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DISCORSO DI PAOLO VI
A CHIUSURA DELLA II ASSEMBLEA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI

Sabato, 6 novembre 1971

 

Venerati Fratelli e figli carissimi,

Il lavoro che con animo fiducioso iniziammo, nella preghiera al Signore,. qualche settimana fa, ci è dato ora di concluderlo in letizia, nel nome del Signore, con accresciuta fiducia per l’esperienza maturata in questi giorni. Ed è giusto che alla fine dell’opera poniamo questo momento di riflessione, per valutare rapidamente quale significato ha questo Sinodo dei Vescovi nella vita della Chiesa.

In effetti, è stato questo un convegno fraterno, nel quale si è raccolta intorno a Noi un’eletta schiera dei Vescovi, coscienti della loro collegialità, rappresentanti di tutta quanta la Chiesa, legati tra loro dal vincolo della carità, per trattare insieme di argomenti di particolare importanza, che sono oggi motivo per molti del più vivo interesse. Perciò il Sinodo, strumento mediante il quale i Vescovi offrono al Romano Pontefice l’aiuto della loro prudenza, della loro concreta esperienza e del loro consiglio, esprime il pensiero ponderato e tanto autorevole della Chiesa gerarchica.

Possiamo senz’altro affermare che queste assise sinodali, che a voi hanno richiesto molto lavoro e molte energie, sono riuscite molto utili e feconde alla Chiesa. Davvero i dolori, le gioie, le speranze e le necessità, cui oggi la vita cristiana va incontro nelle varie parti del mondo, grazie a voi si sono rivelati apertamente e, per così dire, dinanzi agli occhi di tutti. Certo, non sono sempre state eguali le idee da voi espresse, anche per quel che concerne i mezzi ed i metodi da adottare per la soluzione delle questioni proposte. Tuttavia, a stimolarvi eguale è stato sempre l’impegno per la causa della religione, eguale l’amore per la Chiesa, eguale il proposito diretto a procurare che, in assoluta fedeltà alla dottrina del Concilio Vaticano Secondo, si aprano nel mondo nuove strade all’annunzio del Vangelo, quali convengono alle necessità spirituali della nostra epoca, Per quanto ci riguarda, vogliamo fin d’ora assicurarvi che, come abbiamo già seguito con grande attenzione le vostre discussioni, così noi terremo nella dovuta considerazione i pareri da voi espressi, quando si tratterà di decidere sulle materie che interessano il bene della Chiesa universale. Parimenti, sarà nostra cura provvedere a che in avvenire l’«Ordo» del Sinodo, destinato a regolare i suoi lavori, riesca più spedito. Perciò, se in questo campo esistono norme che appaiono meno adatte allo scopo, vi esortiamo a comunicare le vostre osservazioni alla Segreteria Generale del Sinodo.

Ci sia, intanto, consentito di esprimere la nostra viva riconoscenza a tutti coloro i quali hanno offerto la loro attiva collaborazione al felice svolgimento di questo Sinodo. E per primo vogliamo espressamente ringraziare il Consiglio di Segreteria del Sinodo, il quale con saggezza e premura ha atteso, in questi anni, alla preparazione di tali riunioni sinodali. Parimenti, desideriamo dire il nostro grazie alle Conferenze Episcopali, che con assiduo zelo si sono occupate delle questioni loro proposte; ai Cardinali che fungevano da Presidenti Delegati; a Mons, Ladislao Rubin, solerte Segretario Generale del Sinodo; ai Relatori ed ai Segretari speciali, nonché ai loro «adiutores»; ed ancora a tutti i qui presenti Cardinali, Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, i quali hanno avuto parte nei lavori sinodali. Non possiamo, infine, dimenticare gli altri figli della Chiesa, i quali, anche se assenti da qui, sono stati tuttavia, con il loro consiglio e la loro opera, di valido aiuto in questo lavoro alle Conferenze Episcopali e, con le preghiere elevate al Signore, hanno tanto giovato alla causa del Sinodo. Voglia Dio ricompensare, con l’abbondanza delle sue grazie, questo lavoro di così vasto impegno e di così rilevante importanza, generosamente intrapreso per il bene della Chiesa!

Ci sia ora permesso di manifestare il nostro pensiero circa i due gravissimi argomenti, che sono stati proposti all’attuale Sinodo. Il primo - quello avente per oggetto il sacerdozio ministeriale -, è stato a lungo discusso ed esaminato in tutti i suoi aspetti. Sappiamo bene, come anche voi sperimentate quasi quotidianamente perché siete Pastori, quanto sia complessa la questione della vita sacerdotale nella società moderna, che tanto è mutata ed è altresì soggetta a incessanti trasformazioni. Non ci sono ignote le difficoltà di ordine spirituale, psicologico, sociale e materiale da cui in questa età sono angustiati tanti sacerdoti. Non pochi di essi si domandano ansiosamente e seriamente quale debba essere il loro posto nel mondo contemporaneo.

Molto giustamente voi avete avuto la preoccupazione di esaminare i compiti che spettano ai presbiteri nella funzione apostolica del Corpo episcopale, nonché la genuina natura del sacerdozio ministeriale, quando avete dedicato un particolare studio alla predicazione del Vangelo, per la quale il sacerdote annuncia agli uomini della nostra età il Cristo, Salvatore del mondo.

Dai dibattiti che avete tenuto, si ricava che i Vescovi di tutta la cattolicità intendono che sia mantenuto integralmente quel dono totale, per il quale il sacerdote si consacra pienamente a Dio; ed appunto elemento non piccolo di questo dono - nella Chiesa Latina - è il sacro celibato.

Perciò i Padri di questo Sinodo, basandosi anche sull’esperienza che si è avuta in questo settore dopo il Concilio Vaticano II, hanno ribadito nettamente la dottrina così espressa da quello stesso Concilio: «il celibato . . . ha per molte ragioni un rapporto di convenienza con il sacerdozio». Mediante il celibato, «osservato per il Regno dei cieli, i Presbiteri si consacrano a Dio con un nuovo ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a Lui con un cuore indiviso, si dedicano più liberamente in Lui e per Lui al servizio di Dio e degli uomini, lavorano più speditamente alla causa del suo Regno ed all’opera della rigenerazione soprannaturale, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una paternità più ampia in Cristo» (Presbyterorum Ordinis, 16).

Noi, adunque, confermiamo il pensiero espresso dal Sinodo, salva restando la disciplina delle venerande e sempre a noi care Chiese Orientali. Stabilendo questo, il nostro pensiero si volge a tutti i sacerdoti interessati al riguardo. Quanti di loro, pur in mezzo a grandi difficoltà, si adoprano con fedeltà inconcussa a servire il Signore e a lavorare per la salvezza delle anime! Quanti, faticando nel nascondimento e sopportando sofferenze e ingiurie, arricchiscono la Chiesa di preziose energie! È giusto che al termine di questo Sinodo sia tributata pubblica lode a tanti sacerdoti degni di questo nome! Tutti sappiano che il Papa è loro vicino, che li ama di un amore sincero e prega per essi.

Confidiamo perciò che i sacerdoti , guidati da spirito soprannaturale e docili alla voce della Chiesa, vorranno volenterosamente perseverare lungo il cammino luminoso, che per divina vocazione hanno liberamente scelto. A tutti costoro indirizziamo il nostro affettuoso saluto.

L’altro grande argomento affidato alle discussioni di questo Sinodo riguarda la giustizia nel mondo contemporaneo. Dagli interventi che si sono avuti ad opera vostra durante lo svolgimento del Sinodo stesso, appare evidente quanto sia vasto questo campo d’azione e quanto numerose e gravi difficoltà esso comporti. È questo un argomento trattato già diffusamente dal Concilio Ecumenico Vaticano II; e noi stessi l’abbiamo affrontato in molte occasioni, soprattutto nell’Enciclica Populorum progressio. Se voi pure vi siete proposti di discutere lo stesso argomento, certamente non era nelle vostre intenzioni dare una risposta esauriente in così breve spazio di tempo alle complesse questioni di questo genere; voi invece avete testimoniato che la Chiesa, nel momento storico difficilissimo che attraversiamo, avverte chiaramente il dovere di fare un nuovo sforzo per l’instaurazione di una più perfetta giustizia fra gli uomini, sia prendendo maggior conoscenza dei bisogni presenti del mondo, sia offrendo esempio di giustizia essa stessa, sia rivolgendo le sue sollecitudini verso i poveri e gli oppressi, sia educando le coscienze all’azione per la giustizia sociale, sia infine promovendo e assumendo iniziative di ogni genere a sollievo dei miseri, le quali siano quasi la testimonianza visibile della sua carità nel mondo e servano di stimolo agli altri per incamminarsi sulla stessa via.

Non è inutile per altro ricordare che la missione propria della Chiesa affidatale da Cristo non è di ordine politico, economico o sociale, avendo essa un fine di carattere religioso (Cfr. Conc. Vat. II, Gaudium et Spes, 42); la Chiesa tuttavia può e deve dare il suo contributo per la instaurazione della giustizia anche temporale. Tutto ciò non costituisce certamente il suo fine ultimo, ma deve servire per l’instaurazione del Regno di Dio sulla terra, secondo le parole di Cristo: «cercate in primo luogo il regno di Dio» (Matth. 6, 33).

L’azione della Chiesa, qualora fosse privata di questa sua originaria e insostituibile ispirazione religiosa, mancherebbe di fedeltà all’Evangelo e a poco a poco perderebbe il suo benefico influsso in seno alla società terrena. Infatti, come avverte molto bene il Concilio Ecumenico «Dalla missione religiosa (della Chiesa) scaturiscono compiti, luce e forze che possono contribuire a costituire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge di Dio» (Cfr. Gaudium et Spes, 1. c.).

Ed ora, giunti al termine di questa Assemblea, nella quale abbiamo vissuto, a fianco, nella vera fraternità degli spiriti, una indimenticabile esperienza durante intensi e lunghi giorni di studio e di preghiera, sentiamo il vivo bisogno di salutarci col bacio di pace, con l’abbraccio della carità. Accomunati nell’unico amore a Cristo e alla Chiesa, abbiamo capito di amarci come Cristo stesso ci ha comandato nell’ora suprema del suo sacrificio: «Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate a vicenda com’io vi ho amati» (Io. 13, 34). Dobbiamo portare con noi, tornando ciascuno alle proprie diocesi di provenienza, questo senso profondo di comunione, di fraternità, di fusione dei cuori, di concordia, di luce, di pace. Dobbiamo continuare, anche lontani, in questo mutuo colloquio, in cui hanno vibrato all’unisono le nostre anime.

Dobbiamo altresì prendere coraggio per continuare nella nostra opera di servizio di tutta la comunità dei fratelli, con rinnovata lena e con fermo impegno di camminare degnamente secondo la vocazione, alla quale siamo stati chiamati (Cfr. Eph. 4, 1). E questa vocazione ci spinge ad essere di esempio al nostro clero e ai nostri fedeli, che guardano a noi per essere incoraggiati nel loro sforzo di fedeltà al Vangelo. Dobbiamo essere in mezzo al nostro gregge un fermento di totale generosità di vita e disponibilità alla voce dello Spirito. Dobbiamo trovare nella preghiera e nella meditazione della parola di Dio la forza necessaria perché essi vivano conforme al Vangelo.

Ma in quest’opera sovrumana non siamo soli: Cristo è con noi. Dobbiamo avere una profonda fiducia in Lui, perché tutto possiamo in colui, che ci dà forza (Cfr. Phil. 4, 13): Egli, che ci ha scelti nonostante la nostra debolezza, non ci lascerà mancare l’aiuto necessario per condurre avanti la nostra azione pastorale. Lasciamoci, come Paolo, afferrare da Lui (Ibid. 3, 12); lasciamoci plasmare da Lui, affinché tutta la nostra vita sia permeata dalla sua grazia. Egli è l’eterno Sacerdote, modello e forma della vita apostolica. Diremo con S. Ambrogio, mirabile modello di Pastore delle anime: «Splenda la sua immagine nella nostra fede, splenda nell’amore, splenda nelle opere e nelle azioni; affinché, possibilmente, tutta la sua figura sia da noi manifestata. Sia egli il nostro capo, poiché "Cristo è capo dell’uomo" (1 Cor. 11, 3); sia egli il nostro occhio, affinché per mezzo suo vediamo il Padre; sia egli la nostra voce, perché con lui parliamo al Padre; sia egli la mano, per cui offriamo a Dio Padre il nostro sacrificio» (De Isaac et anima 8, 75; ed. SCHENKL, CSEL 32, 2, p. 694).

In quest’opera ci aiuta la Vergine Santa, Madre della Chiesa, che più di ogni altro ha riprodotto in sé i lineamenti del Figlio; la nostra fiducia è perciò piena e sicura in Lei, che con noi, come un giorno insieme a Pietro e agli Apostoli (Cfr. Act. 1, 14), continua a pregare affinché brilli sulla Chiesa una nuova Pentecoste.

E infine, amiamo la Chiesa e il mondo, in cui essa è presente come sacramento di salvezza! Questa Chiesa, che è il Popolo di Dio in cammino verso il Cielo, depositaria della Parola rivelata e dei mezzi della redenzione, sposa di Cristo, lavata nel suo Sangue prezioso, attende da noi la testimonianza della fedeltà assoluta. Siamo qui per servirla, per difenderla, per diffonderla nel mondo; essa è legata a noi uomini, che viviamo nel tempo e nella storia, e perciò le nostre debolezze, le nostre incertezze, i nostri timori la fanno apparire meno splendente di come l’ha voluta il Signore, «qui dilexit Ecclesiam et tradidit semetipsum pro ea, ut illam sanctificaret, mundans lavacro aquae in verbo» (Eph. 5, 25-26). Dobbiamo pertanto tendere a una continua perfezione, per far onore alla Chiesa, che ha bisogno di noi; non dobbiamo aver paura di nessun sacrificio perché essa sia veramente il segno levato tra le Nazioni (Is. 5, 26).

Solo amando così la Chiesa noi possiamo dare al mondo quell’amore, che gli dobbiamo in forza nella nostra chiamata. I nostri contemporanei attendono una parola liberatrice nelle loro sofferenze, e nelle loro crisi: guardano alla Chiesa se è ancora in grado di rispondere alle loro attese, o se invece debbano rivolgersi altrove. Dobbiamo ottenere con ogni sforzo la credibilità del mondo umano soprattutto amandolo con cuore di padri e di fratelli.

Venerabili fratelli e figli amatissimi, in quest’ora di commiato, questa parola di concordia, di coraggio, di fiducia e di amore sia il nostro viatico per il cammino che ci attende. Portate ai vostri sacerdoti la rinnovata consapevolezza della loro insostituibile missione, e a tutti i fedeli la serenità e la gioia di sentirsi parte viva della Chiesa: e assicurateli che il Papa guarda ad essi, e con voi li benedice. E tutti ci circondi l’onnipotente aiuto e amore del Signore. Amen.



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