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DISCORSO DI PAOLO VI A CONCLUSIONE
DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO

Sabato, 26 febbraio 1972

 

Il Santo Padre Paolo VI conclude, nella mattinata di oggi, gli esercizi spirituali rivolgendo, come è consuetudine, la sua parola nella cappella Matilde ai numerosi cardinali, arcivescovi, vescovi e prelati della Famiglia Pontificia e della Curia Romana che hanno preso parte, dal pomeriggio di domenica scorsa, alla pia pratica. L’ultima predica degli esercizi, detta «dei ricordi», è tenuta, come le precedenti, dal Rev. Abbé Maurice Zundel, dopo la recita delle Lodi mattutine fatta coralmente dai presenti alle ore 9.

Subito dopo, il Papa entra nella Cappella e, portatosi alla predella dell’altare, pronuncia il discorso conclusivo di queste giornate di raccoglimento, di preghiera, di ginnastica dello spirito.

Egli rivolge, innanzitutto, un saluto ai Signori Cardinali, con i quali il Santo Padre desidera condividere non soltanto le occupazioni e gli Impegni della sua missione nella Chiesa, ma anche il suo colloquio con Dio, il suo ricorso alla sorgente della luce della Grazia. Poi Paolo VI saluta i responsabili degli uffici della Curia Romana, ringraziando anche loro per la testimonianza di comunione spirituale offerta in questa occasione, e formulando voti augurali per il loro lavoro. Infine il Papa ha affettuose parole di riconoscenza per lo Abbé Zundel, un predicatore dalla personalità a lui già ben nota da tempo, che durante la settimana degli esercizi ha fatto risonare ancora una volta l’eco delle sue meditazioni così originali, profonde e vicine all’esperienza della nostra vita.

Paolo VI, riferendosi ad alcuni concetti esposti dal predicatore poco prima, dice che la predica dei ricordi ha offerto il filo riassuntivo della lunga meditazione degli esercizi, dalla quale era stato riproposto un metodo, quello della ricerca della profondità delle cose, della meditazione sull’interiorità che si nasconde sotto quanto conosciamo e viviamo, a cominciare da noi stessi. In particolare, il Santo Padre richiama l’attenzione dei presenti sul principio dell’autonomia, dell’inviolabilità della persona. Padre Zundel si era molto diffuso sull’aspetto positivo del desiderio che ognuno prova di essere autonomo, di essere se stesso, ed aveva messo in guardia contro il rischio che questo desiderio possa trasformarsi in una sorta di prigione in cui si rinchiude il nostro egoismo. Il Papa invitava i presenti a prendere coscienza di questo limite, mentre c’è bisogno di espansione, di arrivare a superare se stessi, di arrivare a Dio, secondo quanto dice Sant’Agostino: Fecisti nos ad te, Domine, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te.

Abbiamo bisogno di Dio, di essere a colloquio con Dio. Mancavamo del ponte. Cristo è stato la via, il modello, il dono in cui troviamo il contatto col Padre. Se lo accettiamo, Egli ci indica il cammino verso l’espansione infinita della nostra vita. La meditazione è finita con una parola di gioia.

Il metodo dell’approfondimento conduce ad esplorare anzitutto le parole. Alcune di esse, che pronunciamo quotidianamente forse con disinvoltura, si riferiscono in verità a realtà dalle profondità abissali. Non sempre ne avvertiamo la ricchezza ontologica. Viviamo in un mondo di mistero che invita a conoscere e ad entrare in contatto con il Verbo. Dobbiamo acquisire l’attitudine a vedere in trasparenza le cose e gli avvenimenti, al di là dello schermo che per i frettolosi diventa opaco, mentre per chi segue la scuola indicata in questi giorni di esercizi spirituali, diventa lucido, ricco di bellezza, di verità, di pensieri e di concomitante gioia.

Per chi è abituato a vivere in familiarità quotidiane con la realtà sacramentale, dalla scuola degli esercizi scaturisce un appello all’attenzione, alla profondità, alla contemplazione, alla ricerca mistica. Questo è il ricordo lasciato dal Papa: non essere soltanto burocrati, ma contemplativi. Paolo VI citava, in proposito, l’esempio di San Pier Damiani, del quale ricorre in questi giorni il nono centenario della morte. Il Santo si distinse per un’esemplare attitudine ai pensieri contemplativi, pur nel turbine dell’attività drammatica, ampia e forte in cui era impegnato al servizio della Chiesa.

Il Papa conclude le sue parole con l’invito a tener presente il modello di San Pier Damiani nella ricerca del contatto vivo con Dio, affinché nelle anime di chi opera con incarichi di responsabilità in seno alla Chiesa si realizzi in pienezza, di giorno in giorno, l’infusione di tutta la bontà e la Grazia divina.

                                             



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