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DISCORSO DI PAOLO VI
AI
DIACONI DELL’ARCIDIOCESI DI MILANO

Mercoledì, 9 maggio 1973

 

Consideriamo l'odierno incontro come una festa di famiglia! Effettivamente, ci ritroviamo a respirare l’aria della nostra antica e sempre cara diocesi di Sant’Ambrogio e di San Carlo: c’è il nostro venerato Fratello, il Cardinale Arcivescovo; c’è il benemerito Monsignor Bernardo Citterio, Ausiliare e Rettore dei Seminari milanesi; e ci siete voi, carissimi diaconi della arcidiocesi, che avete consacrato definitivamente le vostre giovani vite a Cristo Sacerdote, Maestro e Re, per essere tra la vostra gente il suo prolungamento, i suoi strumenti, i suoi collaboratori, in unione col vostro Pastore, garante dell’unità della Chiesa (Cfr. Lettere di S. Ignazio, passim.).

Quest’aria di famiglia, lasciateci dire, ci fa bene: ripensiamo a Milano, a quanto abbiamo dato e a quanto abbiamo ricevuto di bene, in una esperienza che è rimasta indelebilmente e profondamente impressa nel nostro cuore; e specialmente, in questi giorni, in questi mesi, ritorniamo con la memoria a dieci anni fa, quando stava per terminare - e non lo immaginavamo - il breve periodo del nostro ministero. Le vie del Signore sono sempre misteriose e adorabili!

Dieci anni fa, voi, nella maggioranza, eravate al principio del vostro curriculum seminaristico: era iniziata allora la splendida, stupenda avventura che, di giorno in giorno, vi ha portati all’intimità sempre più consapevole, sempre più sentita e vissuta con Cristo, e vi ha guidati fin qui, ormai alla soglia dell’atto supremo che vi attende: la configurazione a Lui, nell’ordinazione sacerdotale, per continuare nel mondo, a titolo unico ed insostituibile, la sua missione di santificazione, di insegnamento, di guida pastorale. Egli ha bisogno di voi, e per questo vi ha chiamati: e voi l’avete seguito, lasciando ogni cosa, come Pietro e Andrea, come Giacomo e Giovanni, e gli altri discepoli.

La Chiesa è giovane, perché ha in voi la promessa della sua perenne fecondità; voi sarete coloro che, costituiti per i fratelli, offriranno per essi il Sacrificio Eucaristico, rimetteranno i peccati, annunceranno il lieto messaggio della salvezza: sì, la Chiesa è giovane, perché Cristo continuamente la rinnova!

Che cosa vi diremo, fratelli e figli carissimi, se non di rimanere fedeli a questa prospettiva salvifica, messianica del vostro prossimo sacerdozio, al dono della vostra esistenza che a tutto rinuncia per poter riprodurre più perfettamente nel mondo l’esempio, l’immagine e il modello stesso di Gesù sacerdote? Chiamati da Lui a seguirlo più da vicino, porterete con voi sempre la mortificazione di Gesù (2 Cor. 4, 10) per poter essere i suoi ministri fedeli, amorevoli, generosi. In questo intervallo, che vi separa dal sacerdozio, dedicatevi più intensamente che mai a quella formazione pastorale, che il Decreto conciliare Optatam totius, ai numeri 19, 20 e 21, auspica per i futuri sacerdoti, e quindi tanto più a dei diaconi, freschi di ordinazione come siete voi. Abbiate perciò viva la preoccupazione pastorale; pensate che avete il «dovere di andare incontro agli erranti e agli increduli»; imparate bene «l’arte di dirigere le anime, per mezzo della quale possiate dare a tutti i figli della Chiesa quella formazione che li porti ad una vita cristiana pienamente consapevole ed apostolica e all’adempimento dei doveri del proprio stato» (Cfr. ibid. 19).

Ecco l’augurio che vi facciamo. Vi seguiremo con la preghiera nella vostra preparazione al sacerdozio, e così vi seguiremo dopo, agli inizi sempre trepidi e generosi del ministero che il vostro amatissimo Cardinale Arcivescovo vi affiderà. Avanti, dunque, nel Nome del Signore! Vi chiediamo un ricordo per noi, mentre di cuore tutti vi benediciamo, insieme con le vostre famiglie che vi hanno offerti al Signore con animo veramente sacerdotale, e con voi benediciamo tutta l’arcidiocesi ambrosiana.



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