noi nelle Udienze Generali.

Sappiamo di trovare in voi, figli ed eredi di S. Agostino, la più franca e aperta rispondenza su questo punto alto e delicato.

Come abbiamo all’inizio sottolineato, l’Ordine Agostiniano brilla nei secoli per la sua fedeltà alla Chiesa, che esso venera e celebra come una madre. È lo spirito del fondatore che tuttora insegna con possente vigore: «Ama Ecclesiam Catholicam, ama Ecclesiam Christi, et, amando Ecclesiam Christi, accipis Spiritum Sanctum, si caritate compaginaris, si catholico nomine et fide gaudes» (XXIII in Io. 7) «Ama Dominum Deum tuum, ama Ecclesiam eius: illum sicut Patrem, istam sicut matrem... Nemo dicat: Peccata non committo; sed tamen in Ecclesia non sum. Quid tibi prodest non offensus Pater, qui offensam vindicat matrem? Quid prodest si Dominum confiteris, Deum honoras, ipsum praedicas, Filium eius agnoscis, sedentem ad Patris dexteram confiteris, et blasphemas Ecclesiam eius?» (II in Ps. 88, 14).

Per questa disposizione delicata e filiale bisogna professare fedeltà al pensiero e alle norme della Chiesa, evitando certi atteggiamenti critici e riformatori delle dottrine tradizionali, delle consuetudini venerande, delle strutture fondamentali e auguste della compagine ecclesiastica; evitando altresì certi presunti ritorni alle fonti, come si asserisce, che vogliono giustificare uno spirito insofferente di disciplina, sovvertire l’insegnamento della Chiesa, convalidare certi orientamenti naturalistici, che svuotano le anime e le istituzioni del genuino spirito di Cristo.

Noi siamo certi che il vostro Ordine, non solo saprà mantenersi immune da queste pericolose attrattive, ma, approfondendo sempre di più, alla luce della dottrina agostiniana, nello spirito delle sue Regole, la propria adesione alla Chiesa, ne saprà fare davanti al mondo il programma esemplare, l’impegno costante, il vessillo splendente. Salga ancora dalle vostre bocche l’inno commosso di S. Agostino, nel quale è tutta la sua anima ardente di amore verso la Chiesa: «O Sancta Catholica Ecclesia, mater Christianorum verissima, . . . tu templum aeterni regis quod est in unitate: non ruinosum, non discissum: non divisum. Lapides tui lapides vivi, fideles Dei, et iunctura lapidum viventium tuorum caritas est» (cfr. De Mor. Eccl. 30; in Ps. 44, 32).

Diletti figli.

Con questa consegna di amore alla Chiesa, con questo augurio di unità, con questo incoraggiamento alla carità, Ci è caro accompagnare i lavori del Capitolo Generale dell’Ordine Agostiniano. Li avvalora la Nostra preghiera, affinché la luce dello Spirito Santo illumini le vostre menti, riscaldi i vostri cuori, affinché dalle congiunte decisioni, l’Ordine attinga il necessario impulso per proseguire nella sua vita luminosa in seno alla Chiesa, con la sapienza dei suoi studi, con, la generosità del suo ministero, con la testimonianza della sua fede.

Pegno dei continui aiuti del Cielo, e conferma della Nostra benevolenza vuol essere l’Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo al degno Priore Generale, a voi Padri Capitolari, ed a quanti qui rappresentate, i Confratelli dell’intero Ordine, sparsi nel mondo nel nome dell’obbedienza, con particolare riguardo ai missionari, ed a quelli che soffrono in qualsiasi modo propter iustitiam; la estendiamo altresì alle ottime Monache Agostiniane, dedite alla vita contemplativa come fiamme alimentate dall’amore; ai membri del Terz’Ordine regolare, agli alunni delle vostre scuole ed Università: affinché tutti siano radicati nella carità di Cristo, che è nostra speranza, nostra fortezza, nostro aiuto: «Spes enim ipse est, fortitudo ipse est, adiitorium cum laboramus, ipse est» (cfr. III, In Ps. 32, 23). Amen, amen.    

                                                          



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