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DISCORSO DI PAOLO VI
AL PELLEGRINAGGIO NAZIONALE CROATO

Sabato, 3 maggio 1975

 

Le nobili parole di Monsignor Franjo Kuharic, Arcivescovo di Zagabria e presidente di questo pellegrinaggio, e la vostra presenza così festosa e devota, carissimi figli di Croazia, ci obbligano immediatamente a dirvi il nostro grazie sincero ed a ricambiare il vostro saluto. Salute a voi, fedeli di Croazia; e - poiché sappiamo che con voi sono oltre mille compatrioti residenti all’estero, e molti altri fedeli Ungheresi, Ucraini, Slovacchi e Boemi - diciamo ancora: Salute a tutti voi che, uniti nel vincolo saldissimo della fede cristiana, offrite al nostro sguardo una consolante visione di spiritualità, di fervore religioso e di comunione ecclesiale!

S’intrecciano nella vostra venuta a Roma due motivi, che non possiamo né ignorare, né sottovalutare: il primo è quello di partecipare degnamente, dopo le celebrazioni nelle rispettive diocesi, al Giubileo dell’Anno Santo, e di associarvi così ai cattolici di tutto il mondo nel dare attuazione agli ideali di interiore rinnovamento e di fraterna riconciliazione, che a quest’anno sono stati peculiarmente assegnati; il secondo è quello di attestare ancora una volta, cioè di riesprimere e di confermare - se ce ne fosse bisogno - un particolare rapporto di adesione e di fedeltà a questa Sede Apostolica.

Parlare di siffatto rapporto ci obbligherebbe a ripercorrere l’intero arco di una storia lunga e coerente, una storia di tredici secoli, la quale ha visto costantemente vicine e congiunte, nella linea dell’ortodossia, le popolazioni Croate alla Cattedra di San Pietro ed alla Città benedetta, in cui il Signore ha voluto collocarla. Dovremmo anche ricordare, a questo riguardo, l’evento primigenio che segnò e stabilì questa relazione strettissima, allorché la vostra gente ricevette il Battesimo durante il Pontificato di Giovanni IV, che era - come leggiamo nel «Liber Pontificalis» - natione Dalmata (Cfr. Liber Pontificalis, I, ed. Duchesne, Paris 1966, p. 330). E come tacere l’espressione così significativa e per voi onorifica usata, in una sua lettera, da un altro nostro Predecessore, Giovanni X, il quale definiva i vostri antenati specialissimi filii sanctae Romanae Ecclesiae? (Cfr. PL 132, 799 ss.) Quel che avvenne poi nei secoli successivi, gli sviluppi cioè ed i modi anche originali in cui si espresse e si rinsaldò il vincolo privilegiato tra la Croazia e la Santa Sede, è materia che riempie tante pagine delle cronache e delle memorie documentarie. Ma, pur rinunciando ad una ricostruzione particolareggiata, noi desideriamo da questi semplici accenni enucleare un’indicazione che ci sembra valida ed opportuna anche ai nostri giorni: la storia religiosa della Croazia è alta e stimolante tradizione di fedeltà e di ortodossia, illuminata dall’esempio di innumerevoli schiere cristiane e dal sacrificio, altresì, spinto fino all’immolazione, di tanti sacerdoti, religiosi e laici. Sta a voi continuare questa storia ed arricchirla con la testimonianza della vita vissuta.

Come sapete, oggi la Chiesa, dopo la provvidenziale esperienza del Concilio Vaticano II, sta vivendo un’intensa stagione di rinnovamento e di aggiornamento, per corrispondere meglio al disegno del suo divino Fondatore, per crescere nella carità e nella fede, per calare nelle coscienze di tutti i suoi membri il trascendente messaggio del Vangelo. Alle linee generali, fissate dal Concilio, ben si adegua il presente Anno Santo. E come farà il singolo cristiano, il pellegrino che sospinto da un’ansia spirituale si reca a Roma in questo periodo turbinoso, come farà a raggiungere la sua mèta? Compiendo le visite giubilari, nel contatto diretto con le più antiche ed autentiche memorie cristiane, ascoltando la voce che parla dalle Tombe gloriose degli Apostoli, confermando e conformando la propria fede all’autentica dottrina cattolica, accostandosi alle fonti sacramentali della grazia soprannaturale, ed ancora scavando nel proprio animo, egli può senz’altro attingere la luce e la forza necessarie per farsi «uomo nuovo» in Cristo Signore. Ed ancora, volendo suggerire un’applicazione concreta, gli sarà necessario non soltanto operare nel suo interno, ma interessare e coinvolgere nel rinnovamento la comunità alla quale appartiene. È un lavoro apostolico in estensione che si offre a ciascun cristiano e che deve cominciare dalla propria famiglia, per raggiungere le nuove vite che in essa fioriscono. Rinnovarsi nello spirito del Giubileo significa anche impegnarsi con ogni sforzo per la formazione familiare della gioventù, perché questa proprio nel focolare domestico trovi il calore che le garantisca la crescita non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale e morale. È opera, questa, che è particolarmente urgente in ragione dei bisogni delle nuove generazioni; ma ancora più urgente essa appare - e ciò spiega la nostra insistenza - se pensiamo alle necessità della Chiesa. È, infatti, dalla prima educazione cristiana ricevuta in famiglia che dipendono, in gran parte, l’accoglimento e la maturazione dei doni divini: e tra questi il dono delle vocazioni, sacerdotali, religiose, missionarie, che sono indispensabili perché la Chiesa sia ministra di universale salvezza.

Ecco, figli carissimi, nel ricordo dell’antica vostra fedeltà e generosità, vi abbiamo confidato alcuni pensieri per esortarvi a promuovere il rinnovamento personale e l’educazione cristiana della vostra gioventù. Ma, sul punto di congedarci da voi, sentiamo in noi risuonare l’eco dolcissima - una reminiscenza, se volete - di una terzina famosa, in cui ci sembra felicemente prefigurata la vostra venuta: Qual è colui che forse di Croazia / viene a veder la Veronica nostra, / che per l’antica fame non sen sazia . . .( DANTE, Paradiso, XXXI, vv. 103-105). Perché Dante, parlando dei pellegrini del suo tempo, ha nominato la terra di Croazia?

È un esempio qualsiasi per designare una terra remota, o forse una tale scelta si presentò naturale alla sua fantasia, dopo quel che aveva visto ed ammirato qui in Roma, durante il primo Giubileo della storia? Sì, nella similitudine del pellegrino Croato che non si sazia di contemplare il volto del Signore piace a Noi ravvisare un’anticipazione dello spettacolo che si ripete ora sotto i nostri occhi. Siate sempre fieri, cari fedeli di Croazia, del vostro prezioso patrimonio; custoditelo gelosamente quale fondamento del vostro costume cristiano e dell’impegno, altresì, per lo sviluppo della vostra patria. Con la nostra Apostolica Benedizione.

                                            



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